Genova, la crisi attracca al porto

Genova, la crisi attracca al porto La difficile e faticosa evoluzione del grande scalo ligure Genova, la crisi attracca al porto I moli sono meno affollati: poche navi all'ancora in mare aperto e qualche giorno nessuna - 11 traffico nel 1982 è diminuito del 6,4 per cento - Nessuno più minimizza: s'intrecciano proposte, accuse, autocritiche - Il sindaco Cerofolini dice: «La responsabilità è di tutti» La grottesca lotta per la poltrona di presidente del consorzio autonomo che amministra il porto - Ammesso che si riesca a costruire il nuovo scalo di Voltri in pochi anni, Genova non sarà competitiva finché non verranno aggiornati i sistemi di lavoro e le tecnologie DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE GENOVA — 11 capitolo di storia genovese legato al porto e all'Industria pesante si sta consumando in un tramonto senza fulgori. Il porlo è caduto in una crisi visibile anche dall'esterno: moli meno affollati, poche navi,all'ancora in mare aperto (qualche giorno nessuna e in passato aspettavano settimane per trovare un posto alla banchina). Migliaia di posti di lavoro sono in pericolo all'acciaieria Italslder, un tempo all'avanguardia in Europa. Ancora a tramonto ai cantieri navali, quelli clic avevano dato ai genovesi gli ultimi scatti di orgoglio marinaro con la "Michelangelo» e la «Leonardo da Vinci.. finite tristemente. . I mali che colpiscono Genova sono dovuti in parte al ripiegamento dell'economia mondiale e alla caduta del mito dell'espansione continua. Siderurgia e cantieristica vengono ridimensionate ovunque; diminuiscono i consumi e perciò 1 trasporti di petrolio, di merci di ogni genere. Nei porti europei e americani sono in disarmo 1600 navi. Le superpetroliere da 400 mila tonnellate sono in vendita a prezzo di rottame. Nei grandi porti i traffici si contraggono: Rotterdam aveva raggiunto i 300 milioni di tonnellate nel 1980, è scesa a 250 nel 1982. Nei primi mesi dell'anno in corso «lesini un calo del tredici i>er cento. A Le Havre nel 1982 diminuzione del venti per cento, a Marsiglia del 5,6 per cento. Nei porti italiani la media è stata del 7,5 per cento in meno, a Genova del 6,4. Ma questo porto soffre una sua crisi all'interno di quella generale. Va molto peggio di quanto dicano le statistiche, comprendenti merci povere e ricche. La debolezza di Genova si è fatta allarmante proprio nel settori pregiati. Nel traffico In container* da tre anni è stala scavalcata da Livorno; ora sta cedendo il passo a La Spezia, un piccolo porto secondario nel sistema ligure, rivelatosi più pronto a cogliere i segni dell'evoluzione nelle tecniche navali e portuali. Nessuno più minimizza; si intrecciano proposte, accuse, autocritiche. 11 sindaco Cerofolini dice: «La responsabilità è di tutti noi gcnoi>csl più che di una amminislraeione. Avremmo dovuto svegliarci e drammatizzare la crisi del porto qualche anno prima-.. Gian Vittorio Cauvin, presidente della Camera di Commercio: «Ci eravamo abituati a considerare il nostro porto un passaggio obbligato, a vivere di rendita. Molti pretendevano non cambiare nulla' finché i guadagni arrivavano. Poi qualcuno ha abbandonato il porto quando la situazione si è fatta insostenibile-. Jack Clerici, armatore ed esponente della élite mercantile che ha rapporti oltre i mari, è molto pessimista. Dà senza peli sulla lingua i suoi giudizi: «Abbiamo sempre delegato ai politici locali la tutela dei nostri interessi, con atteggia mento spregiativo. Ecco i risultati. Non abbiamo avuto neppure più forza di appoggiare candidati competenti alla presidenza del Consorzio autonomo portuale, abbiamo sopportato per anni il presidente Dagnino che ha distrut¬ to l'organizzazione e la struttura del porto-, 11 duro accenno personalirimette in primo piano la grottesca lotta per la poltrona di presidente del Consorzio autonomo che amministra il porto con 1 poteri di una repubblica separata. Il presidente Dagnino, socialista, era scaduto nel gennaio 1981. E' tuttora al suo posto. Ottima persona, da tulli stimata, ha un difetto imperdonabile nel mondo portuale e armatoriale, quello di essere un professore di liceo, amante delle lettere e della filosofia. 