Le mani su Taiwan isola fantasma VIAGGIO IN UNO DEI PIÙ CRITICI CROCEVIA INTERNAZIONALI di Vittorio Zucconi

Le mani su Taiwan Jsola fantasma VIAGGIO IN UNO DEI PIÙ' CRITICI CROCEVIA INTERNAZIONALI Le mani su Taiwan Jsola fantasma Grande come l'Olanda, priva di materie prime, oggi è tra le venti maggiori potenze economiche mondiali - Esporta manufatti, tessili, plastica; persino teste d'aglio in Francia e gamberi in Italia - Gli eredi di Mao la esigono - Europa, America e Giappone la corteggiano, ma ufficialmente la ignorano - La scialuppa rischia di trasformarsi in «litanie» DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE ■ TAIPEI — C'è un'isola nel Mare della Cina, dove si arriva volando su aerei misteriosi, che appartengono a compagnie nazionali, ma che per. venire qui cambiano nome e colori. In quest'isola si entra, con visti ottenuti da consolati all'estero che si fanno chiamare con nomi falsi, •Associazione per l'amicieia, il commercio, o il turismo in Asia: Nella sua capitale si incontrano ambasciatori travestiti da agenti di viaggio e addetti militari camuffati da studiosi di porcellane Ming. Non si sa bene neppure come chiamarla, se Formosa, l'antico nome portoghese, o Taiwan, o «L'altra Cina; la «Cina Nazionalista», o -La Repubblica cinese» come essa vorrebbe. Mistero buffo o tra-, gico? Benvenuti nell'isola che] non esiste. Ma che tutti vogliono. Taiwan — d'ora in poi la chiameremo cosi—è un altro dei miracoli della follia politica umana, un Paese disegnato da un diplomatico surrealista, ma divenuto ormai uno del crocevia più critici della realtà internazionale, come l'infausto «corridoio di Daneica» d'anteguerra, come le due mezze Berlino, le Falkland*/ Malvinas, le due Cipro, le due Coree è uno di quei nodi che la- storta infaticabilmente stringe e gli uomini non riescono piti a sciogliere. Nata 34 anni fa, sulla fuga dai comunisti di Mao Zedong, quest'isolotto grande come l'Olanda, privo di qualsiasi materia prima o risorsa naturale, parve solo una temporanea scialuppa staccata dal transatlantico cinese per accogliere due milioni di naufraghi della storia. Oggi, è una piccola grande potenza economica, fra le venti maggiori del mondo, 10 miliardi di dollari in riserve liquide, un reddito individuale annuo di 260£'do}&ri,'secondó"ìnl As\à''fpto'al%jmg-l[ stro» Giappone e superiore a molte nazioni europee. Nonostante una sovrappopolazione spaventosa che, tradotta in Italia, darebbe al nostro Paese 260 milioni è corteggia-* ta dagli Usa, dal Giappone, e dall'Europa. Meno che dall'Italia. Che è l'unica nazione europea importante a non avere un proprio rappresentante a Taiwan, chissà per quali misteriose ragioni romane. Ma proprio lo straordinario successo economico, costruito dal taiwanesi con rabbia per rispondere al disconoscimento politico seguito all'espulsione dall'Onu nel 11, ha ritrasformato «L'altra dna» in un problema acutissimo. Gli eredi di Mao la richiedono, . come l'ultima •TrentoTrieste» irredenta dalla rivoluzione, insieme ebn~~FTong~ Kong. La esigono, nel nome del gran ventre cinese comune, nel segno del diritto del piti grosso sul più piccolo, nel ricordo e nell'odio del genera¬ lissimo e del suo =Kuomintang» sfuggiti. E nella speranza segreta che questi 18 milioni di cinesi separati, cosi prosperi e cosi laboriosi, possano essere il lievito industriale per i 1100 milioni di fratelli poveri. Il mondo, vergognandosi d'avere per vent'anni •ignorato» ufficialmente la Cina rossa, ha girato bandiera alla propria ipocrisia, ha accettato le condizioni di Pechino e ha cominciato a ignorare ufficialmente Taiwan. Le capi-, tali hanno cambiato l'etichetta ai loro ambasciatori, trasformando le legazioni fn «American Institute», conte ha fatto Wàshington, o in uffici commerciali, come hanno fatta la Germania, la Francia, l'Inghilterra, la Spagna, la Svezia, l'Austria, la Svizzera. E adesso, mentre ignorano, Taiwan-Stato, fanno affari con Taiwan-industria, ma non l'Italia, il cui volume di scambi scende, pur essendo partita benissimo, ccm le « Vespe» Piaggio fabbricate sull'isola a migliaia. Inevitabilmente, la «forbice cinese» si è aperta. Trentacinque anni dopo la fuga del Kuomintang attraverso gli Stretti di Formosa, la Cina comunista è un colosso politico capace di tenere sulla corda Reagan e Andropov, mentre la Cina nazionalista è un ectoplasma diplomatico che, pochi giorni fa, persino la Costa d'Avorio ha disconosciuto formalmente. L'esercito di Pechino è un oceano di uomini' oggi armati anche con sottomarini nucleari e missili balistici mentre le forze di Taiwan devono accontentarsi dei carri armati della guerra di Corea e degli antiquati jet F 104. La Cina bianca è autosufficiente, esporta manufatti, tessili, plastica. Persino teste d'aglio in Francia e gamberi in Italia. Sul continente, gli scontri di potere ci sono stati e squassanti. Sull'isolotto, neppure la morte del generalissimo Chiang Kai-shek otto anni fa, ha intaccato la ferrea stabilità del regime. I vecchi del Kuomintang, sotto il figlio di Chiang, Chin-kuo, dominano il potere politico. Ma i taiwanesi, gli emigrati piti antichi, hanno in mano l'industria. In mezzo a questa forbice, divaricata dalla sproporzione quantitativa e dalle opposte volontà politiche inflessibili sta la gente di Taiwan. Di loro, nessuno si dà mai pensiero, come se la questione delle «due Cine» o della «Cina unica» fosse una semplice partita a «Rislko», dove si spostano pedine di plastica e non uomini. Si dice che a loro, ai taiwanesi antichi, del Kuomintang importi come del partito comunista cinese: cioè niente. «Non chiesero loro, a Chiang Kai-shek e ai suol due milioni di continentali, di venire a rifugiarsi qui, e ora certo non chiedono a Deng Xiaoplng di venirli a riabbracciare con un miliardo di cinesi», mi dice un taiwanese che studia e lavora negli Usa. Sospettano che prima o poi, nonostante la li-' nea inflessibile del regime, e i canti da sirena di Pechino, una forma di accomodamento andrà trovata. E'proibito parlare di riunificazione, qui, a meno che sia «il crollo del comunismo», ma la parola d'ordine nazionale è sottilmente cambiata: non piti «una sola Cina» sotto la bandiera del Kuomintang e il pensiero di Sun Yat-sen, ma •Taiwan come modello» di sviluppo per le masse del continente. ■ La gente «modello» aspetta, lavora e mangia, rullisela che non è piti una scialuppa, e rischia di diventare un Titanio. Taipei, la capitale di due milioni d'abitanti, sembra travolta da questa ebbrezza di una «undicesima ora» perenne, che da una generazione aspetta il tocco di mezzanotte. I negozi sono aperti 11 ore al giorno, per 362 giorni all'anno. Le ruspe sfondano e aprono, le gru tirano, le betoniere vomitano a tutte le ore. Macchine e motocicli si buttano nel traffico in nuvole di fumo azzurro e permanente. La gente viaggia all'estero, appena ha un po' di soldi, ora che (dal 79) il governo concede facilmente il passaporto a tutti. Vorrei scoprire, in questo viaggio, «nell'isola che non esiste» quello che pensano, se mai si fermano per pensare, dietro il «mal e poi mai con la Cina rossa» del governo, e il >«que sera, sera» fatalistico della gente comune. Queste cinesi bellissime e truccatissime in tailleur Chanel, e •queste «guardie bianche» in :Vespa e Toyota devono pur avere una verità loro, non diplomatica, non ideologica. Forse, la verità è semplice come una coscia d'anatra, o un piatto di funghi neri, o una fetta di prosciutto al miele. Il dubbio viene, guardando come e quanto mangiano, i cinesi di Taipei. Neppure la polizia, che qui sa tutto, sa dirmi quanti ristoranti, friggito,rie, cibi cotti, bancarelle ambulanti di roba da mangiare* ci siano. Sarà il ricordo, stampato nell'inconscio, di quattromila anni di fame che li spinge a ogni ora del giorno verso gli arrosti, le zuppe, i ■tortelli cinesi? Oc'è una punita di malizia, una voglia di sfottere «gli altri» in questo abbuffarsi? Prova tu a mangiare quest'anatra grassa, mio povero compagno e fratello che stai sull'altra riva del fiume. Vittorio Zucconi e 260 milioni è corteggia-* lissimo e del suo =KuominTaiwan-Stato fanno affari giorni all'anno Le ruspe

Persone citate: Andropov, Chiang Kai-shek, Deng Xiaoplng, Mao, Mao Zedong, Sun Yat-sen, Vespa