alchimie io racconto di Ernesto Gagliano

Lo scrittore e l'arte del best-seller Lo scrittore e l'arte del best-seller Chiara: non faccio alchimie io racconto VARESE — Settantanni appena compiuti, 18 opere di narrativa, 4 milioni di copie in giro, 5 film e 4 sceneggiati tv ricavati dai suol racconti. Come il fatturato di una florida azienda del Varesotto. Soddisfatto? Piero Chiara dice di si. Dalla sua mansarda guarda il lago di Varese percorso da brividi di pioggia e più in là una nube che nasconde il Monte Rosa. «Ho una strana passione — sospira — per quella montagna, alta e troneggiante, quasi fosse un essere vivente, un animale». Ma lei ha una ricetta per il best-seller? «Se ci fosse una ricetta non sarebbe rimasta segreta: invece non la conoscono né gli autori né gli editori». Il suo romanzo è un prodotto calcolato, un cocktail di ingegneria letteraria? Lui appare contrariato. «No, a differenza di qualche romanzo più fortunato di questi anni che è chiaramente costruito con straordinaria abilità (penso a quelli di Frutterò e Lucentlnl e a quello di Eco) 1 miei sono narrazioni spontanee di vita vissuta, tant'è vero che sono prevalentemente autobiografici. E qualche volta, come nel caso de "il piatto piange" o di "Con la faccia per terra" sono senza una trama, e addirittura opere aperte, come si dice. Per cui ritengo che il mio successo sia dovuto al fatto che io sono tornato alla narrazione tradizionale, quella che va da Omero al grandi narratori dell'800». — Un Omero del Lago Maggiore? Ribatte: «No, il Lago Maggiore è un pretesto, un locus. una specie di palcoscenico sul quale si svolge la commedia della vita, ma U vero soggetto è l'uomo con le sue passioni, i suol vizi, le sue poche virtù». — Quando scrive pensa ai critici? «Non penso né ai critici, né ai lettori, scrivo In una specie di raptus come se raccontassi a degli ascolta¬ tori ingordi di sentire un fatto dopo l'altro. Fin da bambino raccontavo storie, in parte vere e in parte inventate, ai coetanei e anche ai grandi. Mi ero accorto che restavano presi nella rete del mio racconto e quel risultato mi entuslasmava». — Raccontare, dunque, e basta? «Il mio problema é di portare nella pagina, con tutti gli accorgimenti che può fornire una cultura letteraria, le emozioni e il fascino del racconto orale». — E' naturale il passaggio dalla voce alla pagina scritta? •E' frutto di un artificio simile alla riduzione di un' paesaggio a un quadro. C'è sintesi, c'è finzione, c'è misura». — E le storie dove le. trova? «Nella mia lunga esperienza di vita, nell'attenzione che ho sempre rivolto al mondo circostante e a una certa capacità di selezionare 1 fatti che si attagliano al mio gusto narrativo. Una storia pietosa, sentimentale, non mi attirerebbe mai. Bisogna che vi corra dentro una certa ironia, un certo scetticismo, un implicito giudizio sulla natura dell'uomo e 1 suoi comportamenti». Riflette come per tirare una conclusione. «Forse mi sono accorto per tempo che in tutta la natura solo l'uomo è ridicolo Ci sono però delle etichette che non gli vanno giù come quella di «scrittore umoristico» oppure l'altra di essere «scrittore di evasione». Sbotta: «Quasi che il compito della letteratura, della poesia e in particolare della narrativa non sia quello di strappare fuori dalla realtà e di fare evadere in altra atmosfera il lettore. Boccaccio dichiara addirittura di scriver per le donne che sono costrette a vivere tra le mura di casa e che non possono godere lo spettacolo del mondo e delle sue pazzie Dietro la scrivania, tra libri e vetrate, Chiara, lavoratore instancabile, appare sicuro di sé, consapevole del successo. Senea lacerazioni. Tra i contemporanei invidia qualcuno? «Certe pagine di Buzzati, Piovene, Moravia, Comisso, Soldati e qualche altro...» Ma non vorrebbe mal essere uno di loro. «La mia natura sarà magari di minor potenza, ma voglio che rimanga incontaminata». E spiega che «per frustarsi», per eccitarsi a raccontare, niente gli è più utile che rileggere le sue pagine più riuscite. «Mi alimento da me stesso». Come una pila che si ricarica. —Rimpianti? «Non ho lasciato dietro di me terreni Incolti, ho proceduto vangando, seminando e raccogliendo...». —Dubbi? «No, siccome ascolto la mia voce interna e non mi lascio consigliare da nessuna opportunità e da nessun ufficiale di rotta godo di una naturale sicurezza. Come il pipistrello che ha nella sua testa un radar senza saperlo Dopo oltre 4 mila pagine di narrativa («Mi pare di aver detto quasi tutto ciò che potevo dire. Mi domando spesso come abbia fatto il Boccaccio una volta scritto il Decamerone a non incominciarne un altro») c'è in lui la voglia di continuare «finché la vena non si inaridisca». Sta per uscire a maggio una raccolta di elzeviri, quasi contemporaneamente apparirà nella sua traduzione il primo tomo della «Storia della mia vita» di Casanova. E poi entro l'anno un volume di colloqui con Davide Lajolo, mentre prepara una biografia di Mussolini e la sceneggiatura per la tv di dodici episodi casanoviani. «Ho cominciato anche un libro piuttosto attuale, che potrebbe suscitare qualche scalpore perché tocca la vita politica italiana del dopoguerra. Di più non posso dire In questa grande stanza, con questo cielo che preme contro i vetri, non le capita di soffrire di solitudine? «Non soffro di niente. Soffro di appetito e di voglia di vivere. Anche se non vado esente da qualche malinconia...»- Si corregge subito: «Perfino la malinconia però è un piacere». E si intuisce che a fargli compagnia è anche la sua creatività, la memoria affollata di personaggi. «Il pretore di Cuvio e l'Emerenziano della "Spartizione" sono esseri negativi, ma mi piacciono perché ho l'impressione di averli messi al mondo io». Ernesto Gagliano

Persone citate: Buzzati, Casanova, Comisso, Davide Lajolo, Eco, Moravia, Mussolini, Piero Chiara, Piovene, Soldati

Luoghi citati: Cuvio, Varese