Intellettuali santi

Intellettuali santi DOCUMENTI SUL GIACOBINISMO Intellettuali santi Le Edizioni Lavoro di Roma, abitualmente interessate al sindacalismo (e soprattutto alla Gsl) hanno da poco pubblicato un volume del tutto inatteso, direi, sotto quell'insegna, e che merita di venir segnalato. Dal titolo Libertà, Uguaglianza, Religione - Documenti del Giacobinismo Cattolico, esso si impone per l'cccellente veste tipografica (dovuta alle Arti Grafiche Fratelli Palombi), per le illustrazioni (tratte da quella inesauribile miniera di stampe popolari che è la Collezione Bertarelli del Comune di Milano) e per il testo, curato da Mario 13attagliili, autore anche di una acuta introduzione e del commento alle rare e singolari fonti del Cattolicesimo giacobinizzato. E' impossibile esaminare qui gli scritti raccolti, che includono il Discorso sulla libertà dei culti e sulle opinioni religiose, pronunziato a Bologna nel 1798 (anzi, nel dì 4 Ventoso Anno VI Ripubblicano) da Giuseppe Valeriani, un ex prete che aveva abbandonato la carriera ecclesiastica dopo la Rivoluzione Francese; il Catechismo Nazionale del Popolo, apparso l'Anno VII della Libertà, I della Repubblica Napoletana ad opera del Guadino Stefano Pistoja, (sulla cui vita non si sa quasi nulla); il Discorso politico di Giovanni Battista Pacchiarotti (da Codevilla, Provincia di Voghera, Stato Sardo) intitolato Quale dei governi liberi meglio convenga alla felicità d'Italia; Libertà Virtù Egua- fliana sostenute dall'etica e dalt cristiana morale, stampato a Venezia nel 1797 e dovuto al Guadino Parroco di N.N.; infine la Controversia tra San Gennaro e Sant'Antonio pubblicata su fogli volanti a Napoli nel 1799, e dovuta a Nicola Fiorentino. L'introduzione del Battagli ni è indispensabile per entrare nel vivo di una siffatta, bizzarra raccolta, e dei complessi moventi che portano alla col laborazionc dei cattolici democratici'e dèi Francesi ."dall'altra all'astuta politica del Bonaparte nei confronti della Chiesa, politica che si scontra con quella, ferocemente anticlericale, di Lazzaro Carnot, che riecheggiava le tirate anticristiane del Boissy d'Anglas. ★ * Sotto tale dialettica ideologica, traspare il programma di saccheggi e ruberie del Direttorio (si considerino le parole del Barras a proposito delle opere d'arte), e, soprattutto, la divisione tra la gerarchia ecclesiastica e la religiosità della popolazione: si leggano le parole con cui l'Arcivescovo di Imola (il futuro Pio VII) spiega il concetto di Libertà, le preghiere dell'Arcivescovo fiorentino, mons. Antonio Martini, perché il Signore protegga e custodisca la «Rapublica Gallorum». Le affermazioni di San Paolo, «Non est potestas nisi a Deo... Qui resisiit potatati, Dei potatati raistit», non sono state mai bene accolte come allora da una Istituzione come la Chiesa Romana, che ha sortito la sua massima fortuna da quando divenne l'infrastruttura religiosa di un potere assoluto e intollerante, come quello di Costantino di Teodosio. Ma qui il discorso diverrebbe troppo lungo. Meglio dunque rivolgersi ai quesiti che pongono le illustrazioni del- e l'avvincente volume, le caricature cioè pro-rivoluzionarie e anti-giacobine (in genere già note agli specialisti, ma ora riprodotte in modo esemplare), tra cui alcune erano già appar; se l'anno scorso nella Mostra // ruggito del leone, allestita a Venezia nel Museo Correr. L'aspetto più singolare di tali fogli è che quelli di elevata qualità (eseguiti cioè da autentici artisti) sono tutti in favore dei Rivoluzionari (meno uno, come si dirà); i fogli anti-giacobini mostrano tutti una condotta in modi più rozzi che popolari. A pagina 8 del libro tale dato viene messo in rapporto con il fatto che «il lazzo popolare è di norma rivolto a chi rappresenta il potere, qualsiasi oso sia. E il potere, in quel momento, era quello giacobino», ' detentori della vecchia supremazia tradizionale (re, principi, chiesa) essendo caduti : tetta o privi di effettivo mot dente. ... Può anche darsi che questa spiegazione