Quell'antico uomo di Romagna di Franco Giliberto

Quell'antico uomo di Romagna C Una mostra sul Paleolitico inferiore aperta a Palazzo Albertini di Forlì Quell'antico uomo di Romagna C gConosceva da poco l'uso del fuoco, era nomade e aveva sempre freddo: trecentomila anni fa il dima nella regione era rigido - Cerano elefanti, rinoceronti, bisonti e giganteschi cervi - Ritrovati migliaia di utensili di pietra - Dai reperti vegetali una ricostruzione del paesaggio: radi alberi punteggiavano le grandi praterie DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE PORLI' — L'allegria, la loquacità, la bonomia e la sincerità sarebbero comparse dopo, moltissimi secoli dopo. Prima — ossia trecentomila anni fa — l'antico uomo di Romagna quasi sicuramente non possedeva quelle virtù che oggi riconosciamo nel suol epigoni, maestri del più cordiale turismo d'Europa. Prima, l'antico uomo di Romagna aveva due caratteristiche dominanti: era freddoloso e frettoloso. Si spostava di continuo tra Porli e Faenza in un avaro territorio di caccia battuto dal vento di tramontana. Faceva freddo da quelle parti. C'era stata la glaciazione di Riss. lingue di ghiaccio coprivano molti baci. ni e forre giungendo a lambire persino le depressioni della Valle Padana, Soltanto d'estate, per un breve periodo, ci si permetteva d'andare in giro seminudi. Homo sapiens. Ma come essere certi di una slmile situazione che si perde nella notte del tempi? La risposta è in un'affascinante mostra sul Paleolitico inferiore, inaugurata sabato scorso nel Palazzo Albertini di Forlì. AntropoIoghi, geologi, archeologhi e paleontologi dopo aver lavorato tre anni in cerca delle più antiche tracce umane nel Forlivese e nel Faentino hanno scientificamente ordinato una gran massa di reperti portati alla luce con amore: quasi ventimila «pezzi» tra utensili di pietra, resti animali e vegetali, e manufatti di varia foggia che recano l'inconfondibile impronta del lavoro (e del pensiero) di Homo sapiens. L'Incanto. 'Chissà se i visitatori — si chiede l'antropologo Carlo Peretta docente all'Istituto di Geologia dell'Università di Ferrara — coglieranno il sottile incanto di questo tipo di ricerche. E' fin troppo facile ammaliati dai valori estetici, rimanere a bocca aperta dinanzi ai bronzi di , Rlace o al cavalli di San Marco. Ma ancor più coinvolgente sul piano emotivo e della ragione dovrebbe essere, se mi è permesso dirlo, trovarsi di fronte a reperti di un passato assai remoto che ci permettono di sapere com'erano i nostri più lontani antenati, "come" vivevano, "di che cosa" si nutrivano, "in quale modo" si spostavano nel territorio, "come" e "chi" cacciavano, con quali strumenti, fra quante difficoltà ambientali, grazie a quale struttura sociale. E si badi bene, le nostre risposte non sono soltanto frutto di ragionevoli ipotesi scientifiche: gran parte delle nostre acquisizioni scendono in linea diretta dai reperti, che "parlano" e danno precise testimoniarne di per sé». Elettronica. La mostra di Palazzo Albertini ha un'impostazione eminentemente didattica, di lineare semplicità. 'Con il catalogo che raggruppa anche tutti gli studi e gli argomenti strettamente scientifici — dice l'archeologa Luciana Prati degli Istituti culturali ed artistici di Forlì— i visitatori più esigenti verificheranno la corretteeea delle nostre ricerche. Microscopi elettronici, computer capaci di elaborare decine di migliaia di dati, analisi chimiche e spettrografiche, comparazioni botaniche sofisticate, esami d'avanguardia sii rocce e fossili: dietro alla nostra ricerca sul Paleolitico inferiore c'è stato tutto questo lavorio'. Animali. TI resoconto giornalistico, per ovvi motivi, rimane in superficie. Nondimeno, una descrizione dell'antico uomo di Romagna e dell'ambiente in cui viveva tre-! centomila anni fa può avere I qualche valore, anche se ridotta in sintesi. Dunque, la mostra forlivese ci dice che la fascia pedecollinare tra 1 fiumi Senio e Montone aveva una morfologia più dolce dell'attule, con una vegetazione costituita prevalentemente da piante erbacee annuali e radi alberi: solo in un ambiente del genere era possibile la vita per i grossi erbivori — e lefanti, bisonti, rinoceronti e megaceri — i cui resti sono stati rinvenuti nell'alveo del Torrente Conca. Tribù. Clima arido e più freddo dell'attuale, momento di ritiro della glaciazione rissi ana: in quella fase 1 gruppi umani formati da un numero ristretto di Individui si accampavano sul riplani del Pedeappennino, a una quota compresa fra gli 80 e 1200 me tri sul livello del mare. Da quel pianori, le tribù avevano una visione su un paesaggio punteggiato da faggi, ontani, noccioli, pini silvestri, abeti bianchi e anche da esemplari di staphylea pinnata (i cui se' mi sono stati trovati — curlO' sita da botanici — per la prima volta in un deposito pleistocenico italiano). Nomadi. Le risorse dell'ambiente per le sue caratteristiche di aridità non dovevano essere notevoli e lo sfruttamento di una zona tramite la raccolta e la caccia avveniva probabilmente in tempi bre- vi ; quindi la tribù era costretta a spostare l'accampamento in altri territori. 'Unicamente in questo modo — dice 11 prof. Carlo Peretto—si può non solo giustificare l'alto numero di insediamenti da noi scoperti, ma anche la quantità di reperti litici presente in ognuno di essi, relativamente scarsi (comunque sono migliala, ndr) se rapportati ai siti pa¬ leolitici, sia in grotta che all'aperto di altre regioni'. Il fuoco. E' sicuro, aggiunge l'antropologo, che l'uomo in questa fase cronologica conoscesse già 11 fuoco. Anche se nel depositi forlivesi e faentini non sono state trovate strutture di focolari, sono tuttavia stati Individuati manufatti che recano sulla superficie tracce di esposizione a forte fonte di calore. - Dal punto di vista paleontologico è difficile avanzare ipotesi sulla specie umana artefice degli utensili rinvenuti. L'età dei depositi con reperti di tecnica 'levallois" associati a bifacciali corrisponde a un momento dt transazione tra Homo erectus e Homo sapiens. Soltanto un fortunato ritrovamento di ossa umane potrebbe risolvere il problema: Ma accontentiamoci per ora di queste centinaia di lamelle, bulini, raschiatoi, punte di lance*, cunei, seghetti e altri arnesi denticolati o pun tuti che l'antico uomo di Romagna costruiva lavorando abilmente la pietra. E accontentiamoci dello scheletro di quel cervo gigante, tre metri d'altezza dai garretti alle corna, che trecentomlla anni fa si spingeva fino alle lagune salate In riva all'Adriatico, proprio U dove oggi i villeggianti tedeschi prendono la tintarella a battaglioni. Franco Giliberto ***** ■ ■M'^fiì^ì0i*& Un artista ha ricostruito l'ambiente del Paleolitico inferiore,; quando l'duonio romagnolo» viveva nel territorio forlivese

Persone citate: Albertini, Carlo Peretta, Carlo Peretto, Luciana Prati

Luoghi citati: Europa, Ferrara, Forlì, Romagna