E la dolce Vienna affondò a ritmo di valzer

Alfredo Pieroni racconta la fine degli Asburgo Alfredo Pieroni racconta la fine degli Asburgo E la dolce Vienna affondò a ritmo di valzer Tra Jamzelskì e Walesa la Polonia resta un trofeo dì Mosca si il perché dl certe decisioni, a indagare sulla personalità intima dei protagonisti. Metternich, ad esemplo, è sempre stato, giustamente, presentato come un conservatore, sicuro che 11 suo ottuso immobilismo servisse alla causa imperiale più di qualsiasi innovazione. Però non sono, molti coloro che hanno affrontato le complessità contorte, l'ambiguità del personaggio. Alfredo Pieroni ha indagato, Invece, proprio su questi aspetti meno noti. Con acutezza, egli avverte già l'ombra di Hitler sul finire del secolo, quando a Vienna salirono alla ribalta politica uomini come Schwarzenberger e Bruck che predicavano la rifondazione del Sacro Romano Impero con la .Unione dl tutti i tedeschi», erano fe- ' rocl antisemiti, assertori della superiorità ariana. Hitler, quindi, non disse nulla di nuovo all'inizio della sua parabola; anch'egll era austriaco, e come la. maggior parte del suoi compatrioti voleva un impero di .settanta milioni dl tedeschi». Pieroni, scrittore e giornalista di solida cultura, è andato a trovare i legami fra i vari momenti della storia dell'altro ieri e quella di ieri. Avvincente è la sua analisi di Vienna, che si abbandona ad una svenata giocondità che sa .di serra e di camera mortuaria». Strauss, col suo .Bel Danubio blu», è il simbolo sicologo Erickson Francesco Giuseppe di quel mondo che si disfaceva nel godimento epicureo per non vedere lo sfacelo al quale si avviava il grande impero austro-ungarico. Nelle pagine dedicate a Mayerling Pieroni non trascura nessuna delle ipotesi che sono state affacciate per comprendere la tragica decisione dell'arciduca Rodolfo di uccidere la sua amante Mary Vetzera eppoi sopprimersi. Ma affronta l'argomento con una visione nuova, sottoponendolo ad esame psicanalitico. In quel periodo Freud era già noto, ed anch'egli si interessò alla tragedia di piere con lui 11 proprio training professionale. Dopo la sua morte, avvenuta nel 1980, si sono moltiplicati i libri su Erickson, scritti da suoi allievi, che testimoniano le eccezionali capacità ipnoterapeutiche del Maestro, e la sua straordinaria umanità. La mia voce ti accompagnerà, una frase che Erickson amava ripetere a chi si sottoponeva all'ipnosi con lui, è per ora l'ultimo libro di uno degli allievi, Sidney Rosen, presidente della Società per la Psicoterapia Ericksoniana, ed è un testo che, con uno stile discorsivo e apparentemente per niente tecnico, offre una enorme quantità di spunti per la riflessione ad uno psicoterapeuta, qualsiasi sia la sua scuola di appartenenza, sul modo di fare l'analisi. Anche Rosen — è questa l'impressione — si è «divertito» molto imparando da Erickson, e continua a «divertirsi» con i suoi pazienti, e forse persino i suoi pazienti si «divertono» con lui mentre si curano. Come Erickson aveva un sottile modo di penetrare nell'altro, cosi il libro dl Rosen ti penetra dentro, se soltanto ti metti un poco nella situazione ipnotica dl lasciarti penetrare, e di creare un «campo relazionale» con il tuo interlocutore. Incidentalmente, Rosen era stato scelto dal suo Maestro come uno degli allievi prediletti «perché gli piacevano le rane». Secon do Erickson infatti, uno che collezionava rane vive e andava in paesi lontani ,per procurarsele, doveva essere uno che sapeva prendere le giuste distanze dalla psicoanalisi e dalla psichiatria, pur occupali dosi dell'una e dell'altra di sclplina a livello professici naie, ed era uno che mo strava .una bella ampiez za di vedute». Da ultimo, possiamo raccomandare questo libro .anche a chi non sia uno psicoterapeuta ma, incerto se ricorrere alla psicoterapia, si stia dibattendo "all'interno di una visione della vita ristretta e oppressa dal senso di colpa Forse, in uno degli apologhi dl Erickson, potrà trovare il modo di superare suoi