De Andrè e Dori Ghezzi raccontano in aula «Pareva uno scherzo, ma comparve un fucile»

De Andre e Don Ghezzi raccontano in «Pareva uno scherzo, ma comparve un facile» I due cantanti rapiti nella tenuta di Tempio Pausaniarievocano la notte del sequestro De Andre e Don Ghezzi raccontano in «Pareva uno scherzo, ma comparve un facile» TEMPIO PAUSANIA — Prima Dori Ghezzi, poi Fabrizio De André hanno raccontato al giudici i quattro mesi di prigionia sotto la sorveglianza di due carcerieri. In un anfratto di un monte. La rievocazione fatta dalla cantante è stata pilotata dal presidente verso gli aspetti processualmente rilevanti, concedendo meno spazio ai sentimenti che comunque, di tanto in tanto, sono comparsi nel ricordo: paure,' speranze e l'inevitabile comunanza con 1 carcerieri, 11 loro rammarico di «essere costretti a sequestrare per necessità»: «Ci spiace soprattutto per lei, che è figlia di un operaio», dissero un giorno a Dori Ghezzi. SI comincia dalla notte del sequestro. Fabrizio è già a letto, sta leggendo, Dori sta per raggiungerlo. La bambina, Luvi, è al mare con i nonni. •Sento un passo pesante—èli racconto —[ in corridoio mi blocca un uomo armato di fucile. Distinto tenui di fuggire, ma mi blocca un'altra persona armata. Mi dice: Dori, non ti succederà nulla. Sonò in'tre, tutti annoti. Ci mettono cappucci neri e ci legano i polsi con strisce ricavate dalle federe dei cuscini. Poi ci fanno salire sull'auto'di Fabrizio, una Dyane5. Viaggiamoper un'ora e mezzo. Ci fanno scendere, camminiamo e arriviamo al loro rifugio». ' — Fu una convivenza pacifica1? •Assolutamente. Non abbiamo mai subito violenze. I pasti erano abbondanti anche se un po' monotoni: pesce in scatola, soprattutto tonno e sardine, e pane di due tipi, "Stresa" e "CaraSau". Avevamo ciascuno il nostro carceriere personale, il mio era basso, quasi come me, quello di Fabrizio più alto. Prima dormivamo tutti e quattro su una roccia pianeggiante, loro alle estremità, noi in mezzo. Poi chiedemmo di levarci i cappucci. Acconsentirono a patto che ci lasciassimo legare. Era meglio una catena al piede che quel cappuccio infernale, e poi da allora i carcerieri ci lasciarono soli sulla nostra roccia e per sé ne scelsero un'altra più a monte da dove potevano controllare ogni nostro movimento». — Il suo carceriere era l'uomo che l'aveva sequestrata? chiede il presidente. •Non so, non credo. L'uomo che ci rapì mi dette del tu, l'altro usò sempre del lei». Fabrizio De André condisce 11 racconto con venature d'ironia alternate a distacco. • Quando vedo questo Ozio in camera mia penso ad uno scherzo, ma trovandomi un fucile sotto il naso mi ricredo subito. Posso continuare a fumare? gli chiedo. Magari do¬ po, mi risponde il bandito, e cerca armi. Gli indico il Winchester appeso a una parete. In cucina mi chiedono addirittura le generalità, poi quando lasciamo la casa si informano dove si trova l'interruttore per spegnere la luce». — Chi era il suo custode? -Era quello che mi sequestrò. Arrotava la erre, anzi un giorno gli feci notare che era un segno di identificazione. "Ce ne sono tanti in Italia e in Sardegna", mi ha risposto». La monotonia era grande, nonostante le partite a carte con la moglie giocate usando scatole di fiammiferi DI tanto In tanto un «concerto» di sonagli di greggi che pascolavano nel dintorni, qualche allenamento del carcerieri con le armi e, le ultime domeniche della prigionia, le urla e gli spari delle battute di caccia al cinghiale. Una domenica un cane si smarrisce, i cacciatori lo chiamano a voce alta: •Gemma, Gemma» e arrivano a pochi passi dal rifugio. Sono momenti di tensione, poi le voci si allontanano. Dopo 1 due cantanti tocca al prof. Giuseppe De André e agli Intermediari rievocare le trattative per 11 riscatto. Salta fuori anche la storia dell'emissario, Giulio Carta, che In tasca ha 50 milioni di soldi «puliti» e che prima del processo vuole restituirli Quei 50 milioni, pagati un mese dopo la liberazione, 11 aveva raccolti il cantante con l'aiuto di un prete e delle suore dell'orfanotrofio, al quali vennero poi restituiti. «Se sono soldi miei, gli dice Fabrizio, li prendo. Se sono quelli versati da mio padre, restituiscili a lui». Non se ne fa nulla Giulio Carta era la prima persona amica che Fabrizio De André aveva abbracciato subito dopo la liberazione. Antonio Pinna

Persone citate: Antonio Pinna, Dori Ghezzi, Fabrizio De André, Giulio Carta, Giuseppe De André

Luoghi citati: Italia, Sardegna, Stresa, Tempio Pausania