Sull'attenti da scolari davanti a Shakespeare

Sull'attenti da scolari davanti a Shakespeare All'Alfieri «Pene d'amor perdute» con Salines Sull'attenti da scolari davanti a Shakespeare TORINO — Tra 1 nostri colleghi musicologi passa ormai come pacifica, e da tempo, la distinzione tra interpretazione ed esecuzione: interpreta, sia esso direttore d'orchestra o solista vocale o strumentale, chi di un'opera propone, in qualche modo, una rilettura critica; esegue chi dell'opera presenta una semplice trasposizione o paraf rast. L'allestimento di Pene d'amor perdute di Shakespeare, offertoci l'altra sera all'Alfieri dallo Stabile di Bolzano, anzi (ad esser pignoli) deJ suo regista Marco Bernardi, s'Inscrive nel novero delle mere esecuzioni, non certo In quello delle Interpretazioni della difficile commedia. La trama, per chi non la conoscesse, sta tutta nell'incontro-scontro tra due drappelli dt giovani, maschi e femmine, quello del re di Navarra, votatosi allo studio, alla solitudine, ad una forzata e Incerta misoginia, e quello della principessa di Francia, che viene con le sue damigelle a scompigliare una quiete tanto artificiosa, ferendo 11 cuore di cosi Improvvisati pedanti ed eremiti. La commedia, di cui é incerta persino la datazione (si dice sia del 1594). è considerata un po' dovunque «frreeifabffe.: perché, nei suoi cinque atti in versi e prosa, non è che una inesauribile schermaglia di concetti raffinatissimi e di ardua comprensione: parodia da un lato di un costume letterario, che in Inghilterra già allora chiamavano eufulsmo. dal romanzo Euphues del quarantenne John Lily, miniera di preziosi e vuoti concettismi; e dall'altro di una pratica comportamentale, quella della cortigianeria, svilita rapidamente a mero parassitismo. Dinanzi ad una commedia ir.-ccltabtle- bisogna ad ogni costo «Interpretare». Si può puntare sull'antinomia maschi-femmine, sottolineando polemicamente U fatto che quelle gentildonne pensose la fanno poi da uomini, quanto a disincantata visione dell'esistenza, e gli uomini da donne, per fragilità di intenti (cosi pare abbia «interpretato» il testo Laurence Olivier regista nel 1970); oppure marcare, altrettanto polemicamente, l'evidenza che la comicità infantile e balorda, candida e proterva, del «basso stato», del Matemoro, del pedante, del curato, del varil cloums è la sola vitale, a confronto della seriosità esangue degli aristocratici (e questo, ci dicono, fece l'allora giovane Peter Brook, In una messinscena del '46). Bernardi ha più rispetto, stavolta, di Shakespeare di quanto non ne ebbe In uno sclaguratlBSlmo (e fortunatissimo) Giulietta e Romeo, di cui abblam rimosso financo la data: ma semplicemente lo «esegue», pago del suggestivo spazio astratto — una selva di cordami da circo — ideato dal sensibile scenografo Roberto Francia. Dicono che nel caso di una esecuzione registica «pallida» bisogna guardare agli attori, che per virtù autoctona sanno, chi più chi meno, riscattarsi. Chi si riscatta appieno dalla scolastica direzione di Bernardi è Antonio Salines, che fa del cortigiano Blron un Intellettuale umbratile (goffo fin che si vuole, ma questo è 11 suo bello), incerto della necessità, propriamente esistenziale di quella balorda finzione. Ma Vittorio Congia. che è un eccellente attore di carattere, non può essere proprio, per età e fisico, il re di Navarra. E Carola Stagnaro, che è bellissima e regale, avrebbe bisogno d'altra persuasione per essere regina (del cuore) fino In fondo. E il simpatico Gallavotti chissà perché prende alla lettera, sin dalle prime battute, la malinconia clnerina del suo Armado, che è pur sempre un Capitano, rodomontesco almeno nelle intenzioni. Più vivaci i servi del Battaln, del Palozzlni. del Fortuzzl, 11 maestro del Travagline 11 curato del Condé: ma persi, un poco, nel magma registico. Pubblico non folto, applausi cordiali. Guido Davico Bonino

Luoghi citati: Bolzano, Francia, Inghilterra, Torino