problemi, come Tanti co indù lo trovava in una fiaba. Tilde Giani Gallino Milton il. Erickson, «La mia voce ti accompagnerà. I racconti didattici di Mil ton H. Erickson», a cura di Sidney Rosen, Astrolabio, pagine 208, lire 18.000. Mayerling, ma con infinita cautela. Da 11 parte Pieroni per sostenere con rigore logico la tesi freudiana del parricidio-suicidio. Rodolfo, dl cui eran note le intenzioni politiche quasi rivoluzionarle, provava amore-odio per 11 padre imperatore, uomo introverso, freddo, scarsamente comunicativo. Il gesto disperato dell'arciduca sarebbe stato, quindi, una vendetta feroce: far ricadere sul padre la colpa della propria morte. E la tragedia si consumava, scrive Pieroni, al ritmo del «Bel Danubio blu» dl Strauss. L'Austria moriva consunta da una lenta etisia, 1 nuovi nichilisti che si chiamavano Loos. Mahler, Schonberg, Otto Wagner, Kllmt, Kokoschka facevano crollare l'ordine costituito della musica, della pittura, dell'architettura, ma Vienna e tutti gli austriaci ballavano al ritmo dei valzer di Strauss. Anche sul Titanic, mentre affondava, l'orchestra eseguiva un valzer. Navl e navl hanno attraversato gli oceani, molte sono affondate; ma si parla del Titanic. Avvenimenti tragici hanno sconvolto il mondo, c'è stata Hiroshima, ma 11 profumo della gaia apocalisse, della «dol ce Vienna», persiste nella memoria degli uomini co me espressione dell'ultima età dell'oro. Francescb Rosso Alfredo Pieroni: «La gaia Apocalisse», Rizzoli 260 pagine, 15.000 lire. 1carri armati che nella notte del 13 dicembre 1981 mettono fine alla breve illusione di Solldarnosc e del suoi «accordi» coi regime di Varsavia sono l'immagine che nel libro di Adam Zagajewski chiude come «Postilla» un saggio sulle vicenda della Polonia dal '45 al 1980. Sull'estate dell'80 Zagajewski, rtOjX) aver concluso la sua storia senza indulgenze né speranze astratte, lascia affiorare Qualche prospettiva di ulteriore «liberazione» del suo Paese, oltre gli «accordi di Dansica» tra Walesa e i suol e i rappresentanti del governo. Tanto più amara è dunque la -postilla-, scritta appena si compie la decisione del generale Jarueelski di applicare lo mstato dl guerra» per sopprimere Solldarnosc e tutto quello che intorno al sindacato libero si sta coagulando. L'evocazione del carri armati nella gelida notte dl dicembre, in poche scarne righe, rappresenta tutto il dramma dell'»autoccupazione» della Polonia, di un regime in gravi difficoltà che con la repressione impedisce una vera occupazione da parte sovietica. E qui si ritorna al vero nocciolo del problema polacco, al '.grado di libertà che alla Polonia è consentito da Mosca, nella strategia generale dell'impero sovietico. Nella illuminante prefazione di Frane Barbieri è ricordata la famosa, inesorabile sentenza di Stalin nel '45: «Chi è il principale vincitore della guerra? L'Unione Sovietica, senza dubbio. Quale è il principale trofeo dl guerra conquistato dall'Urss? E' la Polonia. Come si può pretendere che Mosca rinunci al prezioso trofeo?». £' la sentènza che dà la chiave di lettura degli avvenimenti, cosi come li racconta l'autore. Zagajewski non è un politologo, né un sindacalista, né uno storico. E'poeta, romanziere e saggista, noto nel suo Paese. Nato nel 1945, l'anno appunto della -sentenza» di Stalin, ha perfettamente capito quanto pesi ancora sui tdestini della Polonia l'assetto internazionale nato dalla ■seconda guerra mondiale. La Polonia non è più il 'trofeo di Mosca», ma il senso della dominazione sovietica, dettata -da ineliminabili esigenze politico-militari quali ette siano state o siano oggi le 'buone intenzioni» dei successori di Stalin, è sempre lo stesso. Che cosa riesce a muoversi dentro questo ambito strategico che qualcuno arriva a definire di fatto un regime di -occupazione per procura»? Molto si muove, e secondo componenti proprie della nazione polacca, ma tutto finisce prima o poi per uniformarsi alle esigenze della «storica alleanza» tra Polonia e Unione Sovietica. Cosi avviene per i due