Crollano le nostre commesse all'estero di Mario Salvatorelli

Crollano le nostre commesse all'estero Il convegno del «Made in Italy» cerca un rilancio dell'export italiano Crollano le nostre commesse all'estero Nel 1982 nuovi contratti per 2350 miliardi contro i 5730 del 1981 - I motivi: difficoltà finanziarie del Terzo Mondo e dei Paesi petroliferi, elevato costo del credito • Interventi di Colombo, Capria, De Michelis, Carli e Manca ROMA — La nostra bilancia industriale, cioè lo scambio con l'estero dei prodotti dell'industria (al netto dei disavanzi petrolifero e agricolo), si è chiusa nel 1982 con un attivo di oltre 18 mila miliardi di lire. Questo dato, desunto dalla relazione che il ministro del Commercio con l'Estero. Nicola Capria, ha fatto ieri al convegno promosso dall'Associazione «A/ade in Italy-, sul tema dei grandi lavori all'estero, dovrebbe fare giustizia del luogo comune, secondo il quale noi esportiamo soprattutto •fantasia e stile-. Non c'è dubbio che queste doti siano alla base del successo di certi nostri prodotti, ma il bilancio 1982 c'insegna che ci siamo imposti anche nella tecnologia evoluta, spesso d'avanguardia. Pertanto, l'innovazione deve assumere, per l'economia interna e i conti con l'estero, un carattere di priorità. In questo discorso sugli scambt internazionali, si sono inseriti, non solo perché erano il tema del convegno, ma perché rappresentano, in un certo senso, la bandiera delle nostre esportazioni, i grandi lavori all'estero. Guido Carli, che ha si-olto la relazione di base, nel sottolinearne questo aspetto di rappresentanza e al tempo stesso di •sfondamento-, ha dovuto, però, segnalarne la crisi. Infatti, da nuovi contratti per 7580 miliardi di lire (con potere d'acquisto 1982). registrati nel 1976, e che rappresentano un massimo j storico, ci siamo mantenuti a I un buon livello, fino ai 5730 i miliardi del 1981. ma l'anno scorso siamo crollati a 2350 miliardi e. quest'anno, l'andamento è ancora cedente, mentre aumentano le difficoltà per riscuotere anche i crediti sui lavori già eseguiti. Si possono ben comprendere sia l'andamento cedente degli ordini, sia le difficoltà di riscuotere i crediti, dal momen to che oltre la metà dei lavori riguardano Paesi in via di sviluppo e l'altra metà è, in gran parte, concentrata nei Paesi petroliferi, gli uni e gli altri investiti da una crisi da eccesso di programmi economici, rispetto alla contrazione delle entrate. E la relazione di Carli si è diffusa su questi due temi: l'indebitamento del Terzo Mondo e il capovolgimento dei rapporti tra Paesi esportatori e Paesi consumatori di petrolio. Nel primo, c'è da sottolineare la garanzia, indiretta ma esplicita, della Riserva Federale degli Stati Uniti, alle banche creditrici verso il Terzo Mondo, con l'invito a loro rivolto, non solo di non •tagliare- t crediti, ansi di aumentarli. Infine, per quanto riguarda il calo dei pressi del petrolio. Guido Carli ha suggerito ai Paesi consumatori di destinare parte del minore esborso di valute per le loro importazioni petrolifere a un maggiore concorso, sotto forma di finanziamenti, allo sviluppo dei Paesi emergenti. Tutto ciò, ha concluso Carli, dovrebbe stimolare un adeguamento della nostra politica di assicurazione e finanziamento dei crediti all'esportazione, per difendere la presenza italiana, con i prodotti dell'industria e con i grandi lavori, sui mercati esteri. Ai suggerimenti di Carli si sono associati, con i loro interventi, il ministro degli Esteri, Emilio Colombo, e il presidente della Commissione Industria della Camera, Enrico Manca. Colombo ha, inoltre, ricordato che lo sviluppo delle nostre esportazioni dipende, in primo luogo, dalle condizioni in cui si forma la produzione nel Paese e nelle aziende. Ita messo in guardia contro un'indiscriminata concessione di credito agevolato anche per operazioni povere di tecnologia e cìie, quindi, si risolvono in •mere concessioni alle imprese- e ha insistito sulla necessità di rafforzare i coordinamenti, per rendere ottimale il rapporto tra risorse ed esigenze. Manca ha proposto la costituzione di una grande società di •trading-, a maggioranza pubblica, per gli scambi internazionali, e, al tempo stesso, una riforma dell'Ice, Istituto commercio estero, per fare uscire questo ente dal parastato e trasformarlo in un'agenzia, in cui siano coinvolti gli operatori economici. A conclusione è intervenuto il ministro De Michelis die ha ammonito: •L'export italiano ha retto negli ultimi anni il mercato internazionale grazie al forte contributo della qualità dei suoi prodotti, che ha largamente compensato le gravi carenze dell'economia interna: un miracolo che non può più continuare, pena la nostra emarginazione dal commercio mondiale. •Il sostegno all'esportazione deve avvenire — ha detto De Michelis — dal perseguimento di una coordinata politica di rilancio. Occorre quindi — a giudizio di De Michelis — ridurre il costo del denaro, ottenere in tal modo una contrazione del servizio del debito pubblico, e rilanciare gli investimenti statali. Solo rispettando queste direttrici — ha concluso — si potrà evitare di perdere definitivamente il confronto con le altre economie occidentali-. Mario Salvatorelli rmvdgPaedzp

Luoghi citati: Roma, Stati Uniti