De Beauvoir: «Casalinghe, unitevi» di Christiane Chombeau

De Beauvoir: «Casalinghe, unitevi» INTERVISTA CON L'AUTRICE DI «SECONDO SESSO» PER LA GIORNATA INTERNAZIONALE DELLA DONNA De Beauvoir: «Casalinghe, unitevi» In America, il nuovo femminismo regredisce «ai valori tradizionali, alle vocazioni di madre e di sposa, all'ideale dell'eterno femminino» - Ma in Europa il movimento «non è morto né decrepito» - Meno brillante degli Anni 70, quando bisognava «colpire l'immaginazione», si dedica a problemi specifici - «Uno dei grandi temi che ora bisogna porre è quello delle faccende domestiche, autentico lavoro nero non remunerato né riconosciuto» A sessantacinque anni, l'autrice di Secondo sesso è ancora la figura più rappresentativa del femminismo. In occasione della giornata internazionale dell'S marzo, Simone de Beauvoir è ritornata sul movimento delle donne, meno vivace di una dozzina di anni fa, ma ancora ben presente. Guardando retrospettivamente il femminismo dagli Anni 70 in poi, secondo lei ci sono state conquiste reali oppure è accaduto che dopo aver ottenuto soddisfazioni parziali e settoriali, le donne sono state smobilitate e le rivendicazioni si sono indebolite? «Non credo alla smobilitazione. Tutte le conquiste si sono verificate in buone situazioni. La contraccezione e l'aborto sono vittorie molto importanti e aprono la strada a successi più considerevoli. Non penso che queste vittorie siano qualcosa di scoraggiante e, se nel fallimento c'è un aspetto di sfida, nel successo c'è un incoraggiamento all'azione. I successi che si ottengono attualmente sono meno brillanti e il movimento è meno aggressivo che all'inizio. Quando mancavano gli appoggi e si era ai primi passi bisognava colpire l'immaginazione e gli animi, fare grandi manifestazioni. Contraccezione e aborto erano temi che interessavano tutte le donne, indipendentemente dalla loro condizione. Oggi la base delle nostre rivendicazioni è molto meno generale. Si ritrova la sfasatura tra donne intellettuali o borghesi e la situazione delle operaie, delle donne veramente diseredate. «Certamente il problema delle classi si ritrova all'interno del movimento femminista. E' diffìcile riuscire a mobilitare donne che sono già mobilitate per la lotta contro lo sfruttamento economico. Soltanto a poco a poco finiranno col capire che le due cose sono legate. «Uno dei grandi interrogativi che bisogna porsi adesso è quello del lavoro delle casalinghe che qualche volta viene chiamato lavorò nero, .perché è un lavoro non remunerato, non riconosciuto. Soltanto alcuni uomini cercano di dare prova di buona volontà, ma i più devono ancora essere con- quistati. E le donne hanno talmente l'abitudine di trovare tutto ciò naturale che è difficile suscitare in loro una rivolta organizzata». Sono state combattute tutte le lotte necessarie? Si sono scelti bene gli obiettivi prioritari? «Le rivendicazioni sulla differenza, per esempio, erano un problema secondario. All'inizio la lotta è stata concentrata sulla sessualità perché l'aborto e la contraccezione erano problemi evidenti. Poi si è posta rapidamente la questione del lavoro, della parità del salario. Purtroppo le leggi ottenute sono state aggirate. La resistenza degli uomini è forse maggiore sulla questione del lavoro che su quella dell'aborto». Senza uomini Ci sono stati errori di metodo, di comportamento, nel modo in cui le donne hanno condotto la lotta? Per esempio la questione non-promiscuità, della separazione tra uomini e donne durante la lotta? «Sulla "non-promiscuità" ero d'accordo. Ma bisogna sapere su cosa gioca. Gioca sui gruppi di coscienza (le riunioni che fanno le donne per parlare dei loro problemi) e io trovo che qui sia stata una cosa eccellente perché quando gli uomini prendono la parola hanno la tendenza a tenersela e a impartire lezioni alle donne. Ma forse ci sono altri casi... D'altra parte nella commissione delle donne e della cultura alla quale partecipo, gli uomini sono ammessi». Qua! è oggi la posta in gioco del femminismo? ' «Per restare pratici vorrei parlare dell'iniziativa