11 successore (anche i comunisti d'accordo) avrebbe dovuto essere un esperto con qualilà manageriali. Ebbene, i .socialisti genovesi tentarono di imporre candidati di tutt'altro tipo, sbarrarono la strada a quelli più idonei anche del loro stesso partito, come Titti Oliva, industriale e amministratore di un'azienda pubblica Sono passati più di due anni, ancora si sta discutendo, mentre la crisi del porto si aggrava. Ma basterebbe un nuovo presidente di grande statura e competenza per superarla, cancellando anche i cento miliardi di passivo del Consorzio? La Camera di Commercio sta elaborando una proposta ideata dal presidente degli industriali Giuseppe Manzini (cede in questi giorni la carica al petroliere Riccardo Garrone, dopo quasi quarant'anni di attività silenziosa, da protagonista in ombra). Dice Cauvin: «Per uscire dalle sec¬ che la nostra formula è questa: una società a capitale misto, pubblico e privato, ottiene in concessione il nuovo porto di Voltri (pochi chilometri a Ovest di quello esistente). Lo costruisce e lo gestisce come si fa con le autostrade. Lo Stato si impegna a versare per un arco di tempo sufficiente il suo contributo, che oggi è di 43 miliardi l'anno per soli tre anni, e la società ottiene da un pool di banclte, probabilmente estere, il finanziamento dell'opera». Ammesso che si riesca a costruire il nuovo porto di Voltri In pochi anni (il progetto risale al 19C4) Genova non sarà competitiva finché non verranno aggiornati i sistemi di lavoro e le tecnologie. Prevale la tendenza ad addossare ogni responabilità ai portuali organizzati nella Culmv. compagnia unica in regime di monopolio. Troppo numerosi (sono 5600. ne andranno in pensione 1300) e abituati ad alti guadagni anche con traffico ridotto, sarebbero la causa principale della lentezza delle operazioni e dei loro costi. La verità, facilmente accertabile, è più articolala. Nicola Costa, a capo del settore armatoriale del gruppo di famiglia, mi dice: «I costi insostenibili del porto di Genova sono dovuti anche alla irrazionale utilizzazione dei portuali è degli spazi. Manca una regia del lavoro in porto. In più i binari interferiscono Ira loro, molti magazzini sono inutilizzati, le gru e le attrezzature sono in parte superate». Una somma di fattori negativi produce la | crisi di Genova. Lo stesso Nicola Costa mi fa questi esem-1 pi: «Lo sbarco di un container costa a Genova 200 dollari, ad Amburgo 125. a Rotterdam 100». Verifico il dato al Consorzio del porto: il costo ufficiale è di 320 mila lire. Per una gru si mobilitano 28 uomini contro 14 negli altri porti nazionali e 8 nei jiorti esteri concorrenti. 11 documento del pei sul porto riconosce che la produttività non è soddisfacente e dà una serie di indicazioni pelli rinnovamento della Compagnia unica dei portuali. «La riorganizzazione del lavoro è necessaria ma inseparabile da quella dell'intero sistema portuale-, mi dice il segretario della federazione. Pareri analoghi raccolgo da armatori, dal sindaco, da esponenti dell'economia genovese. Ma il passo dalle autocritiche, dalle enunciazioni teoriche alle iniziative concrete non è facile, anche se le concordanze di fondo sembrano incoraggianti. Anzitutto c'è da superare lo scoglio della nomina di un ' presidente idoneo. Poi, chiarita la formula della società mir sta, va combattuta la battaglia per ottenere dallo Stato i 1 inan/.iameni i necessari. Mario Fazio