Longanesi: vivere da borghese pensare al vetriolo
«Parliamo dell'elefante», quarant'anni dopo: vizi pubblici e privati dell'Italia sotto il regime «Parliamo dell'elefante», quarant'anni dopo: vizi pubblici e privati dell'Italia sotto il regime Longanesi: vivered b gda borghese pensare al vetriolo punto dove posare il piede. La violenza del suo temperamento è soltanto reattiva, negativa. In realtà, come per tutti i crepuscolari, il suo problema insoluto è quello di dir di si, insomma di esistere...» (Le parole preparate, Einaudi). Anche Indro Montanelli, che non ha mai nascosto la suo ammirazione per l'amico, non Ita potuto evitare di accennare a una difficoltà di rapporti con la realtà: «A un tratto mi chiese: "Perché sono cosi solo?" Per spiegarglielo dovetti compilare un dettagliato elenco del morsi, dei graffi e delle corbellature che aveva distribuito a destra e a manca, delle sue ingratitudini, delle sue sopraffazioni... Mi lasciava dire con inconsueta mansuetudine perdendo tutte le occasioni di piazzare quelle frasi al vetriolo con cui soleva toglier di bocca la parola agli altri per prendere il boccino della conversazione e non mollarlo più». 1 .Incontri italiani., Rizzoli). Longanesi era di famiglia agiata, anzi ricca. La casa di Bologna era piena di quadri fastosamente commerciali, quadri di Montecatini, secondo la definizione di Mino Maccari, che ha assicurato che proprio la visione quotidiana di simili croste imponenti avviò la ribellione estetica del giovane Longanesi. Interrotti gli studi alla seconda liceo, viaggiò molto all'estero e importò qui da noi soprattutto disegni e pubblicazioni dell'espressionismo tedesco. Collaborò al «Selvaggio» di Maccari, come Maccari collaborò aU'.italiano» di Longanesi. Misero insieme V'Almanacco di Strapaese; e insieme ebbero l'incarico di curare alcune sale della Mostra della Rivoluzione Fascista del 1933. L'«Italiano» di Longanesi pubblicò la prima cartella di incisioni di Maccari e Maccari dedicò un numero del •Selvaggio» ai disegni di Longanesi. Un laborioso sodalizio tra Colle Val d'Elsa e Bologna prima e infine a Roma. A Roma Longanesi e Maccari dominavano facilmente tra gli intellettuali meno conformisti ma non abbastanza coraggiosi. Valga questa descrizione d'ambiente che troviamo nel bel libro che un testimone fedele come Paolo Cesarini ha consacrato a Maccari e dintorni. E' l'episodio dell'iniziazione, ed è datato 1937; Cesarini era arrivato a Roma dall'Africa Orientale, dall'effimero impero italiano: «A quella data tardiva per le mie voglie risale l'Incontro personale con Maccari. Mi aspettava seduto a un tavolino fuori del caffè Aragno: nel pomeriggio caldo poche carrozze passavano per il Corso, la gente era rada e fiacca, l'aria sciroccosa tremolava lontano verso Piazza Venezia. Giunsero poi alla spicciolata, Leo Longanesi, Arrigo Benedetti, Vincenzo Talarico e persone che non ricordo». Facevano discorsi che giudicavo banali per uomini di quel tipo e ciò durò fino a quando Maccari, come sortisse da una specie di siesta, apri gli occhi vivacissimi e criticò in chiave comica non so più quale recente disposizione del segretario del partito fascista Starace; so che mi fece scoppiare dal ridere, cosi risero gli altri; Longanesi rincarò con uno strale fulminante e subito la conversazione si animò e tale prosegui come se fosse stato fugato un dubbio. Quello, capii ripensandoci, che gli interlocutori di Maccari, non conoscendomi, pruden¬ temente avevano su di me. Il pomerìggio successivo ebbi la riprova che ero stato accettato nel gruppo, quando 11 vecchio cameriere venuto a prendere le ordinazioni chiese con tono allusivo: "A chi lo yoghurt?" e Longanesi scattando spiritato nel saluto romano gridò: "A noi!" e giù tutti a ridere. 81 fecero anche premura di indicarmi un tale, avvertendomi che era una spia della questura...». (Italiani, cacciate 11 tiranno ovvero Maccari e dintorni, Editoriale Nuova). Cesarini, lo ripeto, è un testimone fedele, ma anche di parte. Lui sta soprattutto per Maccari, e, quindi, se riconosce che Longanesi appariva il più vivace, era quello 'che parlava di più e pareva tener sempre banco, ribadisce anche che l'ascendente di Maccari sul gruppo di intelligenti ma non abbastanza coraggiosi mormoratori del regime era nettamente maggiore. La fedeltà di parte a Maccari, per altro grandissimo, porta Cesarini a sottovalutare il fatto che quel 1937, in cui lui conobbe Longanesi era lo stesso anno in cui questi varò {'«Omnibus», il setti-
Luoghi citati: Africa Orientale, Bologna, Colle Val D'elsa, Italia, Montecatini, Roma
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