primi 'disgeli, del regime (nel '56 e nel '68), cosi sta succedendo da oltre un anno dopo il -terzo disgelo» avviato dagli operai di Danzica nel 1980. Certo, tra un'illusoria apertura e un giro di vite repressivo, qualche brandello di libertà rimane. Così oggi i giovani intellet- Biografia del patriot , T TNO schianto di \\ tuono in una notte afosa». Cosi Alcksandr Herzen, affascinato dalla «tetra poesia» del fatto, sulla tragedia di Sapri. Un po' di retorica rivoluzionaria, prima che sul-' l'impresa dl Carlo Pisacane cali la soffocante cortina della sacralizzazione patriottarda: «Con gli occhi azzurri e coi capelli d'oro i un giovin camminava in mezzo a loro...». Retoriche a parte, che cos'era accaduto di storicamente significativo, fra Genova e Sanza, quei giorni d'estate del 1857? Da una parte, la solita miccia dell'innesco rivoluzionarlo che non funziona, il «fuoco» della rivolta che viene circoscritto con facilità irrisoria, i soldati borbonici che si dimostrano tetragoni all'ammutinamento, i collegamenti cospirativi che non scattano, i contadini sobillati dai preti che fanno strazio dei .giacobini». Dall'altra parte, la fine sotto il segno della contraddizione dl una vita breve e generosa, che tutta si è svolta sotto quel segno. Come rileva Luciano Russi nel suo organico, esemplare studio su Pisacane, ci sono contraddizioni non soltanto fra l'elaborazione concettuale e la Disegno di Cardon (da «Le Canard Enchaìné») tuali polacchi (e Zagajewski ne è valido rappresentante) hanno una ricchezza di esperienze e di contatti con la cultura occidentale che in altri Paesi dell'Est sono impensabili. I leader del regime comunista polacco assumono ed esprimono alternativamente la faccia del disoeto e quella della repressione. Basta pensare a Gomulka e a Gierek. Di tutto questo l'autore dà cento con precisione, notevole obiettività, e partecipazione, quella di chi soffre in proprio il dramma del suo Paese. Forse non c'è una storia •della Polonia del dopoguerra che, pur nella concisione di un saggio, sia più esauriente di questa. Anche sotto questo aspetto ci sembra un'opera che merita ampia diffusione come ampia diffusione hanno avuto (e giustamente, ma spesso su sintonie sfasate dalle ottiche occidentali) gli avvenimenti polacchi degli ultimi anni nel mass-media. Non sappiamo se Zagajewski abbia vita facile oggi in Polonia. Non soltanto per questo libro, die sarebbe passa to indenne nell'euforia dell'80, ma che ora è decisamente -scomodo» per il regime (d'altronde ci risuifa pubblicato soltanto fuori della Polonia, in Germania e in Italia). L'autore ha fatto parte anche del »Kor», l'organizzazione dissidente contro la quale più decisa è stata la repressione di Varsavia. Ma se, nel gioco tra disgelo e repressione ci sarà ancora qualche spiraglio per gli intellettuali polacchi, Zagajewski sicuramente potrà dare ancora altre testimonianze preziose sulla storia della Polonia contemporanea. Gianfranco Romaneilo Adam Zagajewski: «Polonia, uno Stato all'ombra dell'Unione Sovietica», Marietti, 166 pagine, 13.500 lire. pone di quattro parti. Il racconto della vita, l'analisi dei testi, la ricerca delle fonti intellettuali, il dibattito sulla storiografia. Che comprende, quest'ultimo, l'analisi delle molte appropriazioni. Perché un tumultuoso sincretismo culturale rende la bandiera di Pisacane utile per molti usi: sempre con dominante libertaria o socialista. Lui, la bandiera la voleva senz'altro tricolore, con sopra scritto Z-ibcrtà c associazione. Domina ancora una volta il dibattito su questo «minore» del nostro Ottocento la critica a Garibaldi, e la critica della critica che dobbiamo a Gramsci. Un capitolo nel quale non sempre, e nemmeno In' questo caso, si sottolinea il' carattere limitato, rispetto al Garibaldi complessivo che conosciamo, del Garibaldi che potè conoscere Pisacane: nient'altro che l'uomo della guerriglia sudamericana, il protagonista di operazioni marginali nel '48, il controverso difensore della Repubblica Romana. a napoletano