Ci portò il cuore dei classici

Ci portò il cuore dei classici Ci portò il cuore dei classici ROMA — Le quarantasei regie per il teatro di prosa che Luchino Visconti realizzò, tra il 1936 e il 1973 (da «Carità mondana» di Giannino Antona Traversi per Pagnani-Cimana a «Tanto tempo fa» di Harold Plnter per Asti-Orslni-Cortese) furono, certo, discontinue per qualità dei copioni, impegno del regista, resa degli interpreti: ma una ventina almeno, tra il '45 e II '60, segnarono una Indubbia e decisiva svolta nella cultura teatrale Italiana. Intollerante per istinto delle ancora autarchiche barriere di casa nostra spaziò, sin dalle prime prove, ai più Inquieti drammaturghi stranieri contemporanei, da Cocteau a Williams, da Caldwell a Miller. Nel suo confronto appassionato con I classici (Shakespeare, Goldoni, Cecov sono i tre in cui incise più profondamente) ci dimostrò che essi potevano essere mo. dernamente re interpretati a treno di una loro storìcizzazlone In chiave di realismo critico, che ce li rendesse nostri contemporanei. Per quanto atteneva alla poetica scenica e registica, rivendicò e attuò un'idea di teatro totale in cui scenografia, costuralstlca, musica di scena svolgessero un discorso parallelo e organico a quello interpretativo degli attori. Quanto a costoro, li richiamò con una disciplina dura, un rigorismo severo, a tratti sprezzante, all'approfondimento Interiore del personaggio. Sono risultati che al pubblico giovane d'oggi paiono pacificamente acquisiti, da tempo immemorabile: ma trentanni fa, In stagioni di vistose «parapettate» e di oltraggiosi «birignao», quando celebri compagnie di giro se la sentivano di allestire qualunque novità in sette giorni di cosiddette «prove», fu tutt'altro che facile, anche per un uomo del talento e del prestigio di Visconti, conquistarli e trasmetterli agli altri. Guido Davico Bonino

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