Zoom su un uomo che brucia di Furio Colombo

Zoom su un uomo che brucia I GIORNALISTI AMERICANI S'INTERROGANO: STIAMO PASSANDO I LIMITI? Zoom su un uomo che brucia La sequenza televisiva di un suicidio ha fatto esplodere negli Stati Uniti una polemica sui metodi dell'informazione - Alla tv si è a lungo discusso se un cameraman debba filmare gente in pericolo o soccorrerla - Ma domenica la Nbc ha annunciato un falso «evento terroristico» tenendo col fiato sospeso 60 milioni di spettatori - Un «attentato al senso di responsabilità» NEW YORK — II 6 marzo, domenica, un uomo con la voce alterata ha chiamalo la stagione televisiva di Jacksonville, Alabama. L'uomo intendeva leggere quello èlle aveva definito al centralinista «un comunicalo slampa». La linea è stata passata ai cameramen di turno, due ragazzi di diciatto e ventidue anni. L'uomo con la voce alterata annuncia che si darà fuoco nel parco della città come segno di prolesta per la sua condizione: da due anni è senza lavoro. I due apprendisti cameraman Si precipitano sul furgone, vieltono insieme lampade e materiali e corrono nel luogo indicato. L'uomo è già li, in un suo piccolo camping. C'è un cartello in cui Ila scritto il suo nome e la sua protesta, ci sono alcune bottiglie (dal modo in cui st muove, i due tecnici capiscono die l'uomo Iva bevuto) e due taniclic, die potrebbero contenere benzina. Passu del tempo e uno dei due cameramcn va a telefonare all'ufficio. «Bara un matto», dice a una segretaria, «ma è meglio avvertire anche la polizia». Quando raggiunge il colle- ga, un tragico happening è già cominciato. L'uomo si è versato sul maglione e sui jeans il contenuto delle due falliche e cerca affannosamente di accendere un fiammifero. In quell'istante, una vampata di fuoco investe l'uomo della protesta. Nel bagliore delle fiamme si vede la sagoma nera, prima in piedi, poi in ginocchio. Infine, è una palla luminosa die rotola un po'sul prato, in'cui non si vede piunulla. Il cameraman prontamente ha filmato, per più di trenta secondi. Nellinquadratura si vede infatti l'arrii>o del primo soccorso. E' il più giovane dei due cameramen che cerca di gettare una coperta sulla palla di fuoco, ma l'aria calda 10 butta indietro, ci riesce solo dopo un minuto. Poiché la troupe stava filmando con un videotape, die registra anclie 11 sonoro, la sirena della polizia si sente solo in quel punto. Quando è tutto finito e l'uomo è in condizioni gravissime. Prima ancora die la sequenza filmata raggiungesse le stazioni televisive per essere messa in onda, è scoppialo il furore, l'indignazione, la polemica. Soltanto la stazione di St. Louis nel Missouri ha messo in onda la terribile scena, ed è subito stata lempestata dì telefonate, telegrammi, interrogazioni al municipio e al Parlamento locali. «Ma in Vietnam non avevamo filmato tutti quei bonzi che si davano fuoco?», ha cercato di difendersi il direttore della stazione. I due cameramen di Jacksoni>ille erano troppo giovani per ri cordare il suicidio politico dei monaci buddisti di Saigon. Pensavano invece (lo ha detto uno di loro in televisione, qualche giorno dopo) alla famosa immagine della ra gazza aggrappata alla corda di un elicottero sulle acque del Potomac, dopo la caduta di un aereo diretto in Florida, ti film e la foto che hanno vinto il Pulitzer mostrano la ragazza che perde la presa e precipita fra i lastroni di ghiaccio del fiume. Hanno pensato alle sequenze televisive della sinagoga di Washington occupata da un gruppo di terroristi negri (un piccolo culto fanatico) il cui leader teneva i contatti con la stazione televisiva, e la tv anticipava la polizia. Hanno ricordalo l'articolo di un giornalista del Rhode Island die, in un celebre processo per omicidio (un aristocratico europeo, Von Bulow, accusalo di