Grimaldelli del mondo

Grimaldelli del mondo LA SCIENZA E' VERITÀ'? Grimaldelli del mondo Nell'elzeviro «Le chiavi del mondo», del 6 aprile, Gianni Vattimo, recensendo il mio volume sulle immagini filosofiche della scienza ha solleticato la mia vanità d'autore con l'amichevole considerazione e le brillanti riflessioni svolte. Queste, però, mi hanno anche fatto meditare. Prendendo spunto da qualche mia pagipa, egli sostiene infatti una tesi che a me era parso nel libro di dover respingere. Ci torno su, perché credo che la questione possa interessare non solo noi due, ma anche qualche altro perditempo. Dall'esame storico della ricerca scientifica ho tratto la convinzione che in ogni tempo essa sia guidata dall'idea regolativa di «verità». Lo scienziato vuol sapere come le cose davvero stanno, indipendentemente, per quanto sia possibile, dai suoi gusti e preferenze. E ciò anche quando sia convinto che le sue conoscenze non sono mai immagini del tutto adeguate della realtà con cui ciascuno di noi deve fare i conti. Vattimo, invece, ritiene che oggi la scienza non sia «più un modo di produrre immagini del mondo, ma piuttosto un insieme di procedure di manipolazione (he trasformano continuamente il mondo stesso*. Ammette con me che la scienza moderna ha scosso, proprio col suo sviluppo, il dogma anche filosofico della certezza; ma egli va oltre e sosriene che nella sua fase odierna la scienza respinge non solo tale dogma bensì anche quello della «realtà». «Già ora aire di qualcosa che è "reale" ha la stessa approssimatività e banalità del dire di uno che "è un bravo ragazzo"». Sebbene Vattimo non vi si soffermi nell'elzeviro, è ovvio che, nella sua prospettiva, con il dogma della «certezza» cade anche la «verità» quale idea regolativa della scienza. Chi fa, come lui, l'apologia del nichilismo non può dimenticare che ben si è detto del grande aedo di questo, Friedrich Nietzsche, che egli ha fatto «tentativi spasmodici (ma mai del tutto coronati da successo) di liberarsi dall'istinto della verità». Solo se non ha senso par lare di «vero» e di «falso» si può generalmente auspicare «un'esperienza fabulizzata della realtà». L'opposizione dei nostri due punti di vista può essere quindi rappresentata come opposizione tra una concezione «realistica» e una «strumenta Ustica» della scienza. Mentre 10 credo in una realtà di cui facciamo parte e che cerchia mo di capire, ma che non di pende solo dal nostro capire, 11 quale può riuscire o fallire, Vattimo non crede invece né nella consistenza di oggetti né in quella di soggetti, ma in una fluidificazione totale in cui rutto ha la vaghezza dei •sogni e delle favole. E' evidente che si tratta d due visioni del mondo radicalmente opposte e non solo di diverse immagini della scicnza: ci orientiamo secondo irriducibili prese di posizione ori ginaria circa il «senso» oltre la «realtà» delle cose. E sarebbe assurdo cercare di «provare» la validità esclusiva dell'una o dell'altra, perché la determinazione dei criteri di prova dipende proprio dall'assunzione di una tra esse. Nel caso delle •visioni del mondo vale il vecchio detto che non si deve disputare circa i gusti. Si possono ruttalpiù cercare argomenti per rendere plausibile il nostro atteggiamento od e o originario. E Vattimo ritiene di aver trovato un argomento forte e decisivo in certi presunti caratteri della scienza contemporanea. Si trova così in numerosa compagnia: quella dei «crisiologi», che hanno creduto e credono di dover interpretare le svolte concettuali della scienza nell'ultimo secolo come trasformazione di essa da «realistica» a «manipolazione» strumentale. E' su questo punto che non sono d'accordo. Innanzitutto, la Concezione strumentalistica è molto vecchia. L'incontriamo, ad esempio, già nell'antichità e nel Medioevo a proposito dell'astronomia. Fu Copernico, soprattutto, che ebbe il coraggio di non accettare un'astronomia calcolatoria, che pur permetteva un calcolo dei fenomeni celesti, senza che essa fosse anche sorretta dall'esigenza di dare una descrizione per quanto possibile «vera» dell'universo. Cosi egli si opponeva alla tradizione strumentalistica, accettata pure da gran parte dei suoi contemporanei, Ma che lo strumentalismo, quand'anche reggesse, non porti di per sé alla dissoluzione del concetto di «realtà» è mostrato proprio da tali astronomi, per cui lo strumentalismo significava soltanto un'incapacità della scienza di attingere la realtà più profonda verso cui, per essi, altre erano (come la Rivelazione) le «vere» vie d'accesso. I «crisiologi», tuttavia, ritengono che la scienza odierna porti addirittura a un necessario abbandono della visione «realistica» del mondo. E anche qui mi trovo in disaccordo, perché se è vero che tale tesi fu sostenuta, mettiamo, da Ernest Mach, il nume dell'attuale revival strumentalistico, sin dalla fine del secolo scorso, è altrettanto vero che un altro strumentalista a lui coevo, Pierre Duhem, ebbe la convinzione, come i teologi medioevali, che ci sia una «realtà», sebbene essa non sia attingibile per la scienza. Servirsi dello strumentalismo della scienza contemporanea per rendere plausibile, contro una visione realistica del mondo, quella di un'espe-' rienza fabulizzata della realtà, mi pare impresa avventata Tanto più che, se vi sono pa> recchi scienziati (specie fisici) che scelgono la visione anti realistica con cui si illudono di emarginare problemi fasti diosi, ve ne sono di non meno numerosi i quali pensano che la loro ricerca abbia senso solo entro una visione realistica, mirando essa a cogliere, sia pure in modo approssimato, la struttura del reale. Proprio Albert Einstein, in cui Vattimo scorge l'inizio del disfarsi del concetto di «reale» ha sempre ribadito contro i fisici strumentalisti che la scienza fisica è «un tentativo di afferrare concettualmente la realtà*. Vattimo rileva bene che il concetto di «realtà» muta sto ricamente i suoi contenuti non solo rispetto al senso comune, bensì anche rispetto a determinati modelli scientifici. Ciò che. chiamiamo «reale» è sempre, diversamente da come pensa il realista ingenuo, risultato anche di una nostra costruzione teorica. Ma che un concetto cambi contenuti non significa che si dissolva si dissolve solo per chi sia ancora nell'illusione del mito della certezza, sicché o la realtà è definita una volta per tutte o non c'è. Le costruzioni scientifiche si distinguono dai sogni per' che sono messe alla prova e possono essere smentite confermate da un'esperienza non completamente in balia delle nostre manipolazioni. Ammettiamo pure qualche analogia tra il dire che qualcosa «è reale» e il dire di uno che «è un caro ragazzo*: ossia, che sono costruzioni tanto «l'esse' re reale» quanto «l'essere caro». Ma li prima è una costruzione non puramente soggettiva com'è la seconda. Ha sen so dire di un uomo e non di un bidone di spazzatura che «i un caro ragazzo*. E le «realtà» del bidone e della persona non dipendono solo dai nostri gusti. A meno che si sogni il mondo come un brodo torbi do in cui rutto si confonde. Ma c'è poi, sempre, un brusco risveglio. Francesco Barone pp

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