Koestler ha ferito una generazione di Oreste Del Buono

Koestler ha ferito una generazione UN ROMANTICO DELL'ANTICOMUNISMO Koestler ha ferito una generazione Cosa può voler dire la scomparsa di Arthur Koestler e della moglie alle generazioni più giovani, alle generazioni che non abbiano vissuto, prima, la speranza di aver trovato nel comunismo la soluzione di ogni contraddizione della vita e non abbiano vissuto, poi, la delusione, lo sconforto, la disperazione di non capire la tragedia della crisi della rivoluzione diventata dittatura e poi ancora non abbiano vissuto l'impotenza di rifarsi completamente con il furore della vendetta contro la propria stessa militanza? Koestler è un nome che conta quasi esclusivamente per le vecchie generazioni che arrivano in questi giorni a malinconici consuntivi. Buio a mezzogiorno, il primo vero romanzo che parlò in Occidente dei grandi oscuri processi russi con la prepotenza e la perentorietà delle storie romantiche di umiliati e offesi, figura sempre come un best-seller di annata negli Oscar Mondadori e le edizioni Jaca Book stanno ripubblicando o magari pubblicando per la prima volta le opere meno note di Koestler, ma è troppo poco per dare alla morte dello scrittore ungherese diventato inglese il peso che meriterebbe. Ce una coincidenza che colpisce. La coincidenza con il suicidio quarant'anni fa di Stefan Zweig e della moglie in Brasile durame la seconda guerra mondiale. L'essersi allontanato dal nazismo non bastò a Zweig, il rimpianto per una mitica e presunta età d'oro perduta, il mondo di ieri, non gli rese possibile superare gli stenti e gli affanni dell'esi lio, del trapianto in una terra troppo diversa. A Koestler non è bastato essersi allontanato dal comunismo, l'aver redatto in gara con Ignazio Sifone in // Dio che è pillilo la più appassionata requisitoria contro la fede rinnegata eppure ancora presente, l'essere diventato un autore di successo, un personaggio cosmopolita, l'aver potuto concedersi il lusso di dilettazioni mistiche e spirituali. In pratica, l'inquietudine si deve essere placata solo ora, quando ha rinunciato a qualsiasi tentativo di resisrere e si è abbandonato al male incurabile della morte. Che un ardente combattente a torto o a ragione diserti la lotta prima della naturale conclusione è un fatto che rattrista tutti, anche quelli che non sempre l'hanno pensata come lui. Conviene riprendere in mano i suoi libri, rendergli quest'ultimo omaggio. E' anche un modo di rendere omaggio alle nostre idee prò e contro di allora. Le purghe staliniane, la guerra di Spagna, il crogiolo delle Internazionali, l'impegno degli intellettuali, il dibattito sull'effettiva libertà, la disputa sull'avvenire del marxismo, tutti i fatti e i misfatti che stanno dietro alle pagine di Koestler, oggi hanno un sapore un poco rétro, e la storia di quegli anni è rivisitata, revisionata e corretta anche dagli storici comunisti come Paolo Spriano desiderosi di rivendicare una passata autonomia, Quanto ancora violento,, implacato e implacabile è invece il sentimento superficiale e profondo, privato più che pubblico che corrode di tenerezza e di intemperanza proprio le pagine di Koestler più datate, le pagine più legate a giorni e ad avvenimenti lontani. E' il sentimento di una ferita che non si è più rimarginata in nessuno di coloro che l'hanno subita da una parte e dall'altra. E' via via cambiato il contesto della disputa, sono praticamente cambiati i disputanti,- ma quel sentimento è intatto, non si è avvizzito come un fiore o una foglia imprigionati in un libro. Ma lo possono rintracciare forse solo le vecchie generazioni. Le nuove, anche se leggeranno in un'improvvisa moda Koestler e crederanno di esserne suggestionati, mancano ormai dei veri termini di riferimento. Il marxismo è un'altra faccenda da allora e un'altra faccenda è lo stalinismo nel cicaleccio dei media, degli imbonitori culturali, degli allestitori di scenari per marketing. Buio a mezzogiorno è del 1940. Arnoldo Mondadori che ne fu l'editore italiano, quando incontrò Koestler nel dopoguerra e lo senti par¬ lare dei pericoli del comunismo, si preoccupò perché il figlio Alberto aveva assistito in prima fila al primo congresso del pei tenuto a Milano. Erano i giorni in cui il comunismo appariva a molti intellettuali italiani come la più immediata liberazione da un passato non proprio esaltante, come addirittura una vacanza nel cosiddetto impegno, un impegno che era appunto concepito paradossalmente come una vacanza dalla realtà. Buio a mezzogiorno, si sa, è un romanzo dostoevskiano. Parla della complicità tra carnefice e vittima in un processo. Pare lo sviluppo letterario della spiegazione delle stupefacenti confessioni dei principali accusati nei processi staliniani fornita dal teorico dell'austromarxismo Otto Bauer: «Fra accusati e accusatori si era stabilita una sorta di complicità maledetta in difesa del regime socialista: una compilata tra chi non aveva ormai altro destino se non quello di servire con le con fessioni l'ordine sociale che aveva t>ur contribuito a costruire e chi, breso nella tenaglia del proprio ùotere dittatoria^, usava in difesa di quello stesso ordine gli strumenti del dispotismo terrorìstico...». Otto Bauer restò sempre, un sostenitore delr'Urss. Paolo Spriano, che non lo è più, afferma, invece, in / comunisti europei e Stalin: «In realtà, nella generalità dei casi, le confessioni assunte a unica prova della colpevolezza in mancanza di quelle documentarie, venivano estorte con la tortura e la minaccia di fare ricadere sui suoi familiari la non collaborazione dell'arrestato durante l'istruttoria e soprattutto durante il dibattito dei grandi processi del 1936-38...». Koestler, in fin dei conti, è stato un romantico dell'anticomunismo come lo era stato del comunismo. Oreste del Buono Arthur Koestler e la moglie Cynthia in una fotografìa di due anni fa

Luoghi citati: Brasile, Milano, Spagna