L'Unione Sovietica chiude le sinagoghe «In vent'anni sono scese da 1000 a 55» di Giorgio Romano

L'Unione Sovietica chiude le sinagoghe «In ventanni sono scese da 1000 a 55» Alla conferenza di Gerusalemme testimonianze sulla vita degli ebrei in Urss L'Unione Sovietica chiude le sinagoghe «In ventanni sono scese da 1000 a 55» NOSTRO SERVIZIO PARTICOLARE TEL AVIV — La Conferenza per gli ebrei dell'Unione Sovietica continua i suoi lavori a Gerusalemme: la consapevolezza dell'urgenza che presenta il problema ha dominato i dibattiti, relegando in secondo piano la questione della Nescirà, cioè Io tendenza degli ebrei dell'Urss a non scegliere Israele come terra d'asilo. E' un problema grave, che trova spiegazione nella propaganda ostile e nelle condizioni di instabilità e tensione. Le testimonianze sulla violenza, le vessazioni e le discriminazioni contro gli ebrei hanno costituito un'impressionante documentazione della condizione in cui essi vivono nelle piccole e nelle grandi città dell'Unione Sovietica, senza poter seguire le pratiche di culto e provvedere alle proprie esigenze rituali. Alexander Chipor ha detto che «ci sono oggi 55 sinagoghe in Russia (solo a Mosca alitano 500 mila ebrei) rispetto alle 1000 di una generazione fa»; anche l'accesso alle professioni liberali e alle attività scientifiche è sempre più difficile. Inoltre molestie e minacce rendono evidente la conclusione di molti degli oratori di ieri, dopo il discorso di Ida Nudel: «Non esiste un futuro per gli ebrei dell'Urss». Mercoledì sera migliaia di persone hanno manifestato nei pressi del «muro occidentale» per invocare libertà per l'ebraismo sovietico e chiedere la scarcerazione dei «prigionieri di Sion», tra cui «Anatoly Scharansky e tutti gli ebrei e i cristiani prigionieri dell'Unione Sovietica». Un'altra manifestazione si è svolta ieri mattina davanti all'ambasciata internazionale dèi cristiani di Israele, al canto di inni, preghiere e invocazioni: al raduno era presente il premierBegln. Nel pomeriggio di ieri ha parlato il capo dell'opposizione laborista Shimon Peres, che ha lanciato un appello ai dirigenti del Cremlino «perché modifichino la loro politi-, ca e si mostrino fedeli ai propri ideali». Ha détto inoltre Peres: «Non c'è antisemitismo socialista e antisemiti¬ smo capitalista: tutte le forme dell'antisemitismo sono deprecabili... Nemmeno un immenso impero come l'Unione Sovietica potrà ignorare per sempre 11 grido di protesta che si leva dagli ebrei e dai non ebrei». Sono giunti alla Conferenza numerosi messaggi. L'ex premier italiano Giovanni Spadolini ha scritto che «l'antisemitismo non è scomparso assieme al nazismo, ma vive sotto forma di intolleranza e di repressione in Russia». /I primo ministro australiano Robert Hawke ha detto: «Sono preoccupato per le condizioni degli ebrei russi che vogliono immigrare in Israele e mi impegno a operare per questo problema». Il senatore americano Henry Jackson ha chiesto un rinnovo di manifestazioni e di proteste «perché non possiamo attenderci che a Mosca prevalgano nel prossimo futuro condizioni migliori». Giorgio Romano

Persone citate: Alexander Chipor, Giovanni Spadolini, Henry Jackson, Ida Nudel, Peres, Robert Hawke, Shimon Peres