Argentina, un'odissea di barbarie

Argentina, un'odissea di barbarie La drammatica storia dei «desaparecidos», la «sporca guerra» che ha insanguinato il Paese per un decennio Argentina, un'odissea di barbarie II sistema di sequestri e rastrellamenti indiscriminati dei sospetti s'iniziò sotto II governo di Isabelita Perón - Escalation della violenza dopo l'assassinio dell'ex presidente Aramburu - Dopo il passaggio dei poteri ai militari, comincia la tragedia finale - Le gravi responsabilità dei politici - Si tenta un bilancio: gli scomparsi sono 7 mila, 15 mila, forse 30 mila L'annuncio è arrivato come era atteso: 1 «desaparecidos» dell'Argentina sono stati tutti ammazzati. Ormai sembrava, follia dubitarne: migliaia di persone non possono sopravvivere in qualche parte senza una traccia. Eppure la temperi sta emotiva provocata dall'annuncio dei militari nella relazione finale sulla guerra contro la sovversione e 11 terrorismo, nella lunga e mite stagione dell'autunno di laggiù, sta ghiacciando il Paese in una stretta di morte e di' stupefazione. La giunta di Buenos Aires è stata sbrigativa con un tocco di ricerca della «comprensione». Si è trattato di una vera guerra con carattere «apocalittico», sono stati commessi «errori» e a volte sono stati superati «i limiti del rispetto dei diritti umani». Toccheràà Dio giudicare. Le uniche cifre fornite sono quelle dei morti . in azioni terroristiche, più di duemila fra il 1969 è 11 1979. e la valutazione stimata dei militanti del terrorismo: «25 mila sovversivi, 15 mila dei quali combattenti». Non si saprà forse mai quanti sono veramente 1 «desaparecidos», certamente dai settemila in su, i calcoli delle' istituzioni umanitarie propendono per la cifra di 15 mila, mentre le stime di parte politica arrivano a 30 mila, ci- fra che sembra eccessiva. E' una storia difficile da ricostruire, perché manca un filo logico nella storia della sporca guerra che ha insanguinato l'Argentina dalla fine degli Anni Sessanta alla fine degli Anni Settanta. Soltanto pochi giorni fa dava da riflettere la notizia di un vasto coinvolgimento popolare che si presenterebbe come maggioranza degli argentini, favorevole al ritorno in patria e magari al potere dell'ex presidentessa Isabelita Perón attualmente in esilio in Spagna. In questo autunno di lutto, l'Argentina non trova di meglio che rivolgersi alla vedova di Perón cioè a colei che era al potere quando ebbe inizio il sistema repressivo del sequestri, del prelevamenti in segreto, dei rastrellamenti indiscriminati di sospetti da parte di gruppi para-mllltari e para-polizieschi, squadroni della morte come la «triple A» e infiltrati nelle stesse organiz- zazioni della lotta armata,' tutta gente che non rendeva certo conto alla giustizia del proprio operato. Questa è una storia di terribili ambiguità e di tragici fallimenti a catena di tutti i progetti politici che negli ultimi vent'anni sono stati presentati agli argentini. Diceva Gino Germani; un grandissimo sociologo purtroppo poco co-' nosciuto in Italia, fondatore della scuola di Buenos Aires e, poi docente ad Harvard, che' l'Argentina presentava caratteri storici di scarsissima violenza politica fino all'ultimo decennio, certamente la violenza politica argentina era minore di quella italiana in questo secolo. Invece la barbarie ha dominato per dieci anni e generazióni di argenti-' ni si domanderanno come è potuto accadere. Tutto comincia (e finora tutto sembra continuare) con l'equivoca questione peronlsta. Un Paese senza storia, da quasi 40 anni periodicamente si infiamma per un capopopolo f ascistoide e istrionesco che db alla gente l'idea di una dottrina nazionale, definita giustizialista in quanto renderebbe giustizia alle classi popolari. Dissipatore, corrotto, incompetente, il governo di Perón riduce un Paese ricchissimo allo stremo delle forze economiche. Dopo che è stato cacciato, il capo rimane l'idolo di vaste masse e in questa idolatria comincia la guerriglia, ispirata alla grande mitologia cubana che sta percorrendo l'America Latina in quegli anni. Il 29 maggio 1970 viene sequestrato e poi ucciso l'ex presidente della Repubblica Pedro Eugenio Aramburu, è l'inizio di una escalation terroristica senza fine. Aramburu era stato duro avversario del peronistl sia pure nell'ambito di una legalità dell'emergenza, di fronte a un tentativo di colpo di Stato. Già due anni dopo, nel 1972, la guerriglia imperversa dovunque, a quelli che sparano per far tornare Perón dall'esilio si aggiungono 1 rivoluzionari di fede marxista-leninista e trozlcisia. Il governo militare cede il potere ai civili, Perón ritorna. Da Madrid non ha mal condannato la violenza e la lotta armata, non ha mai nominato la guerriglia, li ha sempre chiamati «jovenes maravillosos». Ne sono già morti 50» di questi giovani nelle strade delle città argentine quando 11 vecchio leader riassume la presidenza nel 1973. Un anno dopo Perón muore e gli succede la terza moglie, Isabelita, che lui si è scelta come vicepresidente, vendicandosi di non averlo