Cade nello sprezzo dell'Asia il ritiro viet dalla Cambogia di Vittorio Zucconi
Cade nello sprezzo dell'Asia il ritiro viet galla Cambogia Il gesto simbolico di Hanoi non serve ad aprire il negoziato Cade nello sprezzo dell'Asia il ritiro viet galla Cambogia Diciottomila soldati, un decimo degli occupanti lasciano il Paese - Pechino: «E* il numero di un vecchio cane da circo* • Tokyo; «Lo sgombero deve essere totale» DAL NOSTRO COfifltSPONOENTE TOKYO — Per la Cina è solo 'fumo negli occhi'. Per il Giappone «non cambia nulla'. Per le altre piccole «potenze» del Sud-Est asiatico «£ la solita rotazione stagionale di unità affaticate con altre più fresche: Insomma, la •sceneggiata» del parziale ritiro vietnamita dall'Indocina cominciato lunedi lascia fredde, scettiche, se non addirittura ostili le potenze asiatiche e le nazioni minori, coinvolte, direttamente o Indirettamente, nel «Libano d'Oriente», la Cambogia. Cè un solo dato positivo: si può cominciare a dire che il peggio, per quest'anno, è passato, e il perico¬ lo dì uno seotttn? aperte, fr* | Cina e Vtettwtx sta r.v.\■ mente scemando. I vietnamiti basso portato un aereo eoa 41 giornalisti stranieri accreditati ad Hanoi ad assistere allo spettacolo del ritiro, ma i corrispondenti cinesi e iugoslavi hanno rifiutato di dare credibilità all'avvenimento, e sono rimasti a casa. Tra le immancabili scolaresche armate di bandierine, e l'altrettanto inevitabile consegna di fiori ai 'fratelli in partenza', 18 mila soldati, fra truppe corazzate e fanteria, stanno lasciando da lunedi la capitale cambogiana e rientrano In patria. Rappresentano circa il 10% del gruppo ' | dfturtaMte che occupano la ' Caoibocia. e in ogni caso il ritiro è dunque simbolico. Lo scorso anno, dopo le sfilate e i fiori arrivarono in silenzio unità fresche a prendere il posto del •ritirati». I cinesi sospettano che accadrà lo stesso anche quest'anno, ora che la stagione secca è alla fine, e si avvicinano quelle piogge monsoniche che fanno dell'Asia Sud-orientale un'impraticabile risala. L'agenzia Xinhua (Nuova Cina) non ha concesso neppure il beneficio del dubbio al vietnamiti, arrivando a descrivere l'operazione ritiro come 'l'ennesimo "numero" di un vecchio e stanco cane da circo». Meno Immaginoso, ma nella sostanza altrettanto negativo, il premier giapponese Nakasone, che da ieri è in visita ufficiale a Bangkok, la capitale della Thailandia, al confine con la Cambogia. • Abbiamo ripetuto ai thailandesi — dice il governo nipponico — che per noi la sola soluzione reale passa per il ritiro totale delle forze occupanti'. Se l'obiettivo della «sceneggiata» vietnamita era smuovere le nazioni dell 'Ascari, e le due grandi potenze asiatiche, portandole al negoziato sulla Cambogia, non sembra quindi che Hanoi abbia ottenuto nulla. Al contrario, la nuova «offensiva antiguerriglia» di aprile ha rovesciato altri 100-150 mila profughi cambogiani in Thailandia, ma non ha sicuramente sconfitto la resistenza dei 30 mila del «Fronte per la Kampuchea democratica», articolato fra i vecchi mkhmer rossi» di Poi Pot, 1 sostenitori dell'ex premier Son Satin e 1 seguaci del principe-guerrigliero NorodomSlhanouk. Certamente esagera il principe nel dire che il fronte tricipite 'è uscito dall'offensiva di aprile più forte di prima' e «ha dimostrato di avere la capacità di logorare gli invasori. fino al giorno ili cui potrà ributtarli oltre la frontiera'. Ma è altrettanto ovvio che tra la macchina da guerra vietnamita, rinforzata dai sovietici che ne colmano puntualmente tutte le perdite ih materiali, e gli ostinati, raffazzonati guerriglieri, si 6 creato uno stallo che nessuna delle due parti può rompere. E' un ennesimo paradosso della Storia. Il Vietnam deve assaggiare ora quello stesso amatissimo pane della «guerra politica» combattuta dalla parte sbagliata, che fece ingoiare con successo agli americani: ha i mezzi bellici per stravincere, ma non ha la possibilità politica di farlo. E i cannoneggiamenti cinesi a Nord, con l'implicita ed esplicita minaccia di una ■•seconda invasione', sono venuti tempestivamente a rammentarglielo. Ih questo «Libano d'Asia» si riproducono quasi specularmente i nodi insolubili, i grovigli di interessi locali ed esterni che stanno strangolando il Medio Oriente. I paralleli sono impressionanti: in entrambe le aree, popoli carichi di ragioni e diritti storici, come i vietnamiti e gli israeliani, si trovano ad occupare con le armi capitali vicine, sotto l'eguale pretesto di difendere la propria sicurezza; sperperano a piene mani i capitali di simpatia e stima internazionali raccolti in decenni di giusta battaglia, mentre le grandi potenze, in Medio Oriente gli Usa, qui l'Urss. recitano la parte di protettori e di ostaggi a un tempo delle avventure militari dei propri alleati. E a centinaia di migliala di persone viene negata, di fatto o di diritto, una patria. Molte similitudini, con una tremenda diversità: nel «mazzo» del rompicapo indocinese c'è una formidabile carta in più» l'«asso» da un miliardo di cinesi. Vittorio Zucconi
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