Usato è nostalgia

Usato è nostalgia Usato è nostalgia L'asta a New York dei rigattieri di lusso ANCORA nel 1940 Carlo Emilio Gadda, in un pezzo di bravura intitolato Carabattole a Porta Ludovica (dove già si teneva la milanese Fiera di Senigallia) parlava di «un sogno di risparmio e di profitto, un tentativo di resurrezione iÌjP, extremis, un desiderio.»ma anche^ ! uria economia ed una certezza combina! torta — di arrivare ad accozzare il frusto ! con l'utile, là parte col tutto; eia paziènza ; infinita col momento buono». Ancora nel 1972 Carlo Frutterò e Franco Lucèntini, nel gran finale della Donna della domenica, descrivendo il Balùn di Torino, facevano dire al geometra Baucherlo: «Ci vado anch'io, delle volte, quando ho bisogno di qualche pezzo per fare delle piccole riparazioni in casa. Se uno ha la pazienza di cercare, trova tutto quello che vuole». Oggi non è più cosi. Oggi i mercatini dell'usato sono una fiera delle vanità, e sia pure vanità molto povere. Perché? I mercatini della roba usata hanno quattro nemici. Prima di tutto l'inflazione, che, ancor più del miracolo economico, toglie alla gente il gusto del risparmio, l'abitudine di contare la lira e di cercare 1'-occasione». Poi il «mercato» stesso, come emporio ambulante temporaneo; è reso superfluo dal moltipllcarsi e specializzarsi dei punti di vendita: anche nelle città più piccole ci sono negozi apposta per quasi tutti gli articoli merceologici, solo se dobbiamo comprare un puntale in gomma nera per un bastone ci viene in mente di cercarlo a un mercatino. E i mezzi di comunicazione di massa cambiano i rapporti fra la gente, anche i rapporti commerciali, anche per il commercio dell'usato: a Milano per esempio ha crescente successo il settimanale «Secondamano», sul quale, gratis, si possono pubblicare inserzioni per vendere o cercare 48 generi di.occasioni, da «abbigliamento» a «viaggi»: sono le 68 pagine più fitte dell'editoria italiana, 6 colonne in corpo 6 per 1500 lire. Infine, molti oggetti che fino a venti, trent'anni fa erano robaccia da rigattiere, da mercatino, sono diventati articoli d'antiquariato: non c'è più «la crosta», c'è l'olio su tela, non c'è più l'anonimo, c'è volta per volta, per esemplo, «àmbito del Todeschinl», «scuola bergamasca», «1750 circa»... .. r;. ,;>x,. , - Nei «mercatini delle pulci» dunque non ci sono più le pulci, i pezzi di ricambio di macchine demolite, quel che avanza da traslochi e funerali, bombardamenti e terremoti. In un certo senso non c'è nemmeno più la roba vecchia, fuori moda, ma semmai c'è il falso: paioli di rame, mortai di bronzo, boccali di peltro, paralumi di vetro fabbricati ieri, apposta per il mercatino. Ormai è valsa la pena di falsificare anche la cartamoneta fuori corso: le enormi «mille lire» di prima della guerra, che si chiamavano «pezze da piedi», si trovano dappertutto con una facilità sospetta. E dunque al mercatino, dove una volta andavano 1 veri poveri per vendere e i veri poveri per comprare oggetti di prima necessità, adesso vanno i nuovi poveri («les nouveaux pauvres») per comprare, falso o rovinato, quello che con un reddito di poco superiore si trova, autentico e ben conservato, ma sempre inutilissimo, nei negozi del centro. I mercatini delle pulci sonò mercatini di nostalgia appassita, non stagionata, detta anche «nostalgia». Prevale, tra i «verdi» e i lettori di Tolkien, la nostalgia per un mondo artigianale e rurale che rende «ecologico» un falcetto, una roncola, un macinino da caffè. E chi non può farsi installare un telefono di galalite nera. Anni 30, si fa da sé l'impianto elettrico con fili a vista, isolanti di porcellana, interruttori a chiavetta, valvole a tappi avvitanti o a tabacchiera, saliscendi a uovo. Oscuramente, inconsciamente, anelano alla scossa. 1mercati delle pulci sono l'immenso, disordinato, eterogeneo deposito di tutti quegli oggetti ai quali in qualche modo si addice l'appellativo di «vecchi». ,.. U] , ■ Nel. pittoresco .disordine delle bancherelle di questi mercati all'aperto si trovano affiancate cose che provengono da secoli lontanissimi fra di loro. Ovviamente le più numerose sono quelle più recenti, appartenute al padri e ai nonni. Ma la grande fame degli antiquari, sempre alla ricerca di nuove fonti e nuovi pascoli per la crescente domanda di una clientela sempre più di massa, fa si che periodi e stili anche abbastanza recenti siano va¬ Gianpaolo Dossena Bronzo e avorio di F. Preiss, inizi secolo, 14-21 milioni In America 1 bar, o spacci di liquori, sono numerosi quanto 1 caffè o le osterie in Italia — continua Glacosa — ma molto più frequentati. Con la bevanda, si offre gratis anche un po' di cibo per stimolare la sete o ritardare lo stato di ebrezza. Nel più modesti, l'avventore trova sul banco due ciotole, una col pane tostato e l'altra con frammenti di formaggio. I più eleganti servono addirittura roast beef. salumi, caviale, pesci, pasticcini e fantastiche Insalate. AU'Hoffman Bar ammari ni scono due volte al giorno un lunch «nutritivo e ghiottissimo». Non si pagano che le bibite. Chi arriva dall'Europa forse rimane un po' perplesso, ma 11 nessuno ci pensa e si può essere certi che 11 padrone non ci perde. Sempre all'Hoffman Bar la più semplice delle bevande, a cominciare dall'acqua, costa abbastanza e ordinandone due si può essere sicuri di aver già pagato il lunch. Un cenno speciale è riservato agli alberghi. «Ordinati a modo di una grande macchina ingegnosissima e spedita, che ogni viaggiatore deve saper mettere in moto», sono «di gran lunga più perfetti ed economici dei nostrani». Occorre, però, adattarsi ai costumi del Paese e rivedere un certo abito mentale. In Italia chi spende denaro è convinto di essere superiore a chi lo riceve in cambio di una' prestazione. In America lo scambio tra denaro e opere non influisce sul sentimento di eguaglianza che anima tutti 1 cittadini «Cosi nell'entrare all'albergo non Inchini, né sberrettamenti, non sorrisi adescatori del proprietario o del suoi commessi. Se all'albergatore occorrono clienti, a questi occorrono l'alloggio e la tavola: pari pari ognuno dà, ognuno riceve». Allo stesso modo nei negozi, «dai più umili al più fastosi», i commessi accolgono 1 turisti «con grazia, ma senza smancerie premurose». L'americano medio, poi, in viaggiò «è facile e piacevolissimo compagno». Premuroso nel dare notizie sul luoghi, le persone, le usanze e 1 costumi, non è importuno o Invadente. Anche se si ritiene superiore agli europei di qualsiasi nazione, non sa nascondere la sua riconoscente compiacenza quando s'imbatte in qualcuno di loro, curioso di visitare il Paese. «Brusco e du- «a 1 LI americani, a tafvola d'albergo, bevono acqua pura o acqua minerale». Quel posto in Paradiso che si conquistano con l'astinenza dinatoria, lo riperdono la sera ai Bars, o al Clubs, dove il demonio prende le sue rivincite ad usura». Può sembrare il racconto di un turista ai giorni nostri, reduce da un It (inclusive tour) in Jumbo negli Usa. Sono invece appunti di uno scrittore italiano del, l'Ottocento, Giuseppe aiacosa, raccolti nel corso di un viaggio in America, al seguito di Sarah Bernhardt, . ohe aveva messo in scena il dramma La signora di ChatlanU autore lo stesso Giacosa. Il turista — racconta lo scrittore nelle sue Impressioni d'America, datato 1898 e ancor oggi d'attualità — può prendere i pasti all'ora che più gli conviene, ordinare ciò che desidera nei limiti di una Usta che comprende da cinquanta a sessanta piatti diversi e vedérsi servire in abbondanza, senza supplemento di prezzo, tè e caffè caldi o freddi. Ma se vuole pasteggiare a birra o a vino deve fare bene i suol conti, perché costa carissimo. }:"'■*■ ■ooi ra }:"'■*■ ■ooisrwo j Una foca di Bouraine, inizi secolo, stimata 560-840 mila lire lorizzati e passino dal selciato dei mercati delle pulci alle vetrine del negozi specializzati o alle sale di esposizione delle grandi aste internazionali. Questo è avvenuto, già da un decennio almeno, per gli stili «Art Nouveau» e «Art Déco», fioriti tra gli ultimi decenni del secolo scorso e i primi del nostro. Questi oggetti, mobili, soprammobili, lampade, nessuno li voleva vent'anni fa. Si trovavano a Terracotta dipinta di E. Galle valutata 2 milioni di lire circa poco prezzo al «Balon» di Torino come a Porta Portese a Roma,.e alla Piera di Senigallia dì Milano come al mercato delle pulci di Genova. Oggi è invece molto difficile trovare qualche bel pezzo Liberty o di stile «floreale» (come da noi si chiamano l'«Art Nouveau» e •Déco») anche recandosi all'alba del sabato in qualcuno di questi mercati. E se lo si trova quasi certamente lo si dovrà pagare a cifre sala¬ tissime, spesso superiori a quelle delle aste. Anche perché, mentre in periferia si è ormai creato un mito del Liberty, nel centro che ha dato origine a questo revival e ha portato alle stelle i prezzi degli oggetti «floreali» da qualche anno si registra un arresto, un ridimensionamento: New York è diventata molto più selettiva e non è più disposta a pagare decine di milioni per qualsiasi oggetto prodotto trail 1870 e il 1920. Lo si riscontra anche dall'ultima grande asta programmata a New York per il 26 marzo, alle ore 13 precise, nel locali di Park Avenue della Chrlstie, Manson & Woods. Il ricco catalogo offre 317 bellissimi lotti il cui prezzo di stima non supera, nella maggior parte dei casi. 1 nulle dollari. Vi è una sola eccezione e riguarda Tiffany, portato alle stelle dai suoi contemporanei e poi ingiustamente dimenticato dopo la morte. Le sue lampade sono contese a decine di milioni e una di esse detiene 11 record di stima dell'asta: dal 70 agli 80 milioni di lire. Un'altra, bellissima, con un motivo di rose rosse su foglie verdi, è stimata dai 35 al 42 milioni. Tra i pezzi più interes.santi messi in asta a New York vi sono alcune statuine In bronzo e avorio realizzate da Demetrio Chiparus. il più quotato specialista di questo genere che furoreggiò nei primi anni del seco¬ ro, dicono, agli affari, gli ozi forzati del viaggio lo tornano gaio e senza pensieri». A New York, prima tappa del suo viaggio, Giacosa osserva il fortissimo contrasto tra la parte bassa della città, dove «la bruttezza del luogo è cosi assoluta che nulla può attenuare il disgusto» e dove «le case si descrivono in due parole: muraglie e buchi» e la città alta. I grattacieli gli sembrano «bibliche moli che... assaltano 11 cielo con una temerità che sa di pazzia». •In America — commenta in una lettera — la lunga ricchezza non produsse ancora quello che a noi pare supremo fiore dell'eleganza spregiudicata e sicura: l'amore del semplice»; e vi domina invece «una sensibilità grossa» che «si palesa per mille vie, sdegnosa delle delicatezze lndugiatrìci, amante di quanto è enorme ed eccessivo». Chicago la vede dominata dalla violenza: «Tutto vi è condotto alle estreme espressioni: le dimensioni, 11 movimento, i clamori, i rumori, le mostre delle botteghe, gli spettacoli, lo sforzo, la miseria, l'attività, la degradazione alcoolica». Di città In città, mentre cresce in lui lo stupore per il lo: sono valutate dai 15 al 30 milioni. A prezzi ragionevoli sono offerti molti vasi di Lalique, Galle, Daum, Veroni: da qualche centinaio di dollari a mille -due mil a. saaiq Oltre al mobili, anche molte buone occasioni tra 1 manifesti d'epoca. Uno di Mucha, datato 1908, è offerto con una stima di 4 milio¬ ni circa. Ma i pezzi più interessanti dell'asta newyorchese sono probabilmente i due quadri a olio di Tamara de Lempicka: un ritratto d'uomo e uno di bambina (1928) che più Anni Venti di cosi non si potrebbe. TX primo è stimato soltanto 15 . milioni, il secondo tra i 70 e gli 80 milioni. Cose da rigattieri di lusso. Una lampada in vetro e bronzo di Tiffany, 1915,35-42 milioni fenomeno America, questo Paese che va sorgendo ricco di energie e di coraggio, si accrescono anche la fretta e l'approssimazione delle sue annotazioni, che vorrebbero rendere conto di tutte le cose viste in una sorta di fotografico realismo. Si hanno, comunque, immagini di grande effetto, come 11 «paesaggio inverosimile ed eccitante», offerto dal fiume Hudson; o 11 paragone tra il «cielo mobilissimo» di New York con quello delle sue «conche alpine», o ancora le cascate del N la gara che rappresentano per lui uno spettacolo veramente degno di essere visto, anche se ricorda «ben altri fiumi di ghiaccio, e correnti fra altre sponde e più profondi, e minacciosi, e più poderosi motori dell'animo e della mente», che •rompono a valle dalle creste del Monte Bianco e del Monte Rosa». Giacosa continua la sua scoperta dell'America, lanciato su un treno in corsa attraverso il continente. Scoperta nella scoperta, questo treno — che nel racconto 'Vola da New York a Buffalo» — è posto in implicito confronto con le ferro¬ vie italiane. Allora, come oggi, non è difficile immaginare chi vince. «Non tremori né sussulti, ma uno scivolare dolce con alterni, larghi e tenui sollevamenti come di onda». «Seggo ad un tavolino fornito di ogni bisognevole per scrivere, di fianco ad un'ampia finestra dai vetri puri e tersi, onde lo sguardo spazia largo sulla fuggente campagna e ne raccoglie nitidi gU aspetti». Grandi lastre di cristallo fermano i fianchi del vagone su cui ha preso posto, ed egli ha l'impressione di viaggiare all'aperto. Sparsi all'Intorno libri, giornali, riviste illustrate in grande quantità. Sa . già che potrà trovare all'ora fissata, «senza doversi strozzare per la fretta, né scendere di carrozza e non cari, 1 pasti quotidiani e la notte, senza squattrinarsi, un letto dove dormir fra le coltri, e la mattina un buon lavabo rinfrescatore», e, scendendo, qualcuno si offrirà di spolverargli e spazzolargli i vestiti E' naturale che il nostro, scrittore concluda, un po' a malincuore, che gli americani «sono più giudiziosi di noi» e hanno del viaggiare «un concetto più progressivo del nostro». Metella Rover o •s