potuto fare vent'anni prima con Evita. Era andato al potere con oltre il 61 per cento dei voti, un plebiscito, eppure già il terrorismo era ricominciato, questa volta contro il peronismo «burocratico». Con Isabelita alla presidenza la sovversione non ha più confini: gli attentati, i rapimenti, le rapine, 1 sequestri per estorsione, gli attacchi alle caserme e l'apertura di veri e propri fronti guerriglieri sulle montagne, riempiono le cronache, mentre 11 quadro della vita politica ed economica si deteriora giorno per giorno con la vedova del presidente che lascia mano libera a una specie di Rasputin, un ex poliziotto affarista di nome José Lopez Rega, detto El brujo, lo stregone, già segretario di Perón. E' impressionante 11 quadro di frustrazione e di impotenza che offre in questo periodo la vita politica argentina: uomini esperti, capi di partiti democratici, esponenti della sinistra e politici moderati confessano di non saper proporre altra soluzione che la presa del potere da parte delle forze 'armate. Perfino dirigenti peronistl non vedono altra via. Il parlamento eletto con una maggioranza solidissima è come morto. Il 24 marzo 1976 senza sparare un colpo, i militari tornano alla Casa Rosa ci a e comincia la tragedia finale. Adesso si scatena veramente una barbarle mostruosa. Convinti che la sovversione dipenda esclusivamente dalle dottrine e ideologie extranjerizantes, forestiere, della sinistra, i militari fanno piazza pulita di tutto ciò che a loro modo di vedere non sia «nazionale e patriottico». Dall'università ài licei, dal giornali alle fabbriche e al sindacati è un rastrellamento accurato e meticoloso soprattutto di giovani e giovanissimi che vengono arrestati di rado legalmente, spesso ufficiosamente e innumerevoli In forma clandestina per essere interrogati, quasi sempre torturati e moltissimi uccisi. A questo punto tutti sono immersi nell'inferno. La sinistra del peronismo contro la destra peronlsta e viceversa, 1 sindacalisti rivoluzionari contro quelli burocratici, gli intellettuali conservatori contro quelli attratti dal mito della rivoluzione, le polizie parallele e i servizi segreti che girano con le «Ford Falcon» senza targa e arrestano, a volte per motivi di lucro, più spesso per sadismo: è una colossale danza macabra che falcia via in pratica un'intera generazione di giovani delle grandi città fra 1 diciassette e 1 trent'anni. La lotta armata era cominciata negli Anni Sessanta con commoventi distribuzioni di giocattoli rapinati nei grandi magazzini, ai bambini delle Villas Mlserlas, le bidonville della capitale, arriva alla fine ad attaccare caserme con grandi forze e con perdite disastrose. Dopo ogni colpo la repressione si fa più spietata e indiscriminata. In tre anni 1 morti ufficiali Bono già 1803 nel 1976, diventano 3 mila nel 1977, quando 1 più famosi capi della guerriglia vengono abbattuti nelle strade, un agguato dopo l'altro. Probabilmente 11 gruppo davvero disposto a usare le armi In Argentina non ha mai superato le mlllecinquecento-duemlla persone. Per ridurre all'Impotenza questo gruppo, 11 regime militare senza badare a spese ha ritenuto accettabile neutralizzare da quindici a ventimila persone. La liquidazione è avvenuta a vari livelli: con 11 carcere, con 1 campi di concentramento Illegali, le torture che spersonalizzano e invalidano, con 1 massacri e le esecuzioni sommarie. Vanno messi nel contò anche le diecine di migliala che sono fuggiti In esulo. C'è stata una diaspora argentina imponente, In questi anni, in gran parte favorita dal regime per eliminare sospettati indesiderabili. Comunque vadano le cose, difficile pensare che una Norimberga ci sarà in Argentina. Per la classe dirigente militare il colpo delle Malvlne mirava a questo scopo, un alibi patriottico contro 1 processi al responsabili del massacro. Ma non andrebbe dimenticata la responsabilità dei politici argentini che hanno lasciato si creasse 11 vuoto di potere in cui si è inserita la brutale logica delle caserme. La maggiore delusione, probabilmente, è quella che hanno fornito gli intellettuali che non hanno saputo e voluto condannare la violenza sul nascere, che non hanno avuto un orrore fondamentale per la disgregazione e l'uso delle armi nel momento in cui diventavano un modo di vita. Questa rimarrà la più grande prova alla quale sia stato sottoposto il Paese in tutta la sua storia In 170 anni di Indipendenza. Quando tutto è cominciato, non era uno di quel territori senza speranza dove la rabbia può spingere alle armi. Oggi l'Argentina, con il suo grande lutto per gli innocenti, paga un prezzo spaventoso per rendersi conto del disastro e andare avanti. Franco Pierini Buenos Aires. Per anni le madri di Plaza de Mayo hanno manifestato per la liberazione dei prigionieri politici e per avere notizie dei «desaparecidos». Ecco un corteo nel dicembre dello scorso anno, strettamente controllato da polizia a cavallo e da autoblindo

Persone citate: Aramburu, Franco Pierini, Gino Germani, José Lopez, Pedro Eugenio Aramburu, Rega