L'Urss ha risposto no su tutto Gromyko congeda i cinesi delusi

L'Urss ha risposto no su tutto Gromyko congeda 8 cinesi delusi Non è stata fissata la data per la ripresa (a Pechino) del negoziato L'Urss ha risposto no su tutto Gromyko congeda 8 cinesi delusi DAL NOSTRO CORRISPONDENTE MOSCA — Dopo una visita di cortesia a Andrej Gromyko, in mattinata, il viceministro cinese degli Esteri Qian Qichen è ripartito ieri sera per Pechino. Si sono cosi concluse, anche sul piano formale, le 'Consultazionipolitiche* sovieto-cinesi che. di fatto, si erano già esaurite mercoledì scorso con la partenza dell'ospite per un intermezzo 'turistico* a Tashkent. Il colloquio di ieri mattina si è svolto nel rigido rispetto speculare di quanto era accaduto nell'ottobre scorso a Pechino, in occasione del primo round del negoziato, quando il vicemlnlstro degli Esteri sovietico Leonld Hichev era stato ricevuto, dopo un breve periodo di riposo in provincia e prima del rientro a Mosca, da Huang Hua. Un incontro protocollare, quindi; ma è stato, lungo l'arco delle tre settimane nelle quali Qian Qichen è rimasto in Urss, l'unico momento politico a cui le fonti ufficiali (agenzia Tass) abbiano fatto riferimento. L'inviato di Pechino rientra, per quanto se ne sappia a Mosca, con il carniere vuoto: non si sa neppure se sovietici e cinesi abbiano già assunto un impegno per un terzo round di consultazioni, a Pechino, nei prossimi mesi. Certo è, a quanto traspare dall'Incontro fra Qian Qichen e Gromyko, che entrambe le parti hanno lasciato aperta la finestra del dialogo. Gromyko. si legge infatti nel breve comunicato Tass, «ha sottolineato la disponibilità sovietica a cercare vie per normalizzare le relazioni con la Cina, nonclié le possibilità già esistenti per un progressivo ampliamento dei legami e dei contatti bilaterali, i quali possono favorire un generale miglioramento dei rapporti fra i due Paesi*. L'ottimismo formale di Gromyko, necessario perché non soccomba un dialogo nato un anno fa per esplicito desiderio di Breznev, contrasta con 1 commenti emersi in questo periodo da Pechino. Anche il tono del comunicato Tass, privo di tutti gli aggettivi che nel lessico del Cremlino avrebbero potuto indicare un minimo di intesa, lascia trasparire la delusione per 11 mancato raggiungimento di un linguaggio comune. 'Le parti — ci si limita a dire — lianno riconosciuto l'importanza positiva del fatto che Urss e Cina abbiano un dialogo politico*. Troppo poco, si dice a Mosca, soprattutto alla luce del freddo e antagonistico riferimento alle parole di Qian Qichen; «L'inviato speciale del governo cinese ha illustrato la posizione del suo Paese sulla questione dei rapporti sovieto-cinesi e su alcuni problemi internazionali*. Troppo è lasciato sottinteso: la mancata disponibilità sovietica ad accogliere almeno una delle tre richieste formulate da Pechino (riduzione delle truppe di Mosca ai confini, ritiro del contingente sovietico dall'Afghanistan, alt all'appoggio per il Vietnam nella sua azione militare in Cambogia); il rifiuto cinese di firmare un «patto di non aggressioiie* (definito da Pechino -privo di significato finché i veri ostacoli non saranno risolti*) o di soddisfare 11 Cremlino rinunciando alla rivendicazione dei territori ceduti il secolo scorso agli zar; addirittura la mancanza di un dialogo sul problema (ritenuto prematuro da Mosca) degli SS-20 che dal teatro europeo fossero un giorno trasferiti in Asia in seguito ad un accordo ginevrino con gli Usa. Mosca si sarebbe trincerata dietro la non pertinenza dei temi che toccano Paesi terzi (l'Afghanistan, appunto, o il Vietnam); Pechino avrebbe replicato sostenendo che l'offerta di un patto di non aggressione non risponde al requisiti concreti di un dialogo sulla sicurezza del confini. f.gal.