sia quella giusta; tuttavia essa 'suona assai dub■ia, e nasce il sospetto che gli incisori di grido si fossero buttati dalla parte di chi adesso contava, secondo un calcolo di cinico opportunismo che dal 1789 ad oggi ha guidato la stragrande maggioranza degli intellettuali, specie italiani francesi. Si pensi al pittore David, che dopo aver disegnato, in modi quasi caricaturali, Maria Antonietta portata al patibolo, non avrebbe poi esitato a dipingere quel vertice d nauseabonda adulazione che < il Sacre de Napoléon. Che la protesta grafica con tro i furti, le sopraffazioni e le stragi giacobine venisse lasciata a poveri improvvisatori privi di talento, è un episodio che andrebbe rivisto al lume dei ' successivi avvenimenti una volta caduti i Francesiquesti incisori di bel mestiere restarono fedeli alla loro scel ta, oppure fecero una nuova piroetta? I miti della Revolution e quello (ancor più perni cioso) di stampo bonapartista sono oggi assai vivi e vegeti per ottenere risposte fondate ma resta il fatto che l'unica incisione di pregio a carattere anti-giacobino (pag. 9) va fatta risalire al 1799, quando Rivoluzionari avevano la peg gio grazie alle armate austrorusse. Ma per sciogliere il quesito, è necessario esaminarlo in rapporto a quel che accadeva in Italia durante quegli stessi anni, l'epoca cioè che vede, qui da noi, la nascita dell'intellettuale impegnato, in genere im pegnato a sinistra (o nella presunta sinistra), che passa, con estrema facilita e disinvoltura, da un estremo all'altro: se la Chiesa Cattolica dovesse giorno proclamate un protettore di questi geni del trasformismo, ci permettiamo di indicare Eleonora Fonseca De Pimentcl, non vergine ma martire. Già sostenitrice dei diritti del Principe e lodatrice di Re Ferdinando (con un tal grado di sfrenatezza da ottenere una pensione di corte per una sua opera di suprema intonazione trombettiera) all'arrivo degli stranieri scopri la sua vocazione rivoluzionaria, scatenandosi cóntro «l'imbecille Ferdinando», il «vilissimo dèspota», lo «stupido tiranno». Che poi, una volta rientrati i Borboni, la infuocata giacobina abbia pagato con la vita il suo voltafaccia, è cosa assai taBfunilcconccdtalSqd triste. Ma non ci sentiamo di accedere alle conclusioni di Benedetto Croce, quando afferma che «le tempre intellettuali anno di coda ti trapassi da un atremo all'altro, che sembrano contraddizioni e discordanze, sono invece accordi e conclusioni intime» (La Rivoluzione Napoletana del 1799, ediz. 1968, Ba, pag. 23). ** • Si cancelli dunque, il prin cipio della coerenza; abbasso il concetto (vile e superato) di opportunismo! Come è ben noto, agli intellettuali tutto concesso; essi sono, nella società moderna, i chierici ered di quel potere morale e spirituale che, nelle società agricoc aristocratiche, spettavano alle gerarchie ecclesiastiche: a loro tutto è lecito, e come il Sommo Pontefice è infallibile quando parla f.v cathedra, cosi " "ntellcttuale moderno^ ha sempre ragione. 1 suoi contorcimenti serviranno a redimere quel- popolo minuto, anzi, quella plebi■ (come diceva la Pimentcl) che sente un irresistibile bisogno di venir trainata da siffatti profeti. Accadrà, magari, che la visione di queste masse già diseredate e ora provviste di beni tecnologici (e, una volta tanto, immuni dalla fame che aveva tormentate da secoli) susciterà negli intellettuali la paura di venire estromessi: chi mangia, legge e viaggia sa scoprire gli impostori. Ma come i chierici òcW'ancien regime colpevolizzavano le masse con il concetto di pecca- to, quelli laici le terranno a! guinzaglio con il concetto di consumismo, questo ' supremo peccato mortale dei nostri giorni. Per tenere al suo posto la plebe oggi ci sono coloro che (facce austere, bocche a sfintere di gallina, occhi severi) rammenteranno che una socie tà sana è composta di chi sta in alto e di chi è destinato restare in basso. Federico Zeri « Corri ere dell'Empietà», una caricatura antifrancese del 1799 (dalla Raccolta Achille Bertarelli dei Comune di Milano)