Pazza America dei comici di Stefano Reggiani

Pazza America dei comici IL FESTIVAL APERTO FUORI CONCORSO DA «THE KING 0F COMEDY» PI SCORSESI CON JERRY LEWIS Pazza America dei comici La scalata al successo televisivo di Robert De Niro: era il suo primo personaggio comico e lo ha reso tragicomico DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE CANNES — Un cretino con qualche lampo di furbizia può diventare un divo della televisione? Risposta: si purché sia deciso a tutto (conformemente alla sua natura). Ma non sorridete, non stringetevi nelle spalle come chi la sa lunga e fa 1 suoi confronti ogni sera davanti alla tv. L'abitudine spesso ci rende ciechi o indulgenti a sproposito; per farci capire (e blandamente detestare) un cretino di sicuro successo il regista Martin Scorsese ha impiegato un film (The King of Comedy) e non è certo che non si tratti di una faccenda più complicata, magari la descrizione di come oggi si realizza, con 1 mezzi che ci sono, il sogno americano. Il film di Scorsese ha inaugurato il Festival. Se non fossimo in clima di restaurazione celebrativa e di passione nazionalistica da parte francese, si potrebbe pensare a un'intenzione ironica, a una specie di autodenuncia programmatica. Invece tutto lavora per il concorso, sulla scommessa degli interpreti se sia più bravo De Niro in un ruolo da Jerry Lewis o viceversa. Del resto II re dei comici è troppo scrupoloso e sgradevole per essere un vero pamphlet II ritratto dell'imbecille fervoroso non vieta la riflessione più generale sulla società, dello spettacolo (ti pareva), ma l'autorizza con sopportazione piuttòsto che con ferocia, magari assecondando quell'opinione di Warhol: alla fine del secolo ognuno sarà, stato famoso per almeno cinque minuti. Il fatto è che l'attore comico Robert Pupkin, interpretato da Robert De Niro, non può aspettare troppo tempo, ha già 34 anni e deve convincere gli altri di essei'e un genio del lo spettacolo. Non gli fa om- bra che 11 suo nome suoni press'a poco come pumpkln. (zucca), è un giovanotto con giacche sgargianti, capelli a onda e baf fetti, è un parlatore instancabile, vivace e tedioso, una specie di compromesso fisico-gestuale tra il primo Buzzanca e l'ultimo Lionello. Ha ricostruito In casa propria uno studio televisivo con il simulacro dei suoi personaggi preferiti, è un ammiratore sfrenato e interessato di Jerry Langford (alias Jerry Lewis), un presentatore e intrattenitore televisivo che conduce 11 programma di incontri e interviste più seguito dagli americani. Pupkin pensa, anzi «sa-, di valere quanto Langford e ha deciso che gli bastano dieci minuti nel famoso programma per rivelarsi a milioni di persone come il re dei comici. Aiutato da una pazza abbastanza incantevole, Sandra Bernhard, comincia il suo assedio. Dapprima assalti ver- bali in macchina («Jerry sono bravo sul serio, sono dinamite.), poi occupazione stabile degli uffici di Langford, poi invasione della casa di campagna dei presentatore insieme con un'altra pazza meno fiduciosa. Diahmme Abbott. Infine, poiché la ragionevole molestia non ottiene nulla, rapimento dell'incomprensl vo Jerry. Mentre la brutta e romantica complice Sandra tiene il divo televisivo sequestrato nella propria casa di ricca eccentrica, sotto la minaccia di una seduzione violenta (lui, Jerry, sempre impassibile), il giovanotto aspi' rante re dei comici può ricattare la rete tv e farsi dare 1 dieci minuti di cui ha bisogno (poco importa che fuori dello studio lo aspettino gli agenti di polizia). L'avete immaginato, Pupkin davanti alle telecamere tiene un monologo comico di bassa qualità, pieno di ricordi d'infanzia terribilmente infelici, di risvolti umoristici risaputi e rubacchiati, insomma adattissimo al successo di risate meccaniche (in tv si va per ridere) che trionfalmente lo accoglie. Jerry Langford che s'è liberato della sua seduttrice a metà di uno spogliarello, passa per via e vede in una vetrina lo schermo televisivo che riflette il successo del suo persecutore. Non ne aveva mai dubitato, per questo s'opponeva. Dopo alcuni anni di prigione per sequestro Pupkin pubblica un libro di grande successo e ottiene uno show tutto suo in tv. E' 11 re dei comici, la favola massmediologica è completa, con qualche sovraccarico di satira e di ambizioni per Scorsese che si trova più a suo agio tra i furiosi reali, siano tassisti o pugili. Nel recupero di un soggetto che era passato per le mani di Forman e Cimino lui ha visto anche una ricerca masochistica del suo passato di giovane cineasta fervido e rompiscatole. Robert De Niro ha fatto quello che fa sempre: ha studiato, ha provato, s'e infor maio per trasformarsi. Era il suo primo personaggio comico e lo ha reso inevitabilmente tragicomico, un'anima effervescente sotto cui brucia il nulla. Ma per eccesso di professionalità è risultato un poco stucchevole; meglio Jerry Lewis, che ha rovesciato il comico in un solitario misantropo. Oli filtra dagli occhi una convincente luce di rancore e di indifferenza, magari ce l'ave va dentro da un pezzo. Stefano Reggiani Folo di gruppo per giuria: da sinistra la Melato, Yvonne Baby, Styron, Van Leer, Bondarciuk, Goldschmidt, Chanine, Osse, Alekan

Luoghi citati: America, Cannes