Genova, i licheni di Sbarbaro di Alfredo Venturi

Genova, i licheni di Sbarbaro UNA MOSTRA SULLA PASSIONE SCIENTIFICA DEL POETA Genova, i licheni di Sbarbaro DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE GENOVA — Davvero composita, la bibliografia che ci ha lasciato Camillo Sbarbaro. versi, naturalmente, e le prose liriche, dalle resine ai trucioli ai fuochi fatui alle bolle di sapone. Le traduzioni, sul duplice fronte dei classici greci e dei grandi romanzi francesi. Ma anche le comunicazioni scientifiche, proprio cosi, in risonante lingua latina. Qualche titolo? Liclienes ligustici novi vel rariores, uscito nel '41 a Genova, negli annali del Museo di storia naturale. Novae lichenum species in Italia (praesertim in Liguria) inventae annis 1922-1955: pubblicato nel '56. Di nuove specie di licheni, Sbarbaro ne ha inventate (scoperte) la bellezza di 127; a una di queste il classificatore Jugoslavo Miroslav Servit ha senz'altro attribuito il nome del poeta ligure: Polyblastia Sbarbaronis. •Mi ingombra la stanza, la impregna di sottobosco un erbario di licheni; scriveva il poeta in uno dei suoi trucioli, e pareva parlasse di un hobby, una passioncella da scontroso eremita. Come si è visto, è invece un hobby che raggiunge e supera la soglia dell'interesse scientifico. Nei giorni scorsi si è aperta a Genova una mostra che racconta il singolare itinerario del poeta che se ne andava, con un martelletto, uno scalpello, una lente, fra I monti della sua Liguria ma anche altrove, dovunque potesse, a scoprire e raccogliere queste •esistenze in sordina», queste •vite scartate», o 'ignorate». Altri licheni gli arrivavano per posta da tutto 11 mondo e lui a sua volta spediva i suoi campioni un po' dappertutto, suscitando in qualche caso I sospetti della polizia fascista. Ogni tanto Sbarbaro aveva bisogno di soldi, e offriva in vendita una sua raccolta: sono finite in Svezia, negli Stati Uniti, in Giappone. Tranne l'ultima, che è invece al Museo genovese di storia naturale: racconta la sorella del poeta che un bel giorno, nel '62, Camillo fece una croce accanto all'ultimo esemplare raccolto e classificato. Aveva già i suol anni, scttantaquattro: e non poteva più affrontare le brevi arrampicate su roccia che a volte erano necessarie per raggiungere la macchia verde o rossa dei licheni. Cosi fece dono della sua raccolta al museo genovese. Eccoci dunque alla mostra «Sbarbaro e i licheni». E' a Palazzo Bianco, resterà aperta fino a fine aprile. Organizzata dal Comune di Genova, l'ha curata Carlo Cormagi, che fu legato a Sbarbaro da una lunga amicizia e dalla comune passione per queste forme di vita di cui. come scriveva il poeta, -quando si è detto die appartengono al mondo vegetale si è detto tutto ciò che di certo sul loro conto si sa». Ci sono licheni della raccolta Sbarbaro, prestati dal Museo di storia naturale, ma anche esemplari vivi. Lo scopo di questa mostra, dice Cormagi, è «/ar vedere i licheni cosi come li vedeva Camillo». Che cosa ci vedeva, dunque, il delicato poeta, il grecista raffinato, in queste associazioni di alghe e funghi, in questo parassitismo reciproco che rende possibile una vita altrimenti negata? «72 senso drammatico della forma», risponde Cormagi. E invita a osservare gli ingrandimenti fotografici di Ferdinando Galardi e Camillo De Camillis. le riproduzioni di quelle forme ingrandite che lui stesso. Cormagi, ha fatto su sabbia o vetro soffiato, il disegno dei moduli elementari rego da suo figlio Claudio, infine le interpretazioni di un pittore altoatesino, Franz Fischnaller. Quest'ultimo sembra dar ragione a una interpretazione di Cormagi: che in qualche modo fa piazza pulita delle interpretazioni critiche ufficiali. Se Attillo Sartori parla di rapporto fra 'attenzione al microcosmo naturale e lettura poetica del mondo»; se Gina Lagorio indica la «scoperto e conte7nplazione di un mondo sottratto al più». Cormagi imbocca una strada semplice e suggestiva: »In fondo si assomigliavano». Chi si assomigliava? 'Sbarbaro e l licheni: lui era un lichene, cosi restio, così ritroso». L'amico del poeta insiste: »Se si analizzano queste forme, questi colori, si scorgono prepotenti due aspetti, la solarità per dirla alla Montale, la tortuosità». Solarità e tortuosità: che Cormagi individua senz'altro come le due facce di Sbarbaro. Con in più una componente demoniaca, che Fischnaller mette per l'appunto in evidenza rappresentando il poeta-lichene, la faccia ridente avvolta da questa misteriosa vegetazione. Ci sono poi alla mostra i testi, le fotografie dei luoghi, i carrugl di S polonio, il mare grigio sul quale «il sole balza... Sciorinandosi ai piedi un tremolante tappeto arancione». Ci sono le lettere, ecco due biglietti del '57, scritti l'uno dopo l'altro a Cormagi che aveva ricevuto la raccolta del poeta in vista di un'esposizione. Dice 11 primo: 'Nessuna trepidazione per i licheni in sue mani c nessuna paura di ricuperarli». Dice il secondo, di pochi giorni posteriore: •Manco di notizie dei miei licheni. Approssimativamente, quando potrò riaverli?». Le 'esistenze in sordina» gli erano insomma care e necessarie. Forse gli era indispensabile verificare la presenza di un'organizzazione di vita nell'apparente Inanimata fissità delle forme. In anni lontani, 11 poeta aveva scritto parole come queste: «Forse mi vado mineralizzando. Già il mio occhio è di vetro, da tanto non piango; e il cuore, un ciottolo pesante». Alfredo Venturi

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