Dal greggio sgorga un mare di debiti
Dal greggio sgorga un mare di debiti Banche e prestiti del Terzo Mondo Dal greggio sgorga un mare di debiti Le considerazioni che seguono partono da alcune premesse, che perciò occorre precisare. Se infatti esse fossero ritenute o non vere o irrilevanti, non sarebbe il caso di procedere nella discussione cosi come viene impostata. I | I La crisi del petrolio dell'inizio dello scorso decennio ' 1 ha accelerato una tendenza avviata già da vent'anni: la necessita — indipendentemente da motivazioni di bilancia commerciale o corrente — di esportare in qualche modo detcrminati prodotti per tenere occupati maestranze ed investimenti esistenti, illudendosi di risolvere, anche se apparentemente e temporaneamente, il problema, politica dell'occupazione, applicando il noto principio àeXVaprès mot le dèluge. I o I Appare evidente che i prodotti in questione potevano LtJ andare solo in modesta quantità ad altri Paesi industriali (supposti buoni pagatori) e che per l'aliquota principale non potevano essere assorbiti che da Paesi cosiddetti «in via di sviluppo». Nel clima di squilibrio creato dalla crisi petrolifera di fattura Opec, i governi dei Paesi industriali, spinti dal timore di una brusca caduta dell'occupazione, hanno reagito in due modi: a) spingere in modo massiccio, attraverso il funesto «riciclaggio», le banche internazionali ad assorbire i capitali a disposizione dell'Opec per ridarli ai Paesi in via di sviluppo, colpiti dallo strozzinesco aumento dei prezzi del petrolio e con esso di una generale crisi e psicosi inflazionistica, nata anche da una interessata sopravvalutazione del fenomeno Opec, che ha dato non poco ossigeno ai fautori della «Santa inflazione»; b) largheggiare nella concessione di assicurazione di Stato agli esportatori in genere, per vendite a pagamento differito a condizioni sempre più favorevoli (contributi di interesse crescenti) e per durate sempre più lunghe. HLe banche di credito ordinario, rimproverale ieri di non venire abbastanza incontro agli industriali, e oggi di aver fatto troppo, hanno effettivamente dato troppo. Come e perché sarebbe un lungo discorso. In buona parte per motivazione analoga a quella che ha portato, in tutti i Paesi industriali. Stato e Banca a dar troppo all'industria siderurgica ed ai cantieri navali, sul convincimento the alla fine lo Stato si sarebbe fatto carico di tutto. Certo è che fino ad un anno fa chi faceva discorsi di prudenza era considerato vecchio parruccone. 5 Una simile impostazione ha il torto di non aver tenuto conto che la durata di un credito non è stabilita dal creditore a suo piacere, ma dalla situazione in cui si trova e troverà il debitore, né ha senso fare condizioni più onerose per un debitore che possa suscitar dubbi, a meno che questi maggiori oneri di commissioni e tassi siano considerati premi di assicurazione, da utilizzarsi per costituire «riserve matematiche» anziché «utili». HDa quanto precede ne deriva la conclusione che i crediti verso i Paesi in via di sviluppo sono sorti soprattutto per risolvere, in prima istanza, urgenti necessità dei Paesi industriali stessi, il credito all'esportazione sembrando una buona soluzione, di facile utilizzo. mf anche indubbio che i l'acri in via di sviluppo possono pagare solo se è aperta loro — senza restrizioni di sorta — la porta all'entrata dei loro prodotti, materie prime, prodotti agricoli, prodotti industriali, servizi, almeno nei Paesi creditori. • ■... " ' Carlo Bombierl (1. CONTINUA)
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