La rabbia di Finardi sfuma in blues

La rabbia dì Finardi sfuma in blues La rabbia dì Finardi sfuma in blues CI aveva abituati a cansoni inguaribilmente ottimiste die somigliavano a una campagna promozionale della Rivolta Giovanile vissuta come fase di Mercato f«ìa Rivoluzione della Coca-Cola- come disse Giorgio Gaber), ma il tempo passa per tutti e ora Eugenio Finardi dedica il suo ultimo album (Dal blu; a quelle sorte d'ombra, a quelle indecifrabili inquietudini che prima preferiva occultare sotto un entusiasmo tanto sincero quanto di superficie. Parlando più di sé e preoccupandosi meno di dirci cosa fanno o dovrebbero fare Robin, Anna, Marco e tutti gli altri personaggi-qualsiasi delle sue canzoni d'un tempo, Finardi rivela delicatezza, pudore e una semplicità die non é semplicismo. Non che sia diventato un intimista, ma certo le prese di posizione sono più sfumate, il linguaggio più cauto e allusivo, alla ricerca di stimoli die durino più d'una moda e d'una stagione. Il rock non è più quello cosiddetto ..efuro» (chepoiduro non era affatto perché troppo verboso e impacciato da mille citazioni musicali) e non è neanche quello 'easy' delle canzoni-Jingle. Qui il rock sfuma in blues e finalmente Finardi trova più libertà per il canto, slitta sulle parole, modula, evita la stro¬ I sei. QQncerti.di Leb fa didascalica, insomma suggerisce un andazzo, indica un'atmosfera e II si ferma lasciando all'ascoltatore lo spazio per entrarci e farla sua. L'unico vero rock dell'album fdolci promesse; sciuofa via con piacevolezza, sema gratuite esplosioni di rabbia, temperato da una melodia ondulante e morbida die trova aperture non abituali e non ripetitive. E si parla di notti, di autostrade, di brandelli di storie personali. Non mancano le dichiarazioni d'intenti, ma sanno non essere categoriche. Sembra paradossale che Finardi trovi una nuova felicità espressiva in canzoni die parlano di ebrun M piuto: tutti scritti fra il 1777 e il 1787. quasi mai presentano una smaccata superiorità discorsiva del solista (una eccezione è il sesto Concerto, in fa maggiore), bensì ricercano una integrazione sinfonica fra solo e tutti, oppure si aprono a duetti e dialoghi fra piccoli gruppi di strumenti; gli andanti sono per lo più «romanze» in senso mozartiano (Concerti per pianoforte), i finali sono, rondò dalle spiritose mo-' venze haydniane. Tutti i Concerti sono godibilissimi, ma su tutti si impone per la qualità delle idee e dell'insieme il primo in re minore: l'esordio, ombroso e pieno di energia è un autoritratto del compositore nella sua vena più personale; il movimento centrale ha un'ampiezza di respiro sconosciuta ai «Mannhelmer», mentre il finale (di solito il momento più debole) scorre via con grande naturalezza, fra temi cordiali, episodi zigani, sorprese di armonia. Un Settecento musicale che ha battuto vie più prudenti di quelle impervie di Mo-, zart e Haydn, ma che tuttavia è giunto al colmo della maturità, compiaciuto e deliziato della sua raffinatezza. Giorgio Pestelli Ludwig August Lebrun, «I Concerti per oboe», solista Heinz Holliger, Camerata Bern diretta ria Thomas Furi, Archiv Production, due dischi Stereo 2742005. trestezea, ma evidentemente era proprio questo che doveva fare: passare dal blu. L'unica riserva sull'album riguarda gli arrangiamenti, stavolta un po' più poveri forse per assecondare un proposito di rigore e di essenzialità. Invece qui non avrebbe guastato un po' meno di discrezione e di pudore: da un po'di tempo (diciamo nella fase post-Battiato) si avverte negli album italiani un'aria di risparmio die può anche peccare d'avarizia. A questo tipo di blu farebbe bene non abbandonarsi affatto. g.m. Eugenio Finardi: «Dal Blu. (Fonit Cetra). trucclani, malgrado la sua menomazione fisica, è senz'altro un grande autore-esecutore. Il ritorno alla ribalta di Maurizio Giammarco, in, ombra da qualche tempo, è da salutare come un avvenimento di rilievo, tanto più che egli, oltre a due solisti apprezzati come il contrabbassista Eneo Pietropaoli e il batterista Roberto Gatto, ne propone altri poco conosciuti ma egregi come il pianista Danilo Rea e, fra gli ospiti, il chitarrista Marco Rinalduezi e il percussionista Alfredo Minotti. Un codicillo a parte meri' tana l Magazzini Criminali, che tentano di conciliare musiche tribali ed elettroniche, cammelli e astronavi, diavoli e acqua santa. Non è arrivata la sintesi galattica di cui si favoleggia nelle note di copertina, ma il lavoro del gruppo merita di essere ascoltato con rispetto e attenzione. fay