avere iniettato insulina alla ricchissima moglie americana per ottenere l'eredità), ha pubblicato, prima di darla alla corte, la prova risolutiva, quella che Ita fruttato a Von Bulow l'ergastolo. E hanno ricordato anche il caso, non meno famoso, di John De Lorcan, il costruttore automobilistico finito in bancarotta, che stava tentando di salvarsi con un commercio di droga. E' stata la scoperta di un giornalista a portare la polizia in una stanza d'albergo, non il contrario. Quali sono i limiti dei giornali, dei giornalisti? I limili e i doveri sociali della televisione? Nell'autoesame, cui i mezzi di comunicazione di massa, gli esperti, le scuole di giornalismo (soprattutto la Columbia) si sono sottoposti dopo il caso di Jacksonville, sono venuti fuori nuovi episodi e nuovi argomenti. Naufragio L'episodio più discusso è di un paio d'anni fa, riguarda la tragedia del boat people, una tragedia che è stata soprattutto un evento televisivo, di cui cioè si sapeva solo quel che si vedeva in televisione. Il dibattito, adesso, riguarda un segmento della popolarissima rubrica Sixty minutes (l'equivalente di Mixer o Tarn Tarn per le grandi reti americane, con un indice d'ascolto di quasi cento milioni di persone). In quel segmento, si vede una giunca die sbatte sugli scogli, s'inclina, si rovescia nel mare con tutto il suo carico umano, davanti alle coste della Malaysia. La camera ci mostra la gente del luogo che osserva impassibile, poi torna al disastro, i naufraghi che gridano e affogano in mezzo alle onde, i corpi dei piccoli sbattuti lontano. Infine il giornalista, die guida il servizio, compare nell'inquadratura, si butta in acqua e il resto della ripresa mostra i suoi tentativi, a volte riusciti, a volte no, di trascinare qualcuno in salvo. A quel tempo, il giurnalistfi era stato accusato di avere violato una delle regole sacre del giornalista, quella di non intervenire mai nell'evento. «Il nostro mestiere è documentare, non cambiare le cose», aveva detto allora Osborne Eliot, rettore della Scuola di giornalismo della Columbia University. Adesso che la polemica è ripresa in toni più aspri, torna in discussione l'episodio del boat people, ma con questa variante: come, ha potuto il giornalista continuare a filmare, mentre la nave si rovesciava? Se c'era qualche cosa da fare, bisognava farlo immediatamente, non perdere tempo a mostrare l'indifferenza degli spettatori malesi. Sulla vita della gente non si può fare teatro. Di nuovo si fa sentire la voce autorevole di Osborne Eliot, di Fred Friendly, di altri docenti della Columbia School of Journalism. La loro tesi, ira i dibattiti e i ripensamenti di questi giorni, resta immutata: «Alcuni hanno nella società il compito di osservare fedelmente e di riferire nel modo più chiaro possibile. L'intervento, che può venire prima. 11 giudizio che deve venire dopo, spetta ad altri». Il dovere Anche quando si può impedire una tragedia o salvare una vita? Qui il dibattito si fa più accanito, e i pareri drasticamente diversi. La professione è divisa fra coloro die vorrebbero una immagine pura e incontaminata del giornalista, e coloro che sostengono che «una volta avuto uno spunto di verità, un giornalista ha 11 dovere di usarlo, non spetta a lui fermare i fatti o la notizia sul fatti». A questo dibattito la stazione televisiva Abc ha dedicato una sera intera di confronti, opinioni di testimoni, battibecchi serrati fra giornalisti ed esperti di opinione diversa. Il punto era soprattutto se il giornalista ha il dovere di intervenire quando si può salvare una vita. E, d'altra parte, se deve invece astenersi quando è grave il pericolo oper la vita oper l'onore di un altro. Agli occhi di molti, la serata di esame di coscienza del giornalismo americano organizzata dalla Abc ha avuto un punto debole: si apriva con la trasmissione dell'atroce sequenza televisiva dell'uomo di Jacksonville, per porre la domanda: si può filmare un uomo che brucia? Come c'era da aspettarsi, di fronte a quelle immagini, quasi tutti i partecipanti al dibattito hanno affermato sul teleschermo che no, un uomo che sta per uccidersi non lo si deve filmare, lo si deve salvare. E alcuni protagonisti di simili eventi (come gli ex corrispondenti in Vietnam) hanno testimoniato che la presenza del giornalista, dei fotografi, delle telecamere accese, è sempre un invito a far precipitare o peggiorare un evento. Ma nei giorni seguenti l sondaggi hanno rivelato una forte ostilità popolare alla trasmissione, proprio perché aveva usato la sequenza dell'uomo-torcia. La stessa indagine però ha rivelato un aspetto meno nobile, per il pubblico, e poco incoraggiante per i sostenitori del rigore antiteatrale nelle notizie. L'indice di ascolto della trasmissione (che è quotidiana), a causa delle immagini dell'uomo che bruciava, era salito, in una sera, del doppio. Mentre divampava questa polemica, è giunto il caso di Special Bulletln, un programma della Nbc, trasmesso domenica, che entrerà, accanto alla celebre trasmissione radio di Orson Welles, negli annali delle scuole di giornalismo. Alle nove di sera la Rete 4 (Nbc) ha interrotto, o ha dato l'impressione di interrompere, i normali programmi. Lo speaker ha dichiarato che la stazione doveva mettere in onda un comunicato straordinario. Subito dopo gli spettatori hanno vtsto un collegamento «dal vivo», e hanno appreso che un evento terroristico stava svolgendosi a Charleston, in South Carolina. Non è chiara, avvertiva il cronista, con il tono drammatico di simili circostanze, l'intenzione dei terroristi, o la natura della loro aggressione. Agli spettatori veniva detto che sarebbero stati informati di momento in momento. Infine la rivelazione: «Restate in ascolto. Si tratta della minaccia di fare esplodere un ordigno atomico». «E' interessante che abbiano scelto il terrorismo e 11 ricatto atomico per bloccare milioni di ascoltatori davanti allo schermo», afferma il prof. Penn Kimball della Columbia University. «Ci rivela la vera angoscia latente di questo Paese. Sono passati i bei tempi di Orson Welles, quando era l'arrivo degli extraterrestri la possibile ragione del panico». Paura Si calcola die decine di milioni di persone (forse sessanta) siano state col fiato sospeso fino a quando lian capito che si trattava di un normale programma televisivo. La Scuola di comunicazione dell'Università di Stanford Ita calcolato le quote di progressiva comprensione del fatto da parte del pubblico. Più del cinquanta per cento ha capito «lo scherzo» dopo dieci minuti, ma solo il dieci per cento ne era a conoscenza fin dall'inizio (un argomento die contrasta con la difesa della Nbc: «Noi l'avevamo detto ben chiaro che si trattava di un programma per divertire»;, e almeno dieci milioni di americani, le persone più anziane, gli abitanti dei piccoli villaggi, vi hanno creduto fino alla fine. «E' un danno sociale non da poco, e c'è da domandarsi se si può permettere (a chi trasmette notizie e ci abitua ad essere fonte credibile) di mettere in onda un falso, col pretesto di divertire», ha detto Eric Sevareid, die è stato per anni il principale commentatore politico dell'altra grande catena televisiva americana, la Cbs. Non solo, dunque, si estende il dibattito, ma anche — per usare le parole di Sevareid — la «provocazione dei media» che vogliano mostrare la loro potenza. «Sarebbe terribile, conclude l'ex giornalista, se tutti questi attentati al senso di responsabilità della professione finissero per far perdere credito. Lo scetticismo dei lettori e degli spettatori è la peggiore censura». Furio Colombo