Caffè profano

Caffè profano L'AGENDA DI F. & L. Caffè profano Comprare ugualmente o ri- nunciare? Non ad altro pensa —la gente di fronte alle vetrine mpiene di agnelli e di uova di dcioccolata a prezzi ingiuriosi. In ogni caso il valore rituale, simbolico, di questi cibi pasquali è ormai secondario, passa del tutto inavvertito. Una simpatica (e costosa) tradizione, niente di più. Abbiamo perduto il senso del sacro, ripetono sempre più spesso moralisti e antropologi, ecco la radice dei nostri guai. Ma in che cosa consisteva esattamente il senso del sacro? E come fa uno a farselo venire, se non ce l'ha più? Ne parliamo con un amico filosofo, in un caffè. «Be' — dice, partendo come ogni vero filosofo dalla realtà più banale e immediata — guardatevi intorno: ammetterete che questo locale non è la stessa cosa per noi e per quei due innamorati che confabulane laggiù, fissandosi estaticamente negli occhi. Loro vedono pareti traslucide, odono musiche celesti, fluttuano su un magico vascello dove ogni bottiglia gli ammicca benignamente, ogni mozziconc di sigaretta gli trasmette un auspicio di felicità. Ridono come due scemi per niente? Ma quel "niente" è un "tutto" carico di significati portentosi. All'interno del tempio emotivo che si sono costruiti, un panino di pancetta diventa un'offerta alla dea Venere, il cameriere grasso, la vecchietta golosa, noi tre, grigi pensatori, diventiamo testimoni venerabili, statue allegoriche, complici soprannaturali di questo ineffabile appuntamento. «E supponiamo che quel ti zio che legge il giornale nell'angolo sia in realtà un terrorista, un trafficante di droga anche per lui questo caffè sarà ben diverso da come appare a noi. Chi gli dice che la vecchietta e il cameriere non l'abbiano riconosciuto, non abbiano già chiamato il 115? E noi non saremo per caso tre agenti speciali incaricati di tenerlo d'occhio? E tra quelle due pile di colombe mandorlate non può spuntare a ogni istante la canna di una pistola? E dalla porta non può entrare tra un minuto una squadra di teste di cuoio? Tutto per lui, qui dentro, acquista un significato ambiguo, minaccioso, angoscioso; tutto è altra cosa da ciò che sembra. Dove noi vediamo un tavolino, lui vede un possibile riparo dalle pai lottole. Dove noi cerchiamo la toilette, lui cerca una via di fuga. «Questo doveva essere il senso del sacro, se è possibile tentarne una spiegazione per analogia. Quei primitivi, quegli antichi, "vedevano" un mondo infinitamente significativo. Poco importa che "segni" venissero poi interpretati in maniera totalmente diversa secondo le varie reli gioni, razze, latitudini ecc. l'atteggiamento, il sentimento, era identico. Ognuno, davanti a una foglia caduta, a un ragno, a un tramonto, a un qualsiasi fenomeno o accidente, lo percepiva automaticamente come un presagio, un avvertimento, un indizio, un simbolo. «Una vita faticosa e carica di tensione, spesso di terrore, direte voi. Ma pensate anche alla ricchezza di un simile uni verso doppio, triplo, quadruplo, incalcolabile. Misteri dovunque, enigmi a perdita d'occhio, abissi alla pòrta di casa, vertigini dietro l'angolo; e il più piccolo gesto doveva avere un'importanza enorme, non c'era mai niente di rilassato, di casuale, di gratuito. Ti tagliavi i capelli in un certo giorno, e il raccolto andava in rovina. Ti grattavi il naso in un certo modo, e ti moriva il primogenito. Tutto aveva senso, tutto "contava". La trama della vita doveva essere fittissima, forse soffocante; ma appunto per questo non ci si potevano infilare le crisi d'identità, le de pressioni esistenziali, i sulle giornate vuote e che affliggono i nostri temporanei». Al banco, sentiamo il ragazzo addetto alla macchina offrire allegramente a un nostro contemporaneo uno straordinario ventaglio di scelte: caffè normale, lungo, ristretto, corretto, macchiato caldo, macchiato freddo, con schiuma o evmsgtmmcepianti inutili con- con panna.' «Ecco — sorride il filosofo — com'è la nostra civiltà. Sia mo ricchi, siamo liberi, siamo democratici. Quel cliente può essere un miliardario o un poveraccio qualunque, ma ha comunque pieno diritto di farsi servire in questo locale e pagherà comunque per la sua tazzina 450 lire (fino al prossimo aumento). Eppure ha il muso lungo, e bevuto il suo caffè profano uscirà di qui per tornare alla sua routine ingrata e monotona, ai suoi problemi intricati ma aridi, al suo mondo vario quanto si vuole ma che è sempre tutto 11, senza risvolti, vibrazioni, sottofondi, piatto come una cartolina illustrata». «Ma può sempre andare in chiesa o da un astrologo — obbiettiamo —, può fare scongiuri, comprare amuleti, convincersi che il vigile l'ha multato perché poco prima un gatto nero gli ha attraversato la strada». «Ci vuol altro — sentenzia il filosofo —. Queste sono soluzioni individuali, che possono dare un certo conforto ricuperando riti già sconfitti, superstizioni e credenze già travolte due secoli fa. Spunti che si possono rivitalizzare un momento, qua e là, per gruppi più o meno numerosi di nostalgici fedelissimi e volenterosi, ma che non sono in grado di ribaltare l'atmosfera profana del mondo moderno. Il senso del sacro, per funzionare, dev'essere condiviso da tutti e in ogni momento. Non basta "raccogliersi" dieci minuti al giorno, tre quarti d'ora alla settimana. E' come andare sulle gradinate dello stadio a giocare a scacchi mentre gli altri settantamila urlano per la Juventus; o come canticchiare sottovoce " C'è una chiesetta amor " durante un concerto rock. Si prova un certo orgoglio a essere una minoranza in difficoltà. Ma tutto resta come prima». «E allora cosa si deve fare?». «Non lo so — risponde pensieroso il filosofo —. Io sono agnostico, questi problemi m'interessano solo da spettatore. Forse basterebbe qualche evento miracoloso adeguato ai tempi: mettiamo, l'assunzione in cielo di un televisore da 26 pollici, un computer che versa lacrime di san gue, un jet tramutato in balena, le acque del Lago d'Orta che diventano Coca-Cola. ** «A partire da un fatto così clamoroso, è concepibile che tutto cambierebbe. La gente lascerebbe perdere le uova con la sorpresa e gli agnelli surgelati e inventerebbe nuovi riti, nuovi simboli: il sacrificio di un'automobile, per esempio, portata solennemcr— in Duomo e qui fatta a pu da sacerdoti-demolitori in tuta color porpora. Il sacro tornerebbe minuziosamente tra noi: un ascensore sarebbe un'allegoria dantesca, una mensa aziendale avrebbe la potenza evocativa del banchetto di Cana, si entrerebbe in un cinema come nell'antro della Sibilla, si deciderebbero viaggi, matrimoni, carriere, aumenti di capitale esaminando le viscere di una motocicletta, di un aspirapol vere. Ci sarebbero (quanti nuovi posti di lavoro per giovani!) aruspici delle FS, stregoni Inps, indovini sindacali, maghi e veggenti della fi nanza pubblica...». «Ma ci sono già! — gridiamo —. Tutti quei bravi esperti che s'illudono di lavorare su statistiche, programmi e piattaforme perfettamente razionali sono in realtà ministri del caos primigenio. E i risultati si vedono, no?». «Ma bisogna che se ne con vincano loro, che la cosa venga istituzionalizzata. Ci vorrebbe un ministero del Bene e del Male, un sottosegretariato dionisiaco, una vicepresidenza dell'Occulto. Altro che la P2» Ordiniamo meditabondi al tri tre caffè (uno lungo, uno ristretto, uno normale) quando il cameriere grasso ce li porta abbiamo una leggera esitazione: inchinarsi, inginocchiarsi, tracciare sulla tazzina qualche segno simbolico, voltarsi verso Oriente mentre li si beve? Ma sono proprio solo tre caffè, irrimediabilmente prò fani. Cari„ Frutterò Franco Luccntini

Persone citate: Cana, Frutterò Franco, L. Caffè, Orta