Quel ponte che turbava i sonni della Serenissima

Quel ponte che turbava i sonni della Serenissima Quel ponte che turbava i sonni della Serenissima Cinquantanni fa, VENEZIA — Quel lunghissimo ponte inaugurato il 25 aprile 1933, esattamente cinquantanni fa, che collegava e collega tutt'oggi Venezia alla terraferma, era certamente un segno dei tempi che cambiavano. Ma anche una logica evoluzione della tradizione marinara di Venesìa. Il ponte automobilistico, lungo 3623 metri, che corre parallelamente a quello ferroviario costruito a partire dal 1841, univa in fatti la città marinara a un nuovo porto, quello industriale di Marghera. Al tempo della Serenissima si diceva che Venezia aveva per retroterra il mare, con allusione alla realtà che costituiva la vera base della ricchezza della Repubblica: ti mare, appunto. E proprio il mare fa parte del nome di Marghera: «Mar ghe gera «C'era il mare». Se alla fine del 1919, più di due milioni e mezzo di ettari di quel 'mare divennero terreno fabbricabile per i nascituri stabilimenti di Marghera, la vocazione marittima di questa ex palude A dopo aspre polemiche, non fu per nulla menomata, dato che quei luoghi erano destinati ad ospitare il primo porto industriale al mondo. Ma la storia del 'cordone», die ha trasformato la perla dell'Adriatico in una penisola, è molto più antica. Nel 1822, tale Luigi Casarini, segretario della «Congregazione centrale», presentò un progetto per la costruzione di una strada carrozzabile da Campalto (centro della terraferma) alla riva di Sant'Alvise, nel centro storico. Otto anni dopo, un commerciante di legnami si fece avanti con un progetto ancora più dettaglia to, ma le intuizioni di questi lungimiranti rimasero ancora per un bel po' lettera morta. Prima ancora, nel X Vili Secolo, il doge Marco Foscarini aveva pensato a un collegamento tra Venezia e la terraferma e si dice che lo stesso Napoleone avesse concepito un disegno del genere. Poi arrivò il 'Cavallo d'acciaio», che la parte più conservatrice dei veneziani accolse con la stessa diffidenza del veniva inaugurato il via pellerossa delle praterie nordamericane. Quando si parlò di costruire il ponte ferroviario, infatti, nella mttà lagunare nacque addirittura una fazione, chiamata degli 'apatisti», che si opposero ferocemente all'iniziativa. Gli «apatisti» furono però fronteggiati con successo dagli 'oracolisti», sostenitori del vapore. Vinsero questi ultimi e il ponte ferroviario si fece, in quattro anni di lavoro e con la spesa di cinque milioni e mezzo di lire austriache. La strada — è il caso di dire — era segnata e proprio in quegli anni una nuova fazione, quella del «pontisti», ripropose la vecchia idea di Canarini. A tale movimento d'opinione si oppose con fermezza Pompeo Molmenli, scrittore, critico d'arte e 'anima vestale» di Venezia, il quale ebbe buon gioco a dimostrare che treno, vaporetto e gondola potevano essere sufficienti come vie d'accesso al centro storico. Le carrozze potevano fermarsi a Mestre. Ma un più prepotenti strumento di loco¬ dotto che collega Ven mozione stava per farsi avanti: l'automobile. Gli avversari del ponte stradale resistettero, come si è visto, fino agli inizi degli Anni Trenta. Poi ling. Eugenio Miossi, capo dell'ufficio tecnico comunale, realissò l'opera nell'arco di un solo anno: 228 arcate, 300 chilometri di pali in calcestruzzo. L'opera fu inaugurata da Umberto di Savoia e alla cerimonia partedpò anche l'arrabbiatissimo Pompeo Molmenti. Intanto Marghera si era estesa in un'area di 4 milioni di ma. ospitava 81 stabilimenti che davano lavoro a oltre cinquemila operai. Il traffico annuo del porto superava le 500 mila tonnellate di merci. Alla vigilia della seconda guerra mondiale, il numero dei mq era salito a quasi S milioni, a 94 quello delle aziende, triplicata quello degli operai, quadruplicato il traffico marittimo. La ricostruzione del dopoguerra e il rilancio economico portò il polo industriale di Marghera a occupare 13 milioni di mq negli Anni Sessanta: gli stabilimenti di¬ ezia alla terraferma ventarono 239,33 mila gli ope rai occupati.. Il traffico marit timo raggiunse i 16 milioni di tonnellate annue. Poi, la crisi: costi energetici, obblighi legati al risanamento ecologico, perdita di competitività sul mercato nazionale e su quelli stranieri portarono ai guai attuali. Guai grossi, ma non tali da far perdere le speranze. Dal 1971 al 1981, nel comprensorio di Venezia vi è stato un calo occupazionale del 27 per cento. Eppure, come osserva il presidente degli industriali della provincia di Venezia, Sergio Bilioni, «nessun polo chimico in Italia sembra essere in grado di offrire condizioni di ritorno diretto e indiretto degli investimenti superiore a quello di Porto Marghera». Tra le proposte degli industriali veneziani per risolvere la crisi di Marghera, quella di utilizzare un'area di 43 ettari per ampliare, tra l'altro, la sona portuale. Gigi Bevilacqua

Persone citate: Campalto, Foscarini, Gigi Bevilacqua, Luigi Casarini, Pompeo Molmenli, Pompeo Molmenti, Sergio Bilioni

Luoghi citati: Italia, Venezia