A Stalingrado c'è un medico troppo buono

Un best-seller di Konsalik Un best-seller di Konsalik A Stalingrado c'è un medico tronno buono [EINZ G. Konsalik è uno scrittore tedesco di buona ma [non eccelsa levatura, che scrive da tedesco, secondo la Mù. bnpalf,.acce«iaóne di attesta frase. E'insomma molto corposo''denso, leggermente 'impattilo'e rigiào~J'ma è anche' intelligente, ha l'occhio lungo e ogni tanto, sotto il doppio petto blu, si può ascoltare qualche battito cardiaco più accelerato, qualche soprassalto emotivo. II medico di Stalingrado, vecchiotto, del 1956, ora apparso nella traduzione di Giovanni Natoli, è probabilmente la sua ■ opera più riuscita e magari commossa. La Rizzoli ne ha già stampate altre: Un matrimonio felice. L'angelo dei dimenticati e Dieci vite vendute. Veniamo informati che la tiratura dei suol libri in tutto il mondo supera i 40 milioni di copie. Decisamente non male. Il medico di Stalingrado racconta uno del tanti viaggi nell'universo concentrazionario. Questa volta non siamo in un Lager nazista, ma in un campo di prigionia sovietico segnato con il numero 5110/47, fuori di Stalingrado, a Nord - Ovest del Volga, dove sono finiti migliaia di uomini della sconfitta armata di Von Paulus. I guardiani non sono farina da ostie, ma Konsalik riesce a non calcar troppo la mano e farne, salvo eccezioni in meglio, carognette di tollerabili proporzioni. Per carità, anche i nazisti prigionieri in attesa di rimpatrio (la guerra è ormai finita) hanno le loro pecorelle nere come Walter Grosse che riferisce ai russi tutto quello che combinano, in barba ai regolamenti, i suoi compatrioti. Ci sarà da parte di questi ultimi un tentativo di soffocarlo cacciandogli la testa nel gabinetto. ** A salvarlo, naturalmente, sarà il medico di Stalingrado, il dottor Fritz Bohler, detenuto anche lui. Esempio di luminosa dedizione, anche nelle condizioni più improbe, alla causa della medicina. Questo dottor Kitelare di guerra, questo apostolo laico (che pare sia realmente esistito, anche se qui convenientemente romanzato) non perde mal la sua fondamentale fiducia nella bontà di Dio e nella lealtà degli uomini. Costruisce dal niente, dopo avere cominciato a operare un'ulcera con un temperino, un attrezzato ospedale da campo. E naturalmente, come deve accadere in tutti i romanzi dove si muove un qualsiasi dottor Manson, le pagine del libro sono un'orgia di laparatomie e amputazioni, con l'aggravante della pedagogica gravità teutonica. Questo Bohler, che certo deve essere stato più a suo agio in un campo di concentramento russo che in un ambulatorio della Vsl, se fosse passato attraversato le pagine di Selezione, si sarebbe meritato il titolo di «Una persona che non dimenticherò mai». Eroe troppo romantico per i nostri gusti, intride il romanzo del suo rigorismo quasi mistico. Riesce quasi antipatico. Occorre però dire che i personaggi di contorno, come la medichessa russa Alessandra, assatanata di sesso al punto da provocare un mezzo casino con un prigioniero tedesco, come gli altri medici della squadretta messa in piedi da Bohler, come l'ufficiale sovietico Worotilow (piglio autoritario, ma sotto sotto quasi buono), si intersecano, ora conflittualmente ora amichevolmente, secondo un'accorta regia. . ■ Nel suo complesso, l\ medico di Stalingrado è un romanzo decentemente equilibrato anche ideologicamente, pur con questa vaga aura da «mie prigioni., tristanzuole ma irrugladite dalla fede. Alla fine vien da dire: «£ bravo il nostro dottor Fritzt*. Chissà se tornato a casa ha continuato a prodigarsi o è diventato anche lui un « barone in camice bianco». Carlo Della Corte Heinz G. Konsalik: «Il medico di Stalingrado», Rizzoli, pagine 298, lire 154)00.

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