Il pm chiede l'ergastolo per 17 br e miti condanne per Peci e Savasta di Clemente Granata

8B pm chiede ('ergastolo per 17 br e miti condanne per Peci e Savasta Genova, il processo in assise contro i terroristi accusati di 6 omicidi 8B pm chiede ('ergastolo per 17 br e miti condanne per Peci e Savasta La pubblica accusa ha proposto 28 anni di carcere per la Miglietta e 14 per Duglio DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE GENOVA — -Chiedo per Mario Moretti l'ergastolo e tre anni di isolamento diurno, per Barbara Balzarani l'ergastolo e tre anni di isolamento diurno Erano passate da poco le 11 quando nella maxiaula della corte d'assise il pubblico ministero Pio Macchiavello ha formulato le richieste contro ventuno brigatisti rossi, capi e gregari, accusati di aver seminato il terrore a Genova dall'estate del 1978 al gennaio del 1980 ideando o eseguendo gli assassina di sei individui, autentici «servitori» dello Stato, come il commissario Esposito e i carabinieri Battaglini. Tosa, Tuttobene e Casu o cittadini che, con gesto esemplare, denunciarono ciò che doveva essere denunciato, come fece il sindacalista della Cgil. Guido Rossa. E le richieste, com'era logico attendersi sulla base dei capi d'accusa e degli elementi di prova addotti, sono state pesantissime: 17 ergastoli, di cui ben 13 resi più gravi da tre anni di isolamento diurno, 4 pene detentive.dl cui soltanto due notevolmente ridotte dal l'applicazione della legge nu mero 304, detta dei pentiti. L'ergastolo, accompagnato dall'isolamento, è stato chic sto per Livio Baistrocchi e Barbara Balzarani. entrambi latitanti: Lorenzo Carpi, Raffaele Flore. Prospero Gallinari, Vincenzo Guagliardo. Francesco Lo Bianco, Rocco Micaletto. Mario Moretti. Luca Nicolotti, Francesco Piccioni, Nadia Ponti e Bruno Seghetti. L'ergastolo, senza pene accessorie, è stato sollecitato per Lauro Azzolini, Franco Bonisoli, Maria Carla Brloschi (latitante) e Valerio Morucci, accusati, a differenza degli altri imputati di un solo omicidio. Per Fulvia Miglietta, che, secondo il pubblico ministero, ha fatto soltanto generiche ammissioni d! responsabilità senza recare notevoli contributi alle indagini sono stati chiesti 28 anni di reclusione, con la sola applicazione delle attenuanti generiche: per Adriano Duglio — che abbandonò la lotta armata prima dell'arresto e forni un certo aiuto agli inquirenti, pur senza rendere piena confessione — 14 anni, con l'applicazione dell'art. 4 della legge Cossiga. Per Patrizio Peci e Antonio Savasta, che diedero un «contributo eccezionale» agli inquirenti nella lotta al terrorismo, 8 e 7 anni di reclusione con l'applicazione dell'art. 3 della legge sui pentiti. In base alla stessa legge, che affida un potere discrezionale alla magistratura, a Patrizio Peci potrà essere concessa la libertà provvisoria al termine del processo. Il provvedimento, già è stato sollecitato ieri dall'avvocato Gavino, che difende l'Imputato Richieste pesantissime di¬ cevamo, accompagnate da un'oculata interpretazione della legge sui pentiti soprattutto per quanto riguarda Peci e Savasta. Il dottor Macchiavello ha mostrato di rendersi pienamente conto del senso di disagio che si avverte talora nella comunità di fronte ai provvedimenti di clemenza sollecitati o applicati a favore di chi abbandona la lotta armata. Ma ha detto che il problema riguarda la sfera morale, non quella strettamente giuridica. E' stata una presa di posizione polemica, ancorché sfumata, nei confronti di quei giudici, soprattutto romani, che avevano mostrato di interpretare in modo molto restrittivo, sino a snaturarla, la legislazione che avvantaggia 1 pentiti e i dissociati. Per Macchiavello. compito del magistrato è quello di applicare la legge, anche se su di essa si possono talvolta muovere riserve personali. Questo richiede il diritto, assieme al paziente, rigoroso accertamento dei fatti e delle responsabilità. Sul capitolo prove il pubblico ministero ha parlato tra sabato scorso e ieri oltre cinque ore chiamando in causa prima i presunti esecutori materiali degli omicidi commessi a Genova, poi tutti i componenti della struttura organizzativa delle Brigate rosse sino ai vertici, che ispirarono e idearono i delitti. Secondo Macchiavello direzione strategica, comitato esecutivo, fronti logistico e di massa, direzione di colonna dell'organizzazione eversiva sapevano ciò che accadeva nelle singole città dove operavano le colonne locali e ai delitti avevano dato il preventivo assenso. E anche quando, come nel caso di Guido Rossa i vertici si erano espressi soltanto a favore del ferimento, ciononostante avevano previsto in modo concreto il rischio di eventi più gravi e lo avevano pienamente accettato. In tali casi il titolo di responsabilità non muta in modo sostanziale. E' l'impostazione che i difensori cercheranno di rovesciare. Almeno 1 difensori dei brigatisti che accettano la difesa. Fra costoro, da ieri, c'è Valerio Morucci. Egli ha inviato una lettera all'avvocato Vaccaro in cui si proclama Innocente del delitto Esposito e sollecita un'ampia difesa. I difensori d'ufficio degli imputati che rifiutano ogni rapporto processuale con il tribunale (da Moretti a Flore a Nicolotti), hanno presentato una memoria in cui affermano di svolgere nel dibattimento il semplice compito di -garanti» della regolarità processuale. E' la stessa posizione assunta, dopo un lungo e sofferto dibattito, dagli avvocati torinesi nel corso del primo processo alle Brigate rosse. Clemente Granata

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