I delegati cinesi a Mosca rifiutano patto di non aggressione con l'Urss di Fabio Galvano

/ delegati cinesi a Mosca rifiutano patto di non aggressione con l'Urss Conclusi senza sostanziali risultati i colloqui per la normalizzazione / delegati cinesi a Mosca rifiutano patto di non aggressione con l'Urss DAL NOSTRO CORRISPONDENTE MOSCA — L'unica concreta proposta sovietica ai negoziati non la Cina, della cui conclusione si è avuta ieri conferma ufficiale (ma a Pechino, non a Mosca), è stata un patto «di non aggressione e di mantenimento della sicurezza ai confini». I cinesi l'hanno respinto, come già l'avevano respinto In passato, affermando che tale documento sarebbe privo di qualsiasi significato finché i veri ostacoli fra i due Paesi non fossero risolti; i colloqui fra 1 viceministri degli Esteri Qian Qlchen e Leonid Ilichev si sono quindi conclusi con un nulla di fatto. La delegazione cinese, rientrata ieri pomeriggio da Tashkent dove si era trattenuta «turisticamente» per quattro giorni, ripartirà domani per Pechino. Nulla è stato annunciato su un'eventuale ripresa dei colloqui (come era invece accaduto nell'ottobre scorso a Pechino, al termine del primo round): si è soltanto saputo da fonti cinesi che domattina Qian Qlchen sarà ricevuto dal ministro degli Esteri sovietico Andrej Gromyko. in un gesto che riflette specularmente il collo¬ quio finale — a ottobre — fra il sovietico Ilichev e 11 ministro degli Esteri cinese Huang Hua. I patti di non aggressione figurano fra gli espedienti più comuni del Cremlino per dimostrare propagandisticamente le sue buone intenzioni: mascherano anche, sovente, il fallimento di altri più concreti negoziati, e In questa luce 1 cinesi devono avere interpretato l'accordo offerto loro. Anziché tentare la via del compromesso sulle questioni di confine, accusa Pechino, Mosca ha offerto un placebo diplomatico, tanto più Inutilizzabile dai cinesi in quanto 11 patto — a quanto riferiscono fonti diplomatiche — escludeva a priori il coin¬ volgimento di «Paesi terzi» (quindi della Mongolia, dove, la presenza di truppe sovietiche è in esplicita funzione anti-cinese). Quando i cinesi dicono che il patto non serve "finché sussistono tre grandi ostacoli: indirettamente affermano che, del tre problemi gettati da Pechino sul tavolo delle trattative, neppure quello di più facile soluzione (la riduzione delle truppe dal confine, appunto) è stato risolto o avviato verso una soluzione. Dal 1° marzo, a quanto si dice. Qian Qlchen e Ilichev si sono incontrati cinque volte, e ogni occasione è stata punteggiata da critiche cinesi al rifiuto sovietico di discutere questioni che coinvolgessero Paesi terzi: la parte del problema di confine relativo alla Mongolia, per esemplo, ma anche l'Afghanistan e la Cambogia. Quelle situazioni, diceva l'agenzia Nuova Cina, coinvolgono si Paesi terzi, ma ■•sono state create dall'Urss con l'uso diretto della forea armata (Afghanistan, ndr) o con l'appoggio a un altro Paese che usa la forea armata (i vietnamiti in Cambogia, ndr)». Se si accetta l'inevitabilità storica di un riavvicinamento (è presto per parlare di normalizzazione di rapporti) fra le due superpotenze del comunismo, quella strada passa anche attraverso i contatti sportivi e culturali che si stanno lentamente riavviando, attraverso la collaborazione economica (l'interscambio dovrebbe aumentare quest'anno del 170 per cento, da 300 a 800 milioni di dollari), ancor più attraverso i difficili colloqui fra Qian Qlchen e Ilichev. Ma non, secondo Pechino, attraverso le fumose pagine di un protocollo che esclude si un'aggressione diretta, ma che nulla fa per risolvere «/e minacce indirette alla sicurezza cinese». Fabio Galvano

Persone citate: Andrej Gromyko, Huang Hua, Leonid Ilichev, Qian Qlchen