Troppi in Italia i tipi di pensione

Troppi in Italia i tipi di pensione Si potrebbero armonizzare i sistemi ed eliminare i contrasti Troppi in Italia i tipi di pensione I lavoratori assicurati presso l'Inps sono pensionabili a 60 anni se uomini ed a 55 se donne. I dipendenti da Enti locali (Regioni, Province, Comuni, ospedali ecc.) possono andare in pensione con 24 anni 6 mesi e 1 giorno di servizio e le donne sposate o con prole con 19 anni 6 mesi e 1 giorno di servizio. Ancora più favorevoli le norme vigenti al riguardo per gli statoli che sono pensionabili con 19 anni 6 mesi e 1 giorno di servizio e questa anzianità è ridotta di cinque anni,, cioè a 14 anni 6 mesi e 1 giorno per le donne sposate o con prole, anche se d'ora in poi, in tal caso, la corresponsione della pensione viene differito di cinque anni. Diversi nelle tre categorie messe a raffronto anche i rapporti esistenti tra pensione e retribuzione: chiari segni della irrazionalità e delle sperequazioni che affiorano nel sistema previdenziale italiano, oltreché una sollecitazione per attuare finalmente quella riforma pensionistica che continua a segnare il passo in sede legislativa, sbocconcellato da provvedimenbti suggeriti via via da prospettive elettoralistiche. Amministrati con separate gestioni — ma sempre dall'Inps — ci sono poi i cosiddetti Fondi speciali di previdenza (autoferrotranvieri, elettrici, gasisti, marittimi, telefonici, piloti, clero ecc.) che contono complessivamente 500.000 iscritti. Le norme contributive, l'età pensionabile e i relativi trattamenti pensionistici di quel Fondi — scaturiti qua si sempre da esigenze setto¬ riali — sono cosi diversi da uno all'altro che è Impossibile riassumerli qui. Come si vede. Istituti, Fondi e Casse preposti alle varie forme di previdenza obbligatoria sono molti e la loro confluenza nell'assicurazione generale obbligatoria gestito dall'Inps (anche se limitato al personale nuovo assunto, com'è proposto nell'originario progetto di riforma) metterebbe in crisi quell'Istituto che — oltre al compiti istituzionali —deve assolvere quelli più recenti ad esso imposti dal Servizio sanitario nazionale. Per questo, ma soprattutto perché il pensionamento dei pubblici dipendenti è più favorevole di quello erogato dall'Inps, la progettata riforma non si farà. Ciò che conta non è del resto l'unificazione dei vari istituti, ma l'omogeneità dei loro trattamenti pensionistici. Ma neppure questo ripiegamento è facile, perché gli Enti previdenziali In questione fanno di tutto per non modificare l'attuale stato di cose. Soprattutto nel settore pubblico (8tato. parastato ed enti locali) tutelati da normative di privilegio ormai consolidate che solo un Parlamento sordo agli interessi di parte potrebbe rivedere, appunto per armonizzarle con quelle tuttora valide dell'assicurazione generale obbligatoria del lavoratori dipendenti. Intanto, il disavanzo dell'Inps (strangolato dal-, l'assistenzialismo) veleggia verso i 60.000 miliardi. Osvaldo Paita

Persone citate: Osvaldo Paita

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