della lega del diritto delle donne; la creazione di una lega del diritto internazionale delle donne. Constatiamo con dispiacere che i cosiddetti diritti dell'uo¬ mo non sono cosi universali come si dice e che in questi diritti dell'uomo non è considerata la specificità dei diritti delle donne. In tutto il mondo, vengono raggirati spesso e gli organismi ufficiali non sentono la voce delle donne che reclamano la fine del loro sfruttamento o addirittura delle loro torture. In Francia, il ministro degli Esteri ha risposto alla lega del diritto delle donne che non dobbiamo immischiarci in ciò che negli altri Paesi è considerato tradizione, per l'esattezza la clitoridectomia». Ma non è stata chiusa la parentesi degli Anni 70 per ritornare a un certo "stani quo"? «No, proprio perché creiamo qualche cosa di nuovo. Evidentemente, poiché le istituzioni sono in mano agli uomini, questi non si preoccupano molto di aiutare le donne. Oggi, però, il governo è più aperto e ha creato un ministero serio, con un bilancio. Adesso tocca a noi femministe utilizzare questi appoggi, queste istituzioni per trarne il maggior vantaggio possibile». Le donne che combattono avvertono forse una continuità nella lotta, ma per il pubblico c'è sicuramente la sensazione di una caduta. La sente anche lei? «No, se oggi è tutto meno brillante, meno scandaloso, è perché nel 1970 c'è stata l'esplosione, ma non per questo io credo che il movimento sia morto o decrepito. Forse lo è negli Stati Uniti, ma non in Francia. Credo bene che in America ci sia una regressione terribile e non solo a causa di Reagan, ma del nuovo ferrimi nismo. Si chiede alle donne di abbandonare la loro lotta e di ritornare ai valori tradizionali, alla differenza con gli'uomini alla vocazione femminile di madre, di sposa, di devozione,' eccetera. 'Il nuovo femminismo americano, e ciò è molto grave, è un ritorno all'eterno femminino. «Secondo me, nell'insieme, le femministe francesi non vogliono questo. Lavorano forse più prudentemente, ma ottengono risultati. Gò ha per conseguenza di indurire l'atteggiamento degli uomini perché si sentono minacciati un po' da tutti i lati, cosa che non amano affatto. Nell'insieme sono molto più' aggressivamente misògini di quanto non lo siano mai stati». «Una riflessione teorica: trentaquattro anni dopo "Il secondo sesso" c'è uno sviluppo del pensiero femminista o ci troviamo davanti a una carenza intellettuale?». «Non penso assolutamente che ci sia una carenza intellettuale. G sono donne che fanno cose molto valide, un lavoro molto serio nelle riviste — i a e — per esempio la Nouvella Questioni féminista, la Revue d'en race — anche se non appaiono spesso per delle ragioni di bilancio. C'è una diversificazione: librerie, molte donne che fanno film, un centro audiovisivo a cui hanno dato molto gentilmente il mio nome e del quale si occupa soprattutto Delphine Seyrig. Certamente 1 lavoro è meno clamoroso, meno provocatore di quanto non lo fosse negli Anni 70. Probabilmente perché nell'insieme ci è stato riconosciuto il diritto di batterci, a dispetto di tutti gli uomini che ne rimangono infastiditi». Ma non trova strano che donne di trent'anni, sia in Francia sia negli Stati Uniti, si sentano meno vicine a lei che a molte donne più giovani, come se non d sia stato veramente un collegamento nella Iblea storica del suo lavoro? "Il secondo sesso" rimane, penso, una base importante. E' una somma, con dei limiti, ma alla fine è una totalità. In effetti non ci sono state molte donne che hanno ripreso qualcosa da un punto di vista cosi ampio, ma ci sono pur sempre Kate Millett e qualche altra». Ma se Le si dicesse che sono tutte Sue figlie e che sono sterili, cosa risponderebbe? «Che non è vero! Non credo che le femministe di oggi siano veramente sterili. Penso che si concentrino di più su punti specifici. Infatti, una commissione come quella che si riunisce sotto l'iniziativa di Yvette Roudy (ministro per i diritti della donna, in Francia, n.d.r.) è il tentativo di mettere a punto una setie di cose». Lei ha accettato di essere la relatrice della commissione delle donne e della cultura. A che punto sono i lavori e quale è l'approccio dei problemi culturali della donna? «Abbiamo avuto solo tre riunioni... Fortunatamente abbiamo delle intese di base che csgnori A e ci evitano di dovere ritornare sulle cose essenziali. G ricongiungiamo su quella che è stata sempre la mia posizione: non si tratta di parlare di cultura femminile, di linguaggio o di scrittura femminili. Non si tratta di rinchiudere le donne in questo ghetto della «differenza» che gli uomini vorrebbero imporre. Riteniamo invece che si debba lavorare in seno alla cultura universale, ma in un modo personale, cercando non solo di rubare lo strumento, di fare di questa cultura la nostra, ma anche di modificarla, di introdurvi i nostri propri valori. Questi cambiamenti dovrebbero valere sia per gli uomini sia per le donne. Il fatto che noi siamo una minoranza esistenziale nonostante la nostra maggioranza numerica, che siamo coloro con l'esistenza meno riconosciuta su una quantità di piani oppressi da civiltà patriarcali, ci dà una visione sul mondo diversa da quella degli uomini. Ma è a questo stesso mondo che noi guardiamo». Amore alibi Cinque anni fa Lei disse a Pierre Vinasson-Ponte: «I partiti di sinistra non sono più favorevoli alle donne di quelli di destra, anzi questa è stata una delle ragioni che ha contribuito alla creazione di gruppi veramente femministi...». E' sempre della stessa opinione? «Continuo a pensare che i problemi delle donne debbano essere affrontati al di fuori dei partiti politici. E' comunque certo che il femminismo è più favorito da un governo socialista che da uno reazionario. Non per questo si deve credere che tutto il nostro governo sia femminista. Anzi, è la ragione per la quale la signora Roudy mi ha chiesto di redigere un rapporto sulla cultura e le donne che è indirizzato al p a a Presidente della Repubblica e al governo». Non crede che II femminismo abbia trovato un limite nel non avere voluto o saputo porre la domanda sull'amore? «Ci sono delle donne che l'hanno posta. Piuttosto negativamente, d'altra parte. Per molte femministe l'amore, cosi com'è inteso nel nostro Paese, è nella maggior parte dei casi una trappola per le donne. E' ciò che ho detto anch'io ne "Il secondo sesso" (nel capitolo sull'innamorata). Molto spesso l'amore è un alibi per le donne, un modo di mascherare le loro oppressioni, di trasformarle in valori. Qedo che questo fenomeno sia vero ed è normale che molte femministe siano diffidenti vetso l'amore eterosessuale. Non perché l'amore omosessuale non abbia le stesse trappole o le stesse difficoltà, ma perché il tipo di amore più diffuso, quello eterosessuale, è sicuramente fondato sulla dominazione della donna da parte dell'uomo». Secondo Lei c'è un periodo quasi obbligato di omosessualità nella lotta delle donne? «Non penso assolutamente. Si può riuscire benissimo a trovare un equilibrio nei rapporti eterosessuali e le coppie che oggi lo cercano sono numerose. Certo, non è facile da trovare e forse è una cosa da reinventare. Infatti se gli uomini accettano di pensare che le donne sono oppresse e che devono lottare, ciascuno di loro crede di essere diverso e di trattare la sua donna da pari. Ogni uomo pensa più o meno così. Evidentemente le persone non si danno mai torto, mai profondamente». Cosa minaccia maggiormente le donne, oggi? «Tutto! Non si tratta di una minaccia all'orizzonte, ma di situazioni. Le donne sono oppresse e sfruttate. E' una realtà. Gò che minaccia le donne è la realtà di ciò che vivono». E quello che minaccia il femminismo? «Non lo so. Non aedo che 1 femminismo sia talmente minacciato, perché aedo che una volta aperti gli occhi sulla loro oppressione le donne non possano più dimenticare completamente». Christiane Chombeau Josyane Savigneau Copyright «Le Monde», e per l'Italia «La Stampa»' psrslnfsgqDmnPsddm

Persone citate: De Beauvoir, Delphine Seyrig, Josyane Savigneau, Kate Millett, Reagan, Simone De Beauvoir, Yvette Roudy

Luoghi citati: America, Europa, Francia, Italia, Stati Uniti