Ho visto la morte nera sul Golfo di Mimmo Candito

Ho visto la morte nera sul Golfo Tra l'Arabia e l'Iran un serpente di greggio lungo 300 chilometri Ho visto la morte nera sul Golfo Dove sono arrivate le chiazze i pesci sono già morti • Ogni giorno mille nuove tonnellate di petrolio allargano il velo che ricopre la superfìcie dell'acqua uccidendo plancton e microrganismi • Fallita la missione degli uomini di Paul «Red» Adair - Teheran e Baghdad sembrano irriducibili: il Kuwait tenta una disperata mediazione DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE KUWAIT — La morte nera che minaccia 11 Golfo galleggia ancora lontana dalle coste. Naviga al centro delle acque tra la penisola arabica e l'Iran, allungandosi per centinaia di chilometri. Il vento la muove verso Sud-Ovest, sciogliendola lentamente al calo-; re infuocato di queste latitudini. Sono andato a trovarla ieri con un barcone a motore,, sotto un sole basso e grigio. Le lunghe ore di navigazione non sono bastate a farci finire dentro il serpente di petrolio. Qui 11 Golfo è largo quasi 200 miglia, fin dove slamo arrivati abbiamo trovato solo 1 segni del passaggio della morte. I pesci stavano con la pancia all'aria seguendo il corso dell'onda, perduti tra le strisce di plastica di una vecchia borsa. Bianca come quelle pance uccise dal petrolio. La navigazione è stata monotona. Il mare del Golfo è piatto, soffocante, e le sagome geometriche delle boe che mostrano le secche sfumano dentro il caldo che muove su dall'acqua. Abbiamo seguito la costa per alcune miglia perdendo nell'orizzonte il giallo sporco dei suol deserti di sab¬ bia; poi abbiamo puntato in direzione sud-sud-est. Le alghe e il verde smeraldo dei fondali si sono presto ingrigiti, 1 piccoli uccelli dalle ali bianche e nere che ci hanno seguito a lungo stridendo,hanno poi taciuto. E non si sono tuffali più dentro 11 mare. Non vi erano segnali, l'acqua appariva sempre uguale. Ma non per gli animali, che avvertivano già che 11 la vita era finita. Abbiamo continuato ancora puntando verso i giacimenti sottomarini di Dora AlHout, a sud-ovest del gran terminale iraniano dell'isola di Kharg. La sola compagnia l'abbiamo avuta da quei pesci morti e da qualche chiazza rada di petrolio. L'aria stagnava pesante, ma anche quel mare morto ha voluto esprimere uno straordinario spettacolo di vita: abbiamo incrociato alcuni banchi fitti a migliala di pesciolini non più lunghi di uno o due centimetri, che navigavano pigri a livello d'acqua e poi, all'improvviso, seguendo chissà quale misterioso suggerimento, balzavano tutti assieme fuori dal mare in una cascata vibrante di luce. Il Golfo muore perché 11 petrolio lo soffoca, spengendolo lentamente sotto una pellicola di idrocarburi. Ma la vita continua e può essere ancora salvata. E' solo un problema di tempo: ogni giorno mille nuove tonnellate di petrolio si aggiungono alla coda del serpente nero, ogni giorno migliala di quel piccoli pesci ballerini resteranno intrappolati dentro il petrolio. Venendo qui, sul Golfo, la leggenda che ci siamo portati dietro perde presto i suoi contorni favolistici: l'isola nera di petrolio che galleggia con lo spessore di un metro sulle acque lente di questo mare esi¬ ste solo nella fantasia di qualche pescatore arabo. Ma la realtà che resta, autentica, documentata dai satelliti e dalle valutazioni degli ecologi, è ancora più drammatica proprio per la sua semplicità di dati concreti. Che significano, tutti, la morte del mare. L'incidente da cui è nata la grande macchia cominciò più di due anni fa, quando una petroliera sbandò contro la piattaforma galleggiante di uno del pozzi di Nowruz. a una sessantina di chilometri dalla costa iraniana. La piattaforma restò a galla, inclinata di 45 gradi, fin che a febbraio di quest'anno la forza à i o . del mare l'ha affondata: e dalle tubazioni recise è cominciato allora a fuoruscire HI primo petrolio, con una dispersione nel Golfo da 1500 a 2000 barili al giorno. Teheran prese subito contatto con la società americana di quel Paul «Red» Adair specializzata nel riparare i guai impossibili dei pozzi petroliferi. Arrivò qui nel Golfo il caposquadra di Adair, Billy Dreyer, che studiò la situazione per alcuni giorni e alla fine predispose un plano di Intervento che avrebbe avuto come campo-base il giacimento di Perldoon, quasi al limite delle acque saudite. Era tutto pronto per l'incappucciamento dei pozzi quando, il 2 marzo, un attacco missilistico di elicotteri iracheni su Nowruz incendiò due piattaforme galleggianti (una di due pozzi, l'altra di 4) e recise le tubazioni di un'altrapiattaforma, provocando una nuova perdita In mare di petrolio. Il giorno 3 Billy Dreyer volava su Nowruz e stabili che ■era ancora possibile intervenire». Purché lui e i suoi uomini avessero una assicurazione garantita che durante il lavoro di chiusura dei pozzi non ci sarebbe stato alcun attacco iracheno. La trattativa durò 11 giorni, pagata dal governo Iraniano | con una tariffa diaria di 150 | mila dollari; alla fine, Dreyer rientrò in America con la sua squadra. I giacimenti di Nowruz sono alla latitudine di 39° 32'42" Nord e 49° 25'7" Est; il petrolio vien fuori a una profondità di circa 20 metri, ormai con una dispersione in mare che supera 1 3000 barili al giorno. Là dove 11 greggio balza fuori con violenza dall'acqua, è magari possibile immaginare una massa nera, liquida e spessa, che gorgoglia e si appoggia sul mare; ma poi il petrolio si allarga velocemente,' Mimmo Candito (Continua a pagina 2 In quarta colonna)

Persone citate: Adair, Billy Dreyer, Dora Alhout

Luoghi citati: America, Arabia, Baghdad, Iran, Kuwait, Teheran