La Moda val bene un museo (ma Milano non ha fretta)

La Moda vai bene un museo (ma Milano non ha fretta) Tante idee e progetti, intanto la realizzazione slitta La Moda vai bene un museo (ma Milano non ha fretta) MILANO — Sono passati due anni da quando'in una conferenza internazionale, per la presenza di critici del costume, di responsabili e curatori dei più importanti musei della moda e del costume nel mondo, si cominciò a parlare di un museo cosi in quella citta della moda che è Milano. A spingere l'iniziativa, gii industriali dell'abbigliamento, per dare un appoggio culturale ad un settore cresciuto in fretta e approntare uno strumento valido per gli stilisti e per il pubblico, fra il passato — i duemila costumi dèi Comune di Milano — e il presente e l'avvenire del vestire quotidiano. Pareva che al più tardi nell'83 il Museo della moda dovesse essere una realta: solido 11 progetto, chiare le idee, importanti gli apporti ad ogni livello per farne non un «contenitore» di modelli e docu-1 menti ma istituzione «in progress», atelier e soprattutto scuola per tecnici dello stile, a livello universitario. Invece, in un seminario In due tornate svoltosi alla Facoltà di Architettura di Milano e conclusosi ieri, siamo ancora alla ripresa e allo sviluppo dei temi introdotti nel marzo dell'81. Certo in due anni molti programmi, quelli riguardanti i ruoli e i contenuti del nuovo museo e gli altri dell'amministrazione comunale milanese, sono maturati, e il seminario ha avuto appunto il fine di raccogliere in modo coordina¬ to osservazioni e proposte operative,, frutto del lavoro del museo-grafo e. del museologo. La storica del costume Orazletta Butazzi, Chiara Buss, studiosa del tessuto, la direttrice del Museo Poldl e Pezzoli, Alessandra Mottola, hanno parlato di metodologia per la catalogazione e l'ordinameli to di materiali cosi diversi per i problemi specifici che pongono i costumi, i tessuti antichi, quelli ricamati. 1 pizzi, corpo centrale del museo; senza contare i non indifferenti nodi da sciogliere circa il controllo del microclima per la conservazione, la tutela delle collezioni tessili, oggetto dell'intervento di Alberto Zambelli. Bui confrontò dialettico fra museo e il suo contributo nel campo della didattica per la formazione di una scuola di stilisti, ha puntato Armando Branchini, segretario generale dell'Associazione italiana industria abbigliaménto, illustrando la funzione d'un museo come centro di documentazione ed elaborazione del processo creativo, panorama completo della moda appena passata e specchio delle più avanzate tecnologie tessili. Tuttavia il problema dei problemi per il futuro Museo della moda di Milano, resta la sede. Il primo progetto di restauro della Villa Scheibler ha fatto nascere alcune perplessità per il suo decentramento, esclusa com'è da collegamenti tramviarl e della metropolitana e per la sua compatibilità, con te esigenze quantitative e qualitative del museo. Antonio Piva, docente di Restauro dei monumenti alla Facoltà di Architettura di Milano, che ha portato ài seminario alcuni schemi di progetto elaborati dagli studenti (tre Musei della moda alternativi, oltre ad un'accresciùta dimensione della superficie espositiva intorno a Villa Scheibler, l'utilizzazione del vecchio Molino Mosca o di Palazzo Dugnani, nel centro della citta), ha fatto toccare con mano la vastità dei materiali che verranno a costituire il museo, luogo di raccolta' conservazione ma anche di lavoro. I duemila esemplari di costumi, comprendenti abiti ed accessori dal XVIII secolo al 1970, corredo base delle Civi che raccolte di arte applicata, vanno aggiunti ai tremila esemplari di tessuti, documento dell'evoluzione storico-lecnica del tessile. Ma ad essi si collegano materiali cartacei, figurini, bozzetti, oggetti ed accessori, scarpe, ventagli, guanti, cappelli: di ieri' e soprattutto di oggi, senza trascurare i numerosi materiali di finitura, fettucce, spighette, guarnizioni, bottoni spesso determinanti per la moda e domani perii restauro. Lucia Sollazzo

Luoghi citati: Comune Di Milano, Milano, Mosca