Argentina, naufragio tra i pesos di Sandro Doglio

Argentina, naufragio tra i pesos Argentina, naufragio tra i pesos Una corsa in tassì dall'aeroporto al centro di Buenos Aires costa un milione (al cambio ufficiale 14 dollari) - Ristoranti, banche, negozi sono costretti a un faticoso lavoro di «ajuste» per tenere il passo con la svalutazione quotidiana - La disoccupazione aumenta, la «politica di recupero finanziario» di Bignone regala soltanto illusioni - Finora l'agricoltura ha evitato la catastrofe - Il dramma delle Malvinas DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE BUENOS AIRES — 11 tassi dall'aeroporto al centro costa un milione di pesos, pagabili anticipatamente. Un milione non è gran cosa, ormai, ma fa un certo effetto sentirlo chiedere e vedere la cifra con sei zero stampata su un biglietto di banca spiegazzato e unto. Un milione di pesos può valere venti dollari, oppure appena 14, secondo se il cambio è fatto al tasso ufficiale, o se invece è calcolato al mercato parallelo o .marginai», come dicono qui. Persino la nostra Hretta ha i suol due mercati: la comprano a 37 pesos, ma se trovi la strada giusta riesci a venderla anche a cinquanta. E nessuno storce il naso di fronte ai nostri biglietti di 10, 50 o anche 100 mila lire. Del resto le quotazioni del cambio nero sono regolarmente pubblicate ogni giorno dai quotidiani, sintomo di una rassegnazione finanziaria che sembra non conoscere il fondo dell'abisso. Le cifre dei prezzi — nel menù dei ristoranti, sui cartellini esposti accanto alla merce nelle vetrine, sulle copertine dei libri in vendita, sui depliant dei viaggi offerti ai turisti — sono corrette e ricorrette, sempre in aumento. Molti alberghi adottano tariffe in dollari, per non dover modificare troppo spesso il valore del pesos, anche se ovviamente accettano di essere pagati in moneta nazionale, secondo il cambio del giorno. Almeno ogni mese ci sono correzioni da fare: l'inflazione galoppa al ritmo del 100-150 per cento l'anno, irresistibilmente, sempre in crescendo. La svalutazione catastrofi- ca costringe tutti — governo, sindacati, negozianti, banche, turisti, industriali... — a un faticoso e spesso difficile lavoro di «ajuste», di ricalcolo. I sindacati chiedono per il primo trimestre dell'anno 1983 una rivalutazione dei salari del 38 per cento circa, definita «minimo indispensabile per sopravvivere*. La Banca centrale ha stabilito che da gennaio di quest'anno i crediti Ipotecari siano soggetti a una rivalutazione del 17,64 per cento al mese («Una famiglia che cinque anni fu ha chiesto un prestito di 10 milioni di pesos», calcola Edgardo Civlt Evans, presidente dell'Unidevi, -ha già restituito a questo punto 172 milioni, ma deve ancora pagare 431 milioni nei prossimi cinque anni*: in dieci anni i dieci milioni gli saranno costati più di 600 milioni). Il francobollo per spedire una lettera costa 20 mila pesos; il prezzo dell'autobus da Buenos Aires a Mar del Piata (400 chilometri, la spiaggia degli argentini), è appena aumentato da 383 a 433 mila pesos. Circola una montagna di banconote (anche se assurdamente si trovano ancora monete da 50 e da 10 pesos, con le quali è assolutamente impossibile comprare qualcosa); ma le buste dei salari e degli stipendi sono relativamente esigue: un operalo guadagna In media 3,5-4 milioni al mese, che con gli -ajuste* e gli assegni familiari possono diventare anche 8-10 milioni; ma' resta poco, e ogni giorno è meno. L'Argentina non è ancora al punto della repubblica di Weimar (dove gli stipendi venivano pagati giornalmente, concedendo contemporaneamente un'ora di libertà ai lavoratori perché potessero an- dare di corsa a comperare da mangiare prima che l'aumento del giorno dopo trasformasse l milioni in carta straccia), ma poco ci manca. I disoccupati aumentano lentamente (le industrie straniere se ne sono andate o sono sul piede di partenza): secondo le cifre di febbraio sono ufficialmente 408 mila, ai quali si devono aggiungere 595 mila sotto-occupati, per un totale pari all'll,3 per cento della popolazione urbana. Ciò che salva 11 paese da una catastrofe ancor più abissale è l'agricoltura, che fornisce carni e verdure a prezzi ancora ragionevoli, impensabili per l'economia europea o nord-americana. Un chilo di buona carne costa un dollaro; due dollari il «forno., cioè il filetto tipo esportazione: poco più di 2700 delle nostre lire. Cosi in un buon ristorante si può consumare un pranzo pantagruelico, vino compreso, con 2-4 dollari; e nelle pizzerie o nelle tavole calde, gli argentini riescono a mangiare a sazietà anche con meno di 70 mila pesos, cioè millecinquecento lire al massimo. Nel lussuoso bar-confetteria del Jockey Club, al l'angolo delle vie Sarmiento e Cerrlto, in pieno centro, al l'ombra dell'obelisco di piazza della Repubblica, mi servono due birre accompagnate da ventisei piattini di antipasti, salatini, gamberetti, olive e biscottini per 140 mila pesos, neppure tremila lire al cambio nero. Sul giornale c'è la notizia che da domani i trasporti aumenteranno del 18 per cento, l'elettricità del 12, che 11 costo di un pacchetto di sigarette sale a 36 mila pesos; un sindacato ha chiesto che il salarlo minimo venga portato a 15 milioni al mese. «Fin die funziona la macchina agricola-, sostiene un attento economista, -il paese sfugge alla fame, quindi evita i danni maggiori-. Ed effettivamente nelle vie del centro, soprattutto nella affollatissima «Florida», cuore commerciale di Buenos