L'amante dell'Orsa tutta finta come un fotoromanzo Anni 50 di Ugo Buzzolan

L'amante dell'Orsa tutta finta come un fotoromanzo Anni 50 Uno sceneggiato che ricorda gli esordi del video L'amante dell'Orsa tutta finta come un fotoromanzo Anni 50 Questa è una domenica sera sema scontri di colossi, e; quindi può tirar fuori la testa lo sceneggiato della rete 1 «L'amante dell'Orsa Maggiore», ormai agli sgoccioli (stasera la sesta e penultima puntata). Perché una riduzione televisiva del romanzo di Piasecki di cui già esisteva una versione cinematografica di Valentino Orsini, del '71. con Giuliano Gemma e Senta Berger? Non è chiaro cosa abbia voluto fare la Rai. Mi sembra però che abbia sbagliato in partema. Il racconto di Piasecki è sostanzialmente un grande racconto all'aria aperta che colloca avventure e amori mlle foreste e negli immensi spazi dell'Est europeo tra Polonia e Russia. Al suo apparire il libro aveva colpito non solo per la storia insolita, ma anche e soprattutto per lo sfondo di orizzonti sconfinati che l'autore, allora in carcere, riviveva con nostalgia. Ora è ben bizzarro avere scelto un romanzo del genere per una realizzazione televisiva prevalentemente di studio, proprio nel momento in cui è ormai ribadita la tendema a portare fuori gli sceneggiati e girarli secondo un criterio cinematografieo ' Perciò (e lo si vedrà anche nella puntata di stasera) gli interni sono dominati, con scene di colorito rilievo che il regista Anton Giulio Majano, veterano dei romanzi tv, costruisce mirando ad un effetto da stampa popolare. Telecamere, dunque, puntate sugli attori ai quali spetta il gravoso compito di dare vita a personaggi russo-polacchi degli Anni 30, e in più immessi in una sorta di palcoscenico. Il risultato è che, nella preoccupazione di rendere un clima passionale slavo-zingaresco al suono di fisarmoniclie e balalaike, gli interpreti, più o meno, sono costretti alla mimica esuberante, agli occhi fuori dalle orbite, alle teste reclinate di schianto sui tavoli, e a volte devono acconciarsi ad entrare barcollanti, appoggiandosi alle pareti, e si assoggettano od una fastidiosa abitudine, quella di afferrare per le braccia o per il bavero l'interlocutore, e di scuoterlo ritmicamente. In mezzo ci sono dei giovani, ma è difficile giudicarli: aspettiamoli in altre occasio¬ ni. Qui, nonostante l'impegno professionale, non sono credibili — come non è credibile nessuno — perché obbligati a mettere in piedi personaggi troppo convemionali e da fotoromanzo: tanto che finiscono con l'essere, per certi versi, curiosamente simili ai manichini dei serials americani (stasera, contemporaneamente, c'I «Flamingo Iioad- su Canale 5: si può fare un paragone); con il vantaggio, per gli americani, di giocare in casa perché comunque rappresentano fatti, ambienti e gente, d'America e di oggi, e con lo simntaggio per gli italiani di dover vestire faticosamente i panni di contrabbandieri e militi di un'Europa orientale, di tempi lontanissimi. Ecco perché c'era da chiedersi all'inizio le ragioni del varo nel 1983 di una produzione che pare ricondurre in tutto e per tutto — recifazione a toni alti, cornice fintamente realistica, e tempi lunghi di racconto — agli sceneggiati degli Anni 50, quando la tv moveva i primi passi in una dimensione che sfatta fra il radiofonico e il teatrale. Un revival, d'accordo. Ma a chi giova? Ugo Buzzolan

Persone citate: Anton Giulio Majano, Flamingo, Giuliano Gemma, Senta Berger, Valentino Orsini

Luoghi citati: America, Polonia, Russia