Non piangere sull'esodo

Non piangere sull'esodo Non piangere sull'esodo 1 dati provvisori del censimento agricolo possono prestarsi ad una prima analisi, ma non ad un esame approfondilo; servono per schizzare il profilo dell'Italia agricola Anni 80, ma non sono sufficienti per disegnare il volto preciso di un'agricoltura che, a nostro giudizio, si sta preparando al Duemila meglio di quanto lasci apparire. Scontata la diminuzione delle aziende agricole, dirci anzi che 3 milioni 279 mila sono troppe c le 327 mila, perdute per strada negli ultimi dodici anni, sono niente in confronto alle quasi 700 mila scomparse negli Anni 60. Non piangiamo sull'esodo, i nostri agricoltori sono ancora troppi. Dirci, che non c'e da scandalizzarsi se ogni giorno una settantina di imprenditori agricoli decidono di cambiar mestiere o, più facilmente, di ritirarsi in pensione. Imprenditori agricoli e forse un termine troppo impegnativo: chi lascia la campagna, probabilmente 6 il piccolo coltivatore, avanti negli anni, con qualche fazzoletto di terra sparso e diviso, che nessun trattore 6 in grado di lavorare, Ciravi sono, invece, la piccola superficie media delle aziende agricole c, soprattutto, la diminuzione della «superficie agraria utilizzata», scesa di un milione e 700 mila ettari su quasi 16 milioni. Ma non poteva essere altrimenti, tenuto conto del tipo di «cultura economica» esistente in Italia, una cultura economica che privilegia la città più che la campagna, l'industria più che l'agricoltura, il cemento più che il verde. Queste indicazioni non devono indurci al pessimismo sull'agricoltura italiana. Al contrario. Perché, con un milione e 700 mila ettari in meno, essa ha saputo dare di più, essendo la produzione lorda vendibile aumentata tra il '71 c l'Kl del 20,8% in termini reali (prezzi 1970). Abbiamo detto all'inizio che l'agricoltura si sta preparando seriamente ad affrontare il Duemila, cioè un futuro difficile e incerto. Per aiutarci a valutare questo grado di preparazione, saranno utili i dati sull'introduzione nelle campagne delle nuove tecnologie: solo cosi potremo sapere quanto profondamente ha già colpito la «rivoluzione verde» dell'informatica. Le notizie che 1'Istat ci ha dato sulla zootecnia e sulla viticoltura, sono poco promettenti. C'è da rabbrividire, pensando che ci sono meno bovini oggi che dodici anni fa, mentre lo scorso anno per la zootecnia abbiamo speso all'estero 5 mila miliardi di lire. La viticoltura va bene: abbiamo con l'estero un saldo attivo di mille miliardi l'anno. Ma fa male al cuore sapere che la maggior parte delle aziende viticole, che ha chiuso i battenti negli ultimi dodici anni, si trovava al Nord o al Centro, cioè in quelle zone collinari che per tradizione danno il vino migliore; mentre la viticoltura prolifera là dove non dovrebbe, cioè al Sud c in pianura, dove i terreni danno sì molta uva, ma vino scadente. Una saggia politica economica potrebbe riportare in ogni zona agricola le colture ad essa più adatte: ma sarebbe chiedere troppo, perché bisognerebbe programmare, e in Italia non lo si è mai fatto. . Livio Burato

Persone citate: Livio Burato

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