Nel Pierrot alla Scala la musica è in sordina di Giorgio Pestelli

Nel Pierrot alla Scala la musica è in sordina Schoenberg con tre opere, direttore Pesko Nel Pierrot alla Scala la musica è in sordina ' MILANO — Lo Scota e •Musica nel nostro tempo» hanno avuto la buona idea idi riunire in una sola serata i Pierrot lunaire. Die gliickllche Hmnd (La mano felice), Erwartung (Attesa), come dire una sintesi creativa idi SchOnberg espressionista, le punte emergenti dell'intenso travaglio conosciuto dal musicista fra il 1909 e il 1913. Il testo che si presenta come il più difficile da definire è il Pierrot: malgrado lo ■spunto iniziale proposto da un'attrice. Alberane Zehme, e le iniziali intenzioni • teatrali- di SchOnberg, l'opera prese poi una forma del tutto cameristica, si realizzò in una scrittura dalla mobilità e sottigliezza scarsamente compatibili con le strutture temporali del teatro musicale. Il regista e scenografo Pier'Alli è riuscito tuttavia a superare l'handicap di partenza e a inventare una penetrante dimensione scenica per il lavoro, facendone innanzi tutto risaltare le tre differenti parti in cui si articolano le 21 poesie: di particolare intensità risulta la seconda, quella che si apre con l'immagine delle «nere gigantesche farfalle notturne», animata da violente cromie e da un ampio ricorso alta prolezione di immagini via via sempre più descrittive del contenuto delle poesie. Con piena partecipazione e grande autorità si inserisce nello spazio scenico di Pier'Alli il danzatore e coreografo Jorma Uottnen; eppure, qualcosa si perde sempre per strada negli allestimenti scenici del Pierrot, in questo caso la vivacità dell'esecuzione musicale. Protagonista vocale è la grande Catherine Gayer, celebre Luta, Regina della notte e Principessa nel Gallo d'oro, e gli otto strumentisti diretti da Zoltan Pesko sono eccellenti; ma sembravano in soggezione, troppo cauti di coloriti, di estrosità, di varietà dinamiche, quasi che tutta la teatralità contenuta nelle note si fosse ormai trasferita in modo esplicito sul palco. Le due realtà, musica e scena, combaciano invece perfettamente nella Mano felice, forse la realizzazione più. centrata della serata: come si sa il libretto di questo «dramma con musica. (allegoria dell'Uomo come personalità creatrice che, fallita ogni possibilità di contatto con la realtà sociale, è condannato alla solitudine e all'angoscia) consiste in poche parole cantate dall'unico protagonista e da un piccolo coro immerse in una minuziosa e chilometrica descrizione di regia, attenta in particolare all'impiego di luci e colori. Realizzare fedelmente queste .indicazioni (come qualche voltaste fatto) può interessare la storia della cultura per le convergenze di gusto con il monacense • Cavaliere azzurro*, ma non basta a creare uno spettacolo vivo; come questo di Pier'Alli, unitario nel clima onirico, essenziale nei gesti e nei simboli, di un rigore tanto più apprezzabile quanto è avvertibile l'esuberante istinto inventivo dello scenografo. Sensibile, controllata in ogni particolare la direzione di Pesko (un po' in ombra la voce del baritono Gùnther Reich; molto bravi i solisti dello Scottish Chorus), qui e nella successiva Erwartung; dove Pier'Alli ha purtroppo rinunciato all'essenzialità precedente a favore di una concezione più complicata e macchinosa che moltiplicava la figura della donna (l'ottima Janis Martin) in prospettive più dispersive che angosciose. Giorgio Pestelli qqicdn

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