Se Béjart sogna il Mediterraneo

SeBéjartsogna il Mediterraneo Entusiasmo alla Scala per «Thalassa» SeBéjartsogna il Mediterraneo MILANO — Come Sinbod il marinalo, Maurice Béjart ha percorso il periplo del suo Mediterraneo nativo con Thalassa presentato alla Scala e in procinto di ventre trasferito anche al Maggio Musicale Fiorentino. A detta del suo creatore, Questo poema del mare esalta la civiltà mediterranea con le sue «correnti religiose cristiana e islamica, antagoniste in apparenza. Ima alla fine complementa<ri». Ma, al di Ut di ogni filosofia ecumenica, la capacità del coreografo di tenere avvinto il pubblico per due '.ore filate senza intervallo iti è mostrata ancora una volta impareggiabile e forile unica nel panorama di sperimentatori che tengono scarso conto delle esigerne teatrali. Gli applausi a scena aperta si sono infatti trasformati al termine in ovazione, coinvolgendo lo stesso Béjart apparso un po' claudicante dopo l'incidente occorsogli tempo fa che gli ha impedito di allestire la novità Dyonisos prevista proprio per la Scala. Impaginato entro due parti corali dette Orchestra del mare con un brulicare livido di corpi come su un fondale acquatico, Thalassa è fondato su un nucleo principale costituito dalle 'Danze greche' di Theodorakis, che ora ne costituiscono la parte finale. E sono anche il momento più coerente e • béjartiano» dello spettacolo. Vi troviamo ancora il magico cerchio di capolavori come la «Nona sinfonia» e la -Sagra della primavera-, passi a due intensi come quello tra Yann Le Gac e la ritrovata Rita Poelvoord, sempre fresca e infantile come, quando debutto diciottenne proprio alla Scala. E poi un assolo, applauditissimo, di Michel Gascard che introduce lo spettacolare finale con l'intera compagnia. Più frammentaria la pri¬ ma parte, che a volte sembra rilegata un po' casualmente, con episodi a sé. stanti, come quello del ma-, rinaio che incontra la ragazza in una taverna, una sorta di -Fa.icy free- di Robbins in versione mediterranea. Qui il protagonista, come Rimbaud, sente il richiamo esotico delle navi e del mare, che lo porterà lontano. Tutto su un testo;, dello stesso Béjart e su ritmi da bai musette di Nino'' Rota. Jorge Donn si incarica con prestigio dì impersonare l'autobiografico marinaio, affiancato dalla giovane e piccante Catherine Sarrelangue. Un quadro ancora esotico ed esoterico quello della •Danza dei Dervisci- che si incastra su una -Dama sacra» riferita all'Italia perché su musica di Vivaldi, ma pure di evidente ispirazione orientale. Cosi come lo sono il duo con la stupenda Shonach Mirk (che interpreta anche la -Apparizione della rosa- di emblematico significato islamico) e Patrice Touron nell'egiziano -OumKalsoum-. Qui, anche per la presema di Jorge Donn, al centro di uno spazio ideale delimitato da segmenti di rette e di nastri, il richiamo al popolare -Bolero- di Béjart visto mi film di Lelouch, risulta quasi irresistibile, anche per affinità con l'ossessiva musica raveliana. Episodio a parte è pure quello spagnolo condotto su un poema d'amore di Pablo Neruda, con accordi di chitarra che suggeriscono un flamenco molto astratto e stilizzato-. Il numero aggiunto per l'occasione e dedicato all'Italia, sulla -Casta diva- di Bellini, è parso tra t più suggestivi della serata. Forse per il brivido che è corso in sala quando dalla remota lontanama della registraziom (tutto lo spettacolo era condotto su musica registrata) è sorta la voce di Maria Callas, che qui per tanti anni trionfò. I.r.

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