«Via col vento», una seconda vita

«Via colvento», una seconda vita Il film monumento di Fleming sulla rete 1 in un mese di grande cinema tv «Via colvento», una seconda vita Il kolossal con Clark Cable. Vivien Leigh e Lesile Howard andrà in onda, in due puntate, il 22 e 23 marzo Nelle storie del cinema e del telecinema diventerà magari' una data storica, quella che segna un simbolico passaggio di poteri, il film piti celebre del cinema-padrone, del cinema trionfante che si vende alla televisione e diventa patrimonio del teleschermo e si travasa nelle serate casalinghe dopo che era stato il dominatore delle serate in sala pubblica. Ai tanti record della sua carriera Via col vento aggiungerà [anche questo: arriva in tv il 22 è, 23 marso acquistato dalla Rai con un blocco di altri «Kolossal» per svariati miliardi, reduce da un ultimo glorioso giro sui grandi schermi. Appena un intervallo tra le due programmasioni, un buco di decenni tra i due sbocchi. Se il film condenserà, nelle serate di trasmissione, lo stesso gradimento che ha accumulato lungo gli anni si potrà anche parlare di un salto naturale, di una sutura non dolorosa tra due mondi. Via col vento non è propriamente un cult-movie, un film oggetto di culto come lo intendono l giovani cinefili, i quali amano il melodrammatico e il kitsch, ma vogliono scegliere di persona, secondo umori e follie solo apparentemente casuali, Casablanca, bruttissimo, è un cult-movie per la stilizzazióne assoluta dei luoghi comuni, Via col vento appartiene alla maggioranza silenziosa, ha avuto troppo successo per essere una chicca preziosa. E' piuttosto un film-monumento, che raccoglie le più corrive inclinasionl del pubblico, ma anche il gusto del grande intreccio e delle grandi passioni. Perfino l'ambisione di trasferire in film una saga letteraria che sia riconoscibilmente storia di un paese e scrupolo del romanzesco. Si racconta che il produttore Selznick, che per Via col vento ebbe l'Oscar nel 1939, era un predicatore inflessibile della fedeltà al testo. Osserva ironicamente Robert Sklar nel suo recente «Cinemamerica»: «Il rispetto che Selznick mostrava per la pro¬ sa di Margaret Mitchell e di Daphne Du Maurier si rivelò essere ancora più grande di quello per Dickens e Tolstoj». E questo, tuttavia, lo autorizsò a far durare coraggiosa¬ mente la sua epopea sulla guerra civile americana quasi quattro ore, rischiando e vincendo. Il gigantesco della durata venne accettato dal pubblico, in un solo boccone, co- me un gigantesco della qualità; ma prefigurava in qualche modo il film televisivo, suscettibile di divisione in puntate e di delibazione opportunamente dilatata. D'altra parte, le qualità (non troppe) c'erano, anche se ormai inestricabili dalle caratteristiche mondane, divistiche e celebrative del filmevento. Si sa che il regista Victor Fleming arrivò all'ultimo momento dietro la macchina da presa, dopo che il dispotico produttore aveva allontanato Sam Wood e George Cukor (per Sam Wood forse fece bene). Si sa che la ricerca dell'attrice adatta per interpretare Scarlett O'Hara fu un affare pubblico come una corsa di cavalli, con eliminazioni clamorose e partecipazione dei vari tifosi. La scelta di Vivien Leigh spiazzò candidate più autorevoli, ma si rivelò giusta, perché la signora del Sud doveva essere fiera ma insieme sensuale, dominatrice ma insieme schiava della passione. Chi ha letto le recenti memorie di Laucence Olivier riferisce con quanta disinvolta chiarezza egli informi sulla natura sessualmente vorace della donna che fu sua moglie e sulla propria incapacità a farvi fronte con adeguata continuità e sollecitudine. Dunque, è possibile che anche tra i luoghi comuni ormai ossificati del vecchio film-evento balugini ancora una piccola luce di inquietudine e di controversa moralità. E' possibile che dal magazzino dei miti cinematografici la frase conclusiva di Scarlett /■Domani è un altro giorno-) esca di nuovo con la sua impavida fieresia e frivolezza. Al pubblico delle sale, nell'estate scorsa quasi dedicata al revival, la conclusione è piaciuta come una riconquista, bisogna vedere che cosa ne dirà il pubblico televisivo. s. r. Vivien Leigh e Oark Gable: un'immagine di «Via col vento» indimenticabile per molte generazioni