La sua miglior amica era la psicanalisi

La sua miglior amica era la psicanalisi La sua miglior amica era la psicanalisi cura di G. Macé, uscita proprio nei giorni scorsi («Comme un vieillard qui réve»), Bologna, Villa Midicis-rAlphée). Il quinto testo non è del poeta, ma del «romanziere' (ammesso che il Canzoniere non sia pure lui un «romanzo», e Saba temeva acutamente le interferenze possibili: «Ernesto deve restare un "libretto" se no quel mascalzone mi ammazza il Canzoniere»). Ernesto tradotto (Le Seuil, Parigi 1978) con velocita sorprendente e accolto da qualche fervida recensione ha avuto una sorte favorevole, di certo non dovuta alla fama francese di Saba poeta. Caso letterario e morale, il romanzo del settantenne, rimasto per 20 anni noto a quattro happy few romani, è stato esibito . soprattutto come -confessione erotica eterodossa. Un nuovo malinteso, quindi: dopo l'eccessivo silenzio, l'eccessivo rumore. Ancora una volta le ragioni «letterarie- saranno state marginali in quei calcoli editoriali. E, del resto, in area italiana, qualcosa di un po' simile non si è forse prodotto? Saba vi è oggetto d'ammirevoli cure critiche o filologiche (che si vedo, la bellissima edizione critica del Canzoniere 1921 di Giordano Castellani, Fondazione Mondadori, 1982), ma vorrei conoscere le tirature e le vendite delle raccolte poetiche. Per conto mio, ho sempre apprezzato moltissimo le prose di Saba, anche per quello che di nuovo portavano nel contesto stilistico italiano: un tono sornione e sommesso di guru ironista, un testo da leggersi su tanti livelli sovrapposti, con confidenze e reticenze, osservazioni digressive, punti di vista e voci mobili, un gioco conversativo che non credo sia stato cosi vivacemente coltivato da altri. Insomma, la linea BoccaccioBembo disossata, «pervertita». Questa poliedricità stilistica, cosi piacevole nelle lettere (ma quando uscirà questo benedetto e necessario Epistolario?;, nei raccontini, o nell'autocommentarismo di Storia e Cronistoria (un altro intelligente «romanzo» e cresciuto sulla pianta squisitamente italiana dell'autocommento), non mi pare abbia funzionato a dovere nell'alquanto deludente Ernesto, romanzo dell'«innocenza» scritto da un vecchio smaliziato e afflitto da una colpevolezza paralizzante. Senza parlare di quel dialettalismo ingenuo che Comisso condannava nei romanzi di Fogazzaro. D'altra parte, mi convinco sempre di più che l'elemento culturale più importante della matu. ragione di Saba poeta e prosatore sia stata la psicanalisi. Se l'omosessualità conscia — ed è merito di Ernesto farcelo capire — è stata la costante dell'angoscia di Saba, e fu censurata per anni, dal poeta in parte e dalla critica in blocco, la psicanalisi stessa, con la quale Saba pensava di scongiurare le sue depressioni, è stata taciuta, pudicamente, pure per anni (pare incredibile oggi), se non da lui, dalia maggior parte dei suoi esegeti. Solo la grande trasformazione culturale degli anni 1955-68 ha permesso che la tematica e le esperienze psicanalitiche fossero poste lecitamente in evidenza nella vita e nell'opera del poeta. Poeta romantico, «periferico», ma non tanto, nel tempo e nella geografia, autodidatta «istintivo», il suo incontro tardo con il Freud del dottor Weiss l'ha profondamente modificato. Oggi, si Ipotizza perfino una lettura freudiana nel 1910, e credo sia esagerato. Ma un Freud più vissuto che letto ha fatto di lui una specie di precursore, non solo italiano, ma occidentale. Chi dei poeti del nostro tempo è stato sul divano prima di lui? Chi ne ha ricavato una poetica «illimpidita» prima di lui e con tanta semplice efficacia? Alberto Cavaglion, nel suo Welninger in Italia (Canicci, 1983) mostra quanto magro fosse l'influsso reale del viennese sul mezzo ebreo auto (ed etera?) flagellante Saba, contro le tesi di Giacomo Debenedetti. Solo Freud, perii tramite di Weiss, avrebbe dato un senso universale all'Edipo complicato di Saba nel 1929 e al poeta una fiducia in sé nuova, la consapevolezza di essere un poeta autentico, una specie di profeta biblico della Tragedia dell'Uomo e di una naturalezza letteraria conquistata a caro prezzo. Saba ritratto da Cario Levi Michel David, uno fra i più noti Italianisti francesi, collaboratore di «Le Monde», insegna letteratura italiana all'Università di Grenoble. Ha studiato in particolare i rapporti fra letteratura e psicanalisi, come testimoniano i suol saggi tradotti anche In Italia: «La pUcoanallsl nella cultura italiana» (Boringhieri), «Letteratura e psicanalisi» (Mursia). ORA che i tre grandi poeti italiani dell'entre-deux-guerres sono scomparsi, ci si può chiedere perché — almeno dal mio osservatorio francese — Montale e Ungaretti sono noti, se non letti, all'estero, mentre Saba vi rimane quasi ignoto. In Francia, se Papini citava già nel «Mercure de France» Saba nel 1913 come «crepuscolare», e Fiumi lo antologizzava negli Anni 30, oggi possiamo a malapena indicare cinque volumetti utilizzabili per un lettore francese non pratico della lingua italiana: tre antologie, quella del sabiano Philippe Renard, breve, rara ma fedele nella traduzione (Institut Culturel Italien, Parigi 1967), quella del linguista itallanisant Georges Mounin, più. ricca (trad, Odette Kaan, Seghers, Parigi, 1977) e patrocinata dalIVnesco, quella recentissima -dello svizzero Georges Haldas (Losanna , L'àge d'homme, 1982), estetizzante nella traduzione e filologicamente distratta, oltre a una antologia di prose, a Michel David

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