Il mostro nero punta sugli Emirati Si lavora febbrilmente per domarlo di Mimmo Candito

Il mostro nero punta sugli Emirati Si lavora febbrilmente per domarlo La guerra infuria e rende incerta la conferenza prevista oggi a Kuwait Il mostro nero punta sugli Emirati Si lavora febbrilmente per domarlo Vento e onde rischiano di rendere inutile la barriera galleggiante che protegge il dissalatore di Bahrein -1 massimi esperti mondiali attendono, sinora invano, di poter intervenire - Condannato il Sud della penisola? DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE KUWAIT — La morte nera ormai è qui. SI è arrampicata sulle spiagge del Qatar e del Bahrein, sta addosso a quelle saudite, la si può incontrare in barca al largo del Kuwait. A vederla non fa nemmeno paura, è come una pellicola opaca che riflette appena il bagliore del sole e si muove placidamente con le onde; i tentacoli vischiosi che il mostro nasconde dentro l'acqua — ì milioni di piccole e grandi sfere di catrame, sommerse e appiccicose — più che vederli li si immagina dentro il colore scuro che il mare prende all'improvviso. L'incontro non è nemmeno angoscioso. La natura, accanto, continua la sua vita: ci sono sciami guizzanti di pesci inconsapevoli, alghe verdi che la corrente dondola pigra, qualche raro volo di gabbiani. Ma dentro di sé la morte nera trascina le sue vittime, silenziosa, quasi pacata: impone il senso tragico di un'ineluttabilità sconfortante, come sempre quando si incontra la morte. E la paura comincia a far breccia. Non tanto nel Kuwait, che resta il meno minacciato dal serpente di petrolio. quanto negli Emirati del Sud, dove le correnti e i venti puntano direttamente la testa di questo lungo mostro. La barriera galleggiante che il Bahrein ha messo su a difesa del suo dissalatore di Si tra regge ancora l'assedio: «Se il mare resta calmo e il vento non monta, cela faremo-, assicura un responsabile. Ma se 11 tempo cambia sarà la fine. Sitra è la sola fonte di acqua per il piccolo scelccato, un poco di onde lo metterebbero subito fuori uso. E la sete qui è la dannazione della vita. L'Arabia Saudita assicura che la situazione «è sotto controllo». La morte nera sta soffocando le sue spiagge meridionali, ma dopo l'impianto di Al Khobar non pare che sia necessario provvedere ad altre chiusure d'emergenza. Il Qatar mobilita uomini e barche, fa scavare trincee nella sabbia, tenta di incanalare 11 flusso appiccicoso per rovesciarlo lontano dalle prese industriali. L'Unione degli Emirati si appresta al suo destino affidandosi intanto a due esperti di antinquinamento, il capitano americano Charles Corbett e l'ex guardacoste svedese Roland Engdahl. A Sharjah, l'equipe di Paul •Red» Adair è nuovamente pronta ad Intervenire: attende solo un segnale, ma nessuno sa dire se arriverà mai. Per quest'oggi era prevista qui in Kuwait la conferenza dei Paesi rivieraschi. Il cannone che si sente tuonare da lontano, sul fronte iracheno, non lascia grandi speranze sulla sua convocazione. Oli otto Paesi del Golfo speravano di utilizzare la minaccia della morte ecologica per Introdurre una prima tregua negoziata, sulla quale costruire poi un vero armistizio ge- nerale tra l'Iran e l'Iraq. Ma Teheran ha ancora troppe esigenze di politica interna che premono sulla continuazione del conflitto, e 1 Paesi di questa parte del Golfo mancano della forza politica per imporre la loro speranza al due grandi nemici. La guerra continua e la morte nera si alimenta insaziabile del petrolio che 1 due pozzi di Nowruz continuano a vomitare dentro questo mare. Uno studio dell'Università di Rlad assicura che nella stagione primavera-estate 11 flusso delle correnti spinge le acque del Golfo verso lo Stretto di Hormuz e, dunque, verso l'oceano aperto; solo ad ottobre si registra un cambio netto di direzione. Appare già stupefacente che si facciano calcoli che tengano conto del prossimo ottobre, oggi che siamo appena ad aprile; ma inquieta soprattutto che ci si affidi a una valutazione rassicurante quando la realtà di questa gigantesca chiazza di petrolio sta invece addosso alle coste dell'intera penisola arabica, e una sua parte già la' tocca. Le valutazioni, «segrete», degli esperti di questo mare chiuso danno per scontato che 11 Sud della penisola purtroppo non riuscirà a sottrarsi all'assalto del petrolio. Moriranno le sue spiagge, morirà la barriera corallina, rischierà di patire la sete tutta la sua gente. E l'acqua piena di sfere appiccicose metterà In pericolo le 35 piattaforme petrolifere di questa parte del Golfo, le sue 22 raffinerie, 116 Impianti di liquefazione del gas, le 11 fabbriche di cemento, gli 8 impianti di fertilizzanti, i 4 siderurgici, gli 8 di alluminio, le 26 centrali di produzione di energia elettrica. Il danno diretto per la per-1 dita di petrolio è ancora relativamente basso, circa 12 miliardi di lire: e da queste parti i petrodollari assicurano ricchezze che possono guardare con indifferenza a quella cifra. Ma è la morte della natura che non ha prezzo. CI vogliono due anni per ricambiare l'acqua del Golfo. Ad Abu Dhabl, un ambasciatore di questi Paesi ha detto: >Il problema non è piii di salvare la vita del mare, che è definitivamente compromessa; ora la sola cosa della quale dobbiamo preoccuparci è di bloccare la minaccia che rischia di uccidere la vita dell'uomo». Mimmo Candito

Persone citate: Adair, Charles Corbett, Paul ?red, Roland Engdahl, Vento