La spia che scappò nel freddo di Fabio Galvano

La spia che scappò nel freddo L'Unione Sovietica piange la morte di Donald MacLean, l'inglese protagonista di una delle più clamorose vicende del dopoguerra La spia che scappò nel freddo Avvisato da Philby, allora insospettato capo dei servizi di sicurezza di Londra, era riuscita a fuggire nel 1951, evitando l'arresto per poche ore - Nel '50 entrò nel Forcing Office con un incarico che gli consentì di comunicare ai russi i piani della Nato • Negli ultimi anni lo stalinismo della sua gioventù era stato sostituito da una spiccata simpatia per reurocomunismo DAL NOSTRO CORRISPONDENTE MOSCA — L'Unione Sovietica piange la morte di Donald MacLean, il diplomatico britannico che con Guy Burgess e «Klm. Philby — nel 1979 sarebbe emerso anche il nome di sir Anthony Blunt, consigliere artistico della regina Elisabetta — fu protagonista trent'anni fa di una fra le più clamorose vicende di spionaggio a favore dell'Urss. Avvisato da Philby. allora insospettato capo dei servizi di sicurezza inglesi (Mia), MacLean era riuscito aJuggire con Burgess nel maggio 1951, evitando per poche ore l'arresto: da allora era vissuto a Mosca. E a Mosca, nel suo alloggio al quinto piano di un palazzo di pietra grigia che dà sulla Moscova, è morto domenica mattina all'età di 69 anni: cancro ai polmoni, si dice La notizia si è diffusa soltanto giovedì a tarda sera. La salma è stata cremata, poco distante dal monastero di Donskoj, al termine di una breve commossa cerimonia alla quale hanno partecipato circa 150 persone, per lo più suoi colleghi di lavoro (MacLean era analista di affari britannici all'Istituto per l'economia mondiale e per le relazioni internazionali, un think tank del Cremlino). Più tardi la sua scomparsa è stata addirittura annunciata dalle Izvestija. in un necrologio fir mato da «un gruppo di compagni* nel quale Donald Donaldovich MacLean è esaltato come ^fedele figlio e cittadino' (aveva preso la nazionalità sovietica), «uomo di alte qualità morali*, «comunista convinto*. Il giornale non fa alcun riferimento al suo passato di spia, ma afferma che MacLean «dedicò tutta la vita agli alti ideali del progresso sociale, della pace e della collaborazione internazionale*, e rese importanti servigi «al partito comunista è allo Stato*, distinguendosi «soprattutto nella lotta contro il fascismo*. Il funerale è stato organizzato dall'Istituto per il quale MacLean lavorava. La bara, coperta da una bandiera rossa, era circondata da numerose corone e medaglie. Non si sono visti né la moglie, né 1 figli, né Philby. «La patria dice addio al suo figlio fedele, al cittadino dell'Unione Sovietica MacLean*. ha esclamato una donna, sull'attenti, davanti alla sua fotografia. «La sua memoria — ha aggiunto —vivrà per molti, molti anni*. Burgess è morto nove anni fa; di Philby, anch'egli rifugiatosi in Urss nel 1963, dopo essere stato a sua volta smascherato e costretto a fuggire, si è ancora parlato nel 1980: le Izvestija. riferendosi a un suo libro appena pubblicato («La mia guerra segreta*) precisarono che egli era ancora «in servizio attivo*, e in circoli diplomatici si è sempre detto che lavori come istruttore dei servizi segreti sovietici. Era MacLean, dei tre, l'unico che «si facesse vedere», comparendo di tanto in tanto e torreggiando (era alto quasi due metri) ai cocktail occidentali. Da anni viveva solo: la moglie Melinda, un'americana, lo aveva seguito a Mosca con 1 tre figli, ma poi lo aveva lasciato per stabilirsi con il «terzo uomo» Philby. Nel 1980 è rientrata negli Stati Uniti con la figlia, la quale era rimasta a lungo con lui; i vicini di casa dicono perù che uno dei due figli maschi veniva frequentemente a visitarlo. Lo incontrai una volta sola, e per pochi minuti, poco dopo il mio arrivo a Mosca: del diplomatico aveva perso l'eleganza ma non il savoir faire. Il gessato delle foto di trent'anni fa era stato sostituito da pantaloni informi e da un anonimo cardigan, e la pettinatura impomatata stile Inghilterra Anni Quaranta aveva ceduto a una frangetta grigia che appena lambiva la fronte spaziosa; ma i modi cortesi, lo spiccato senso dell'umorismo, l'inesauribile miniera di aneddoti sulla sua passata vita al Forelgn Office, tutto ciò contrastava vivamente con lo stereotipo cinematografico della grande spia. Sfruttava addirittura la sua sordità da un orecchio per uscire elegantemente da situazioni imbarazzanti «Scusatemi, sapete che non sento bene*, diceva a chi gli ri¬ volgeva una domanda «scomoda» sul suo passato. Figlio di sir Donald MacLean, che era anche stato ministro in successivi governi liberali, egli disponeva di un background che nell'Inghilterra ancora legata dai nodi dell'establishment gli garantiva un avvenire. Dopo un'educazione privata in una delle migliori scuole era entrato all'università di Cambridge. E proprio 11, all'inizio degli Anni Trenta, venne a contatto con Burgess e Blunt: con loro fece parte di un gruppo che si chiamava «Oli apostoli* e che si considerava l'avanguardia di una futura rivoluzione comunista. Furono anni determinanti per i tre, ma anche per Philby che — più giovane —sarebbe approdato soltanto qualche anno dopo a Cambridge. L'avanzata del fascismo in Europa e l'appeasement britannico nel confronti di Hitler catalizzarono le loro simpatie filo-sovietiche. MacLean si laureò nel 1934 (in lingue: francese e tedesco) e l'anno seguente entrò, nobile rampollo di buona famiglia, al Foreign Office: all'insaputa di tutti avviava in quel momento la sua attività spionistica. Le sue simpatie universitarie per il movimento comunista non gli impedirono una brillante carriera, anche perché le misure di sicurezza d'allora non contemplavano preclusioni di quel genere. In ogni caso MacLean, per prudenza, cessò di professare apertamente quel suo credo politico. Terzo segretario all'ambasciata di Parigi (1938: in quel periodo conobbe Melinda), fu ufficialmente lodato per il suo «lavoro meticoloso» Nel 1944 fu mandato all'am¬ basciata di Washington, e dal 47 rappresentò l'Inghilterra presso un comitato di cui facevano parte anche Stati Uniti e Canada e che si occupava di collaborazione nucleare. Da quel momento MacLean aveva accesso ai segreti atomici dell'Occidente. E, di conseguenza, l'aveva anche Mosca, Dopo un'Infelice parentesi all'ambasciata del Cairo (1948), punteggiata dall'alcol e addirittura da un arresto per ubriachezza ad Alessandria, MacLean si ritrovò nel 1950 al Forelgn Office: era a capo del Dipartimento americano, e da quella scrivania fu in grado di comunicare al sovietici tutto quanto si discuteva nell'ambito della Nato, sorta l'anno precedente. In particolare era a conoscenza delle discussioni fra Attlee e Truman sull'opportunità o meno di usare l'arma nucleare nel conflitto coreano. Ma la morsa del controspionaggio aveva ormai segnato i suoi giorni. Poco prima della guerra un agente sovietico, passato al l'Occidente, aveva detto di «un diplomatico britannico* che spiava per convinzione ideologica. Cominciarono ad accumularsi prove sul suo capo. Messo sul chi vive da Philby, di ventato agente dei sovietici poco prima di entrare (1940) nei servizi segreti, MacLean fuggi con Burgess, anch'egli diplomatico di carriera, su un traghetto per la Francia. Era 1125 maggio 1951, proprio quel giorno compiva 38 anni. Per quattro anni 1 due, giunti a Mosca attraverso canali ancora sconosciuti, vissero a Kujbyshev, una citta «chiù sa» agli stranieri. Riemersero nella capitale nel 1955. Philby, sospettato di averli aiutati a' fuggire (ma non ancora di essere egli stesso una spia), dovette lasciare 1 servizi di sicurezza. Si diede al giornalismo, lavorò per alcuni anni in Medio Oriente. Ma nel 1963, smascherato, dovette anch'egli riparare in Urss. Chi rivelò l'intera trama? Oggi si dice che sia stato Blunt, 11 quale - proprio per avere collaborato con i servizi segreti inglesi avrebbe avuto uno sorta di «perdono». Sulla vicenda cadde una cortina e nessuno fu in grado di impedirgli, esperto d'arte, di diventare consulente artistico di Buckingham Palace. Soltanto quando un'inchiesta giornalistica lanciò su di lui i primi sospetti, nel 1979, l'Intera vicenda venne alla luce. A Mosca MacLean si era bene ambientato, a differenza di quell'omosessuale estro¬ aoo, ea? o r zi o a e ndi nrria a no¬ verso che era Burgess: il suo russo era ormai perfetto, conduceva una vita tranquilla e regolare, salvo qualche incertezza sul «noi* e sul «loro* quando parlava di rapporti anglo-sovietici, e un tocco patriottico (inglese) durante la guerra delle Falkland. Non ha mal dato segno di rimpiangere le sue azioni. «Gli inglesi mi hanno chiamato traditore — sosteneva —, ma io non ho mai tradito le mie convinzioni*. Lo stalinismo che aveva infiammato la sua gioventù era stato sostituito da una spiccata — e dichiarata — simpatia per l'eurocomunismo del tipo italiano e spagnolo. Aveva ammirato la «primavera di Praga» vedendovi un «comunismo dal volto umano* e auspicando, su quella spinta, trasformazioni anche in Urss. Aveva giudicato «un errore* lAladcptalsvzusalnbmlm l'Intervento sovietico in Afghanistan. Era critico dell'immobilismo brezneviano, e aveva grande fiducia in Andropov. Ma il «cambio della guardia» al Cremlino lo ha colto già gravemente malato. Nel suo appartamento, ampio per gli standard sovietici, trascorreva le ore leggendo o ascoltando la BBC. In un salotto decorato con vecchie stampe di Cambridge assisteva melanconico alla disgregazione di quella che era stata una vita intensa e avventurosa: riceveva sempre meno gli amici, non scriveva più i suoi lucidi articoli di politica internazionale (sempre però pubblicati con pseudonimo), ammetteva con rincrescimento di perdere il «gusto per la politica inglese*. Rimasto solo, è morto solo: anche una grande spia può morire nel suo letto. Fabio Galvano M Un'immagine degli Anni SO di Donald Maclean, la spia inglese fuggita all'Est (Tel. Ap) Mosca. La bara di Donald Maclean, il diplomatico-spia inglese residente da decenni in Urss, viene avviata al luogo della cremazione. Sulla corona di fiori è scritto: «Dai tuoi compagni di lavoro»