Sotto false bandiere? le opinioni

Sotto false bandiere? le opinioni 'il Sotto false bandiere? FURIO COLOMBO Dicono gli storici che la grave difficoltà del mestiere è comprendere il senso dei fatti e metterli in relazione fra loro, e che questo compito ù ben più delicato dell'identificazione e della scoperta. In altre parole il problema è vedere, ma non, come si dice a volte con troppa speranza, «senza pregiudizio». Un pregiudizio, cioè una visione del mondo, c'è sempre. Basta solo sforzarsi di non cambiare le carte in tavola. Se dalla storia si passa al presente, dobbiamo riconoscere che il gioco delle carte sbagliate è purtroppo attivamente praticato non solo dai politici, che a volte pensano sia saggio e doveroso farlo, ma anche dagli uomini dei mass media. Per esempio, il governo americano ci spiega che il popolo del Salvador «combatte per la democrazia». E' una bella espressione per descrivere le truppe del generale Garda, e la loro battaglia quotidiana, senza quarticte ma anche senza scrupoli, contro i ribelli. Ma i senatori democratici e una buona parte della stampa americana ci parlano dell'insurrezione come di un movimento di liberazione fatalmente buono di cui c'è da discutere solo il come c il quando del momento liberatorio. Se si segue il filo della celebrazione governativa è triste pensare che il vescovo Romcro, ucciso in chiesa mentre celebrava la Messa, o le suore dell'ordine di Maryknoll, violentate e ammazzate mentre distribuivano carità nei villaggi, siano morti per ragioni sbagliate. D'altra parte immaginiamo il dramma tremendo di una famiglia di contadini che adesso sta rischiando la vita nel terrore dei soldati che arrivano o nel tentativo di aiutare i ribelli, e domani sarà mandata in piazza, con bandiere e altoparlanti truccati, a gridare ciò che non pensa, come è accaduto nella messa in scena contro il Papa a Managua. E' possibile che abbiano torto tutti, coloro che definiscono «giusta democrazia» l'attuale governo del Salvador, e coloro che senza discutere immaginano che ogni rivolta sia santa? Purtroppo è possibile, ed è triste perché dimostra quanto sia difficile imparare dai fatti e quanto la forza dei luoghi comuni sia enorme. Si archivia il genocidio della Cambogia come un incidente di alcuni scriteriati che hanno esagerato nell'interpretazione della loro ideologia. Q si ricorda della strage degli indiani mosquitos quando avviene per mano del generale Rioss Montt, del Guatemala, ma non quando è compiuta dalla giovane giunta guerrigliera del Nicaragua. Ognuno ha i suoi compiti, i suoi doveri. Ai politici resta la responsabilità d'immaginare se sia possibile che un popolo ottenga la sua voce, i suoi diritti, i suoi cambiamenti senza essere massacrato dai difensori e dai liberatori. Per gli osservatori professionali c'è il dovere di non usare contenitori sigillati e prefabbricati, uno pieno di male e l'altro di slogan celebrativi. Registrare la sofferenza senza lasciarsi distrarre dalle bandiere è poco, per coloro che sono vittime, ma è inevitabile per chi è chiamato a testimoniare. Forse può essere utile tornare a rileggersi il bellissimo diario degli eventi cubani pubblicato in Italia alcuni anni fa da Carlos Franqui, il compagno di rischio, di prigione e di resistenza di Fidel Castro. Vi si racconta come una liberazione diventa oppressione, vi si spiega, con anni di anticipo, il tormento del Salvador che non è solo nel passato, ma probabilmente anche nel futuro. Si trovano le chiavi per il triste carnevale di Managua e per le sue dimostrazioni truccate.

Persone citate: Carlos Franqui, Fidel Castro, Rioss Montt

Luoghi citati: Cambogia, Guatemala, Italia, Managua, Nicaragua