Montreal, inquietanti fiordalisi di Mario Pirani

 Montreal, inquietanti fiordalisi NEL QUEBEC TRA SOGNI DTNDIPENDENZA E CRISI ECONOMICA Montreal, inquietanti fiordalisi Dopo la scomparsa del terrorismo, il partito nazionalista francofono ha realizzato una completa autonomia dal Canada - Lévesque, primo ministro del governo locale, vuole «prendere in mano tutto il potere» e indire elezioni-referendum per il distacco definitivo - Ma deve fare i conti con la disoccupazione, mentre rassicura Washington: «Non ci sarà il castrismo sul San Lorenzo» DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE MONTREAL — Le bandiere dei re di Francia — o per essere più esatti della loro marina — con i quattro fiordalisi e la croce bianca in campo azzurro, sventolano sui pennoni innalzati nelle piazze e dalle finestre di tutti gli edifici pubblici di Montreal. La guida mostra il balcone dell'Hotel de Ville da dove nel 1967, dopo aver risalito su un vascello da guerra il San Lorenzo, percorrendo l'antica ..via dei sovrani» che da Versailles venivano a visitare i loro domini d'Oltreoceano, il generale De Gaulle esclamò: «Viva la Francia, viva il Quebec libero!». ' // tripudio delle centinaia di migliaia di astanti fu enorme, ma l'irritazione del governo canadese e del premier Trudeau alle prese con una rivolta autonomistica die in quel periodo scivolava nel terrorismo (un ministro venne rapilo e strozzato) costrinse De Gaulle a interrompere il viaggio e a rientrare a Parigi. La ventala indipendentislica non si è però acquetata e se il terrorismo è scomparso, ha preso piede e si è imposto un movimento politico sempre più vigoroso che dal 1976 ha portato alla testa della provincia (una provincia con 6 milioni e mezzo di abitanti, grande come messa Europa e die si estende dalla frontiera americana fino ai ghiacci della baia di Hudson) il partito nazionalista francofono, il Parti Québécois, guidato da René Lévesque, primo ministro del governo locale, che ha imposto, fra l'altro, il francese come lingua unica ufficiale. Non si tratta però solo di una paradossale rivincita contro gli inglesi, che nel 1760 con la battaglia delle Plaines d'Abraham strapparono a Luigi XV i possedimenti del Nord America, ma di una realtà attuale. Dietro la vernice un po' folcloristica del -fiordaliso ritrovato» vi è un processo profondo di autoi dcnlificasione nazionale die coinvolge sia i partigiani dell'indipendenza totale, rap presentati dal Parti Québ6 cois, sia quelli dell'autonomia nel quadro dello Stato federale canadese die seguono in prevalenza il partito li berale. Del resto, il fenomeno ha ripercussioni anche nelle province anglofone, soprattutto nelle più ricche come l'Alberta e la Columbia britannica, dove specularmente' al Quebec lievitano tendenze centrifughe conservatrici in opposisione ad Ottawa, la capitale federale. Per il leader separatista dell'Alberta, Gordon Kesler, persino il sistema metrico decimale introdotto di recente in Canada... è una invensione del sovietici. «Diabolico» Ad avviso di questo signore che ha ottenuto il 10 per cenato dei voti le province dell'Ovest debbono sfuggire all'influensa francofona die inquinerebbe ormai andie Ottawa dove un governo «diabolico» mina la morale, la religione e l'economia capitalistica. «Pierre Trudeau, esclama Kesler, vuole imporre la sua dittatura socialista francese all'Ovest che è sempre stato inglese e favorevole alla libera impresa. Il bilinguismo ufficiale costa miliardi di dollari mentre i quebecchesl a casa loro non sono neppure obbligati a conoscere l'inglese». A Montreal, di contro, il premier canadese, Trudeau, malgrado sia di origine francofona, è considerato dagli irredentisti irriducibili poco meno di un transfuga. Il ministro delle Comunità culturali e dell'immigrazione del Quebec, Gerald Godin, ribadisce: «Noi dobbiamo conquistare l'indipendenza e accordarci con i nostri vicini — il Canada e gli Stati Uniti — per quanto riguarda il mantenimento degli impegni Nato e i rapporti monetari ed economici». La definizione del Canada come «entità artificiale» ricorre a ogni pie sospinto. Eppure quando il partito di Lévesque tentò nel 1980 la carta del referendum per la proclamasene dell'indipendenza l'opzione venne respinta dal 60 per cento dei cittadini della provincia. Oggi, peraltro, essa viene riproposta. Il 23 marzo all'apertura del Parla- mento di Quebec il primo ministro ha sostenuto di nuovo l'esigenza di «prendere in mano tutto 11 potere» e ha annunciato che le prossime elezioni legislative (die dovrebbero aver luogo fra tre anni) avranno in proposito un carattere referendario. In altri termini, se il Pq (il partito quebecchese) otterrà ancora la maggioranza, questo implicherà una scelte dell'elettorato a favore dell'indipendenza ed essa verrà proclamata dal nuovo Parlamento. E' una decisione die potrebbe vero costar cara all'attuale partito di governo, seriamente provato dagli effetti della crisi economica (14 per cento di disoccupazione, 12 per cento d'inflasione, deficit pubblico pari al 7 per cento del prodotto interno lordo), dai contrasti che le misure di austerità hanno provocato con i sindacati die fino a ieri lo appoggiavano, dalle critiche die l'eccessivo intervento statale nella attività economica hanno suscitato. «Questa storia dell'indipendenza è zuppa per gatti», mi dice Michel Roy, autorevole giornalista di Montreal, direttore de La Presse, il più grande giornale locale, «e quando le cose si mettono male il governo la tira fuori. E' ora di prendere una decisione una volta per tutte e ben vengano in questo caso le elezioni». «La gente ha altro da pensare, continua Roy, e 1 patiti dell'indipendenza totale non superano il 25 per cento. E' un coacervo in cui confluiscono le vecchie correnti di destra che durante la guerra parteggiavano per Pétain e non volevano l'intervento a fianco degli Alleati (il sindaco di Montreal venne arrestato nel 1940 per un discorso favorevole all'Italia di Mussolini, patria d'origine di molti suoi elettori, e contrarlo alla coscrizione obbligatoria) e i movimenti di sinistra degli Anni 60 che si ispiravano al terzomondismo. L'ala progressista uscita dal partito liberale, e che guidata da Lévesque 11 ha amalgamati dando vita al Pq, ha guadagnato le elezioni anche nel 1981 mettendo la sordina agli slogan lndlpendentistici. Oggi 11 risuscita ma la gente è angustiata da ben altri problemi, prima di tutto da un milione di disoccupati su sei milioni di abitanti». I timori Giro le obiezioni al ministro Godin. Giornalista, poeta, partigiano convinto dell'indipendenza che negli anni caldi gli costò anche alcuni mesi di prigione, Godin spiega che la proclamazione dell'indipendenza non deve destare i timori di una nuova Cuba ai confini settentrionali degli Stati Uniti. «Ci ispiriamo, dice, piuttosto al socialismo viennese e non certo a quello dell'Avana. Non è proprio il caso di temere il castrismo sul fiume San Lorenzo. Se alle prossime elezioni conquisteremo l'indipendenza daremo prova di essere un partito progressista, interventista nell'economia ma anche realista e pragmatico. «Negozeremo un'associazione con 11 Canada e un'intesa con gli Stati Uniti, spie- ga Godin. Siamo molto più nordamericani che canadesi. Il Canada quasi non esiste, ma noi siamo gli avamposti della lingua francese nell'universo nordamericano di cui rappresentiamo il 4 per cento e dobbiamo chiederci se nella grande trasformazione telematica in atto ci sarà posto per la nostra lingua. Ecco cosa significa anche l'indipendenza». Per i dollari «L'indipendenza, conclude, ci permetterà inoltre di trattenere qui i 10 o 12 miliardi di dollari che versiamo come tasse al governo federale ed assicurare cosi il nostro sviluppo tecnologico. E poi, come lece Nasser a suo tempo per il Canale di Suez dovremo far noi per la via marittima del San Lorenzo che collega l'Atlantico con le metropoli industriali del Grandi Laghi. Perché le royalties deve prendersele Ottawa e non noi?». Ma proprio il peso strategico che il Quebec presenta per il sistema nordamericano non potrebbe suscitare una diffidenza insormontabile da parte di Washington verso aspirazioni indipendentiste per di più tinte di socialismo sia pure democratico? Un timore che non sussiste, risponde Godin, a condizione di essere politicamente seri e di tener conto della realtà. «Siamo il castello d'acqua dell'America del Nord e potremo assicurare energia idroelettrica agli Stati Uniti anche quando l'era del petrolio sarà tramontata. I grandi giornali Usa traggono da qui la cellulosa per la loro carta. Il nostro interscambio è per la maggior parte legato agli Stati Uniti e alle altre province canadesi. Un Quebec indipendente non potrebbe certo interrompere o mutare questo circuito economico». // die non toglie, ad esempio, die sia un evento poco rassicurante per l'amministrazione Usa la visita a Montreal del premier greco Papandreu, la cui politica crea non poche preoccupazioni alla Nato, accolto con grande enfasi amichevole da Lévesque, che rivendica con queste iniziative la sua autonomia anche in politica estera. Un sospiro di sollievo sia Reagan che Trudeau lo avranno, invece, probabilmente tratto di fronte all'ultimo sondaggio d'opinione che ha visto il Parti Québécois scendere in un anno dal 36 al 19 per cento mentre i liberali salgono al 41 per cento. Dati, peraltro, sicuramente influenzati dalle misure di rigore che Lévesque ha dovuto prendere per. fronteggiare l'inflazione e die paradossalmente i liberali avevano sempre rivendicato. Mario Pirani Montreal. Scritte separatiste sui muri: la ventata indipendentista sarà frenata dai problemi economici?