Bocciato in Usa, re a Roma
Bocciato In Usa, re a Roma LARRY WRIGHT Sta guidando il Banco sulla via dello scudetto Bocciato In Usa, re a Roma Il basket professionistico americano lo ha scartato dopo sei stagioni: «Ha un bel tiro, ma non sa fare il regista» dicevano di lui DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE ROMA — Che Wright intendesse fare sai serio nei playoff, fino a guidare il Bancoroma verso il titolo italiano, l'avevano capito tutti qualche settimana fa, quando Larry aveva caricato moglie e figlioletti su un volo intercontinentale: 'Voglio starmene solo e tranquillo — aveva spiegato — e concentrarmi sui fatti miei, che al momento solo soltanto i fatti della mia squadra*. Dopodiché si era immerso nella trance agonistica, impressionando perfino il suo allenatore Bianchini, che di' queste metamorfosi psichiche è un esperto, per pratica personale. •Di campioni capaci di calarsi totalmente nella parte, fino a non vedere altro che l'obiettivo da raggiungere, quasi stampato a fuoco sui propri orizzonti, ne avevo iteti altri — racconta 11 "professor" Valerio —. Ricordo l'anno scorso, a Cantù, Sigei Kupec: un mese prima della finalissima di Colonia col Maccabi, girava insonne per le stame cercando uno specchio per gridarsi in faccia: "Tu devi vincere la Coppa dei Campioni". Questo Wright è della stessa pasta: sono uomini che in certe occasioni non ti tradiscono*. Wright non ha tradito. Tra semifinale e finale ha finora massacrato il prestigio di Piero Marzorati e Mike D'Antoni, ha fatto strage dei due più celebrati playmakers del nostro basket, è diventato un idolo in tutta Roma (e non soltanto a Roma), è stato accostato a Falcao, come leader, e a Bruno Conti, come piccoletto: difficile far capire al profano che questo minuscolo missile color carbone è allo una buona spanna più di Conti, e — per restare a un paragone calcistico — non è molto più basso di Brio, sfiorando il metro e 85. Sensazionali, in particolare, la sua seconda partita contro la Ford, a Cantù, e la prima, due giorni fa, contro il Billy. Un folletto imprendibile, capace di ogni possibile prodezza atletica (se Marzorati salta 1,90 in alto, quanto salterà Wright? E che tempi vale nella corsa veloce?) e di ogni virtuosismo tecnico. I quindicimila dell'Eur e i telespettatori si sono esaltati per 11 suo show personale: quei palleggi a tre centimetri da terra, quei voli a tre metri di quota, quei passaggi smarcanti, quei canestri da sette e più metri, col pallone fiondato come un proiettile nel cuore del bersaglio. Impossibile marcare quel tiro. Il segreto è in quello che in gergo si chiama «arresto». Larry si arresta e salta ad una velocità Incredibile: sta ancora correndo (o almeno cosi pare all'avversario che lo segue) e già si è bloccato e si è arrampicato nell'aria per il jumpshot. Era una qualità che gli era riconosciuta anche negli Stati Uniti: -Questo tipo ha un tiro da campionato professionistico*, dicevano alla Grambling University, dove Wright — nato a Monroe, Louisiana, il 23 novembre del '54 — studiava per laurearsi in Educazione fisica. E i professionisti lo misero alla prova nella favolosa Nba. Quattro anni a Washington, con i Bullets, fra il 76 e l'80: ma senza molta fortuna, pochi minuti di gioco per partita, otto-nove punti, un titolo Usa conquistato con molta panchina. Scaduto il contratto, restò disoccupato finché lo ripescarono 1 Detroit Pistons: altri due anni senza gloria, molti piccoli Infortuni. Il coach Scotty Robertson lo apprezzava come tiratore, ma non come regista. Alla fine Detroit puntò sul giovane divo Isiah Thomas e scaricò Larry. Lo raccolse volentieri Bianchini, a caccia di americani per il Banco. Voleva un piccolo dotato di gran tiro (per non far rimpiangere Hicks), di molto sprint in contropiede e di carisma in regia, per liberare da quel compito Gilardi. Wright era una fotografia dei suoi desideri Gianni Menichelli Larry Wrighi, 28 anni, un metro e 85, playmaker del nancoroina
Luoghi citati: Cantù, Roma, Stati Uniti, Usa, Washington
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