«L'Etna avverte, occorre capirlo» di Remo Lugli

« V Etna avverte, occorre capirlo» Tazieff : manca il personale per leggere i dati e dare l'allarme « V Etna avverte, occorre capirlo» DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE CATANIA — Cinque chilo- metri oltre l'abitato di Nicolosi, sulla strada per l'Etna, c'è un posto di blocco. Per passare oltre, con l'auto, occorre un permesso del centro operativo presso la prefettura. E' un punto cruciale, si fatica ad arrivarci perché sin da due chilometri prima ci sono auto parcheggiate sul lato, di gente che ha proseguito a piedi per salire a vedere la colata di lava. Ieri mattina il vento ha ceduto un poco, ma ha incominciato-a piovere, pioggia sferzante. Un servizio davvero pesante per i molti uomini — ne sono mobilitati quasi 600, diretti dalla protezione civile — che seguono passo per passo le colate della lava. Il braccio si divide in parecchie digitazioni, la maggiore di queste ha un fronte largo una cinquantina di metri con uno spessore di una decina. Ieri nel suo insieme la colata passava tra quelle del 1892 e del 1910. Il percorso futuro è imprevedibile, la montagna è piena di avvallamenti, di coni ex crateri, di montagnole che a loro volta furono bocche eruttive. Vi sono almeno 8 chilometri tra l'avanguardia della lava e le zone abitate, Nlcolosi, Bel passo, Ragalna Est, Ragalna Ovest. C'è qualche pericolo per questi abitati? Tutto può essere: nel 1669 la lava distrusse una parte di Catania. Ma non si può dire quale centro abbia da temere di più, tutto dipende dalla direzione che può prendere il fiume di fuoco. Dice il dottor Scammacca della prefettura, coordinatore del centro operativo: «Siamo pronti a tutti gli eventi. Se dovremo dare l'allarme a un paese lo faremo almeno due giorni prima. Per ora è una prospettiva non certo vicina» L'Etna ha, nel suo male, il bene della sua Imponenza, delle sue vastissime pendici, capaci di ricevere lava a milioni e milioni di metri cubi senza che nessuno corra pericolo; in passato si sono avute eruzioni durate centinaia di giorni che non hanno reccato danni ' Etna, vulcano «buono». Co si lo considerano i vulcanologi, appunto perché si sfoga via via e, a saperlo capire, avverte. Dice il celebre Haroun Tazieff, francese: «Guardiamoci molto dal vulcani che dormono, come il Vesuvio, inattivo dal 1944, come Vulca- I I no, fermo dal 1890. Possono dormire anche migliaia di anni, ma intanto accumulano: il giorno in cui esploderanno, saranno disastri». L'Etna, dunque, avverte. Ma lo sappiamo capire, o perlomeno siamo in grado di capirlo? Tazieff è polemico, secondo lui non st fa abbastanza. Vediamo: ci sono sulle pendici dell'Etna 7 stazioni di rilevamento sismico dell'Istituto di scienze della terra e 3 stazioni cllnometrlche dell'Istituto internazionale di vulcanologia. Le prime sono dell'Università e servono per ricerca e didattica, le seconde sono del Cnr, il Consiglio nazionale delle ricerche, e servono per ricerca. In sostanza tutte queste attrezzature e 1 relativi uomini, meno di 40 tra scienziati e tecnici, hanno compiti di studio, non di sorveglianza. Non ci sono uomini che stanno 24 ore su 24 a guardare gli strumenti per dare, eventualmente, l'allarme. Una delle tre stazioni cllnometrlche è installata a 200 metri dal punto dell'attuale frattura. A partire da gennaio la montagna in quella zona si è via via andata gonfiando, secondo il clinometro di quella stazione. E' arrivato a segnare 30 microradianti (un mlcroradiante equivale allo spostamento di un millimetro che fa, poniamo, un'estremità di una barra lunga un chilometro rispetto all'altro capo). Una deformazione significativa. Alle 22 di domenica 27 marzo lo strumento indica una inversione drastica, va a segnare oltre 160 dal lato opposto. Era avvenuta la frattura del terreno. Nessuno però era a leggere questa indica¬ zione. Dieci ore dopo inizia la colata di lava. E all'Istituto della scienza della terra, dove confluiscono i dati delle 7 stazioni sismografiche, gli strumenti incominciano a rilevare, all'una della notte di domenica, una o due scosse al minuto, ma anche là non c'è nessuno a leggere. Dice il professor Renato Cristofolini, docente di vulcanologia, già direttore dell'Istituto della scienza della terra: «Io sono andato in istituto domenica perdié qualcuno mi ha avvertito che erano state sentite scosse di terremoto e allora ho scoperto die le scosse rilevate erano state centinaia. Sono poi cessate lunedì quando ha incominciato ad uscire il magma-. E allora? Risponde Cristofolini: «/ due istituti dovrebbero poter raddoppiare le loro attrezzature: e il personale, solo se libero dagli impegni dell'attività didattica, potrebbe dedicarsi alla sorveglianza. Naturalmente ci vorrebbe un cervello nazionale con strutture decentrate, capace di ricevere ed elaborare tutti i dati-. Anche il professor Letterio Vinari, direttore dell'Istituto internazionale di vulcanologia, è d'accordo sulla necessità di una sorveglianza. «Ma—dice —perquantoci riguarda, concettualmente c'è un abisso tra la forma attuale della nostra strutturazione e quella necessaria per la sorveglianza. Dovrebbe essere modificato addirittura lo statuto del Cnr, che è nato solo per la ricerca. In particolare, per quanto riguarda l'Etna, non è la qualità die è carente, ma sono la quantità e la definizione dei compiti». Remo Lugli

Persone citate: Cristofolini, Haroun Tazieff, Renato Cristofolini, Scammacca, Tazieff

Luoghi citati: Catania, Nicolosi, Ragalna, Ragalna Est