Dalla Chiesa e i «parenti terribili»

Parliamone 1 Disegno di Eugène Ionesco Parliamone Dalla Chiesa e i «parenti terribili» L*A dedica dice: «A tutti coloro che, come Cerio Alberto ed Emmanuela, sono caduti per un'Italia migliore». Ci sono anche le lettere di Emmanuela Setti Carfaro, quand'era fidanzata in segreto col generale Dalla Chiesa: «Quanto i bello leggere i tuoi scritti, le cose dola che mi doni, quanto è beilo tenerti per mano, lasciarsi proteggere dalla tua forza, sentirsi tutti stretti a te 'con dolcezza. La tua ape regina ha tanta nostalgia, si lamenta spesso per questa tua lunga lontananza, non è mai \contenta, come tutte le donne d'altronde». Qualche volta Emmanuel» si firmava col nomignolo «Qua Qua». Ci sono anche le pagine del diario personale di Emmanuela, che annotava le sue emozioni e i suoi progetti: «Ho avuto in dono dal generale Dalla Chiesa un pruti us giapponese fiorito, è tutto ricoperto di fiorellini bianchi che sembrano una nuvola di primavera». E c'è l'annotazione puntigliosa delle telefonate che Emmanuela, dopo le nozze col generale, faceva alla madre, provvista di block notes: «Ecco, l'hanno abbandonato, non ci sono che io a coprirgli le spalle, a dargli fiducia. Lo difenderò». E ci sono le domande della madre sulla possibilità che Emmanuela, al momento dell'uccisióne, tosse incinta. Commozione, irritazione, disagio per questo libro che Antonia Setti Carraro ha appena pubblicato da Rizzoli, col titolo ««Ricordi, Emmanuela» e il sottotitolo «Passione e tragedia della giovane moglie del generale Dalla Chiesa raccontata da sua madre». Irritazione per la tempestività con cui sono stati aperti i cassetti della giovane signora, per la mancanza di rispetto con cui sono state pubblicate le sue lettere private e i suoi diari. Disagio per la formula editoriale, cosi fintamente delicata e furbésca, basti dire che c'è una frase di Pettini sul risvolto di copertina, rubata alla commozione del discorso di Capodanno e al ricordo del generale assassinato dalla mafia: «La sua dolce e soave compagna che è stata più volte a trovarmi...». Cè una forma di prepotenza letteraria dei genitori verso i figli di cui questo non è il solo esempio, magari. Tra le opere recenti, si possono citare il Pino di «Mio figlio non sa leggere» e il Doddoli di «Lettere a mia figlia che si droga». Però qui, nel libro della signora Setti Carraro, c'è un'aggiunta di scaltrezza che non sembra vada imputata solo all'autrice. Sembra che le: pagine siano fin troppo ben scritte e levigate, per fare, da contorno ai diari e alle lettere, come il prodotto di un'operazione perfetta nei particolari e gelida nell'intenzione, nell'anima. G voleva più rispetto, più silenzio, più discrezione. Ma, attenti; adesso che le lettere e i diari della giovane signora Dalla Chiesa sono resi pubblici, l'errore più grave, la nuova e più profonda indiscrezione sarebbe di considerarli come un monumento «kitsch» del benpensantismo, un campionario, utile per cinici brillanti, dei pensieri tradizionali e all'antica d'una ragazza di un'altra epoca. Dopo l'indiscrezione da parenti terribili commessa con la pubblicazione, sarebbe l'offesa più grave al mondo privato di una donna rispettàbile. Anche di una donna coraggiosa. (E poi c'è quella frase di Dalla Chiesa alla moglie, che aspetta ancora di essere chiarita: «Qualsiasi cosa dovesse succedermi, arri subito dove tu sai e ritira quello che sai»). stetlMo Reggiani NA e

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