Dodici condanne (clemenza ai pentiti) per il sequestro De André-Dori Ghezzi
Dodici condanne (clemenza ai pentiti) per il sequestro De André-Pori Ghezzi Tempio Pausania, urla e disordini in aula alla lettura della sentenza Dodici condanne (clemenza ai pentiti) per il sequestro De André-Pori Ghezzi Pene da 4 a 25 anni - Assenti i due cantanti - La bagarre scatenata dagli ((irriducibili» TEMPIO PAUSANIA — Condanne per tutti, graduate a seconda delle ammissioni o dinieghi di responsabilità nella vicenda del sequestro di Fabrizio De André e di Dori Ghezzi: in prima fila i pentiti, poi i pentiti a metà e infine gli Irriducibili, secondo una graduatoria fatta dal pubblico ministero nella sua requisitoria e pressoché interamente sposata dal collegio giudicante del tribunale di Tempio. Cosi 9 anni e 10 mesi di carcere sono stati inflitti a Mario Cesari, il veterinario toscano che fu probabilmente l'ideatore del sequestro e che con la sua piena confessione ha consentito di far piena luce su di esso; 9 anni e 8 mesi a Salvatore Marras, ex assessore comunista del Comune di Orune che fece i nomi di tutti i componenti la banda dopo averla coinvotta in un'impresa della quale egli fu 11 principale organizzatore; 9 anni e 8 mesi ancora a Pietro Delogu. 11 macellaio-vivandiere che custodi, usando nei loro confronti il massimo rispetto, i due cantanti sequestrati. Il «basista» Peppino Pala e 11 «tesoriere» Pietro Ghera, pentiti a metà, hanno avuto rispettivamente 18 e 16 anni di reclusione. Per tutti gli al¬ tri, cioè per gli «irriducibili», componenti quello che è stato battezzato il «clan degli orunesl», pene varianti dai 20 ai 25 anni di carcere. Queste le altre condanne: Giovanni Mangia e Graziano Porcu 25 anni e 8 mesi, Salvatore Vargiu 25 anni e 4 mesi. Martino Moreddu 20 anni e 2 mesi, Giulio Carta 5 anni. Salvatore Cherchi 4 anni e 6 mesi. Questi ultimi erano accusati rispettivamente di truffa pluriaggravata (Giulio Carta si era fatto consegnare dai familiari del cantante 600 milioni di lire trattenendone 50 per sé) e di riciclaggio. La sentenza è arrivata dopo 3 ore e 40 minuti di camera di consiglio e ricalca, come si è detto, le richieste della pubblica accusa che aveva messo in particolare rilievo il ruolo svolto dal veterinario toscano e dal commerciante orunese con le loro confessioni: il primo — dopo 19 mesi di continue proteste di innocenza proclamata addirittura in una lettera a Pertini — che sblocca le indagini, il secondo che si dimostra «umano» con i prigionieri e, rendendo piena confessione, collabora «in modo obiettivo» con la giustizia. Non erano presenti, come avevano già da tempo deciso, né i due cantanti né il padre di Fabrizio De André: «Non è un bello spettacolo vedere quella gente in gabbia», avevano detto all'apertura del processo. Fabrizio è rimasto nella sua tenuta de l'Agnato. Dori è a Milano per impegni di lavoro, e cosi anche il professor De André. I due cantanti si erano costituiti parte civile contro 5 soltanto degli imputati, i «capi» della banda, i quali, avendo reso totale o parziale confessione, sono stati 1 meno colpiti dalle condanne. Contro di essi Fabrizio aveva espresso duri giudizi: -Sono essi die devono pagare perché maggiori sono le loro responsabilità di fronte alla società e ai loro stessi compagni. Questi sono soltanto degli esecutori di ordini e hanno partecipato al sequestro perché probabilmente spinti dalla necessità». Diverso il giudizio del prof. De André, che aveva sborsato tutti i quattrini del riscatto (550 milioni): «Tutti, chi più chi meno, sono responsabili». Tra i pentiti nessuno se l'è sentita di comparire in aula per la lettura della sentenza. Sapevano che la prevedibile condanna a forti pene avrebbe scaricato loro addosso l'ira e le contumelie degli «irriducibili», tutti e cinque presenti in aula. Hanno evitato questi momenti, ma gli insulti e le maledizioni dei condannati e soprattutto dei loro parenti (in particolare le donne, sempre in prima fila tra 11 pubblico per tutte le udienze, e che ieri hanno atteso la sentenza immobili al loro posto, con il volto impenetrabile racchiuso nello scialle nero) sì sono levati altissimi assieme alle urla di «assassini e spie». Antonio Pinna
Luoghi citati: Comune Di Orune, Milano, Tempio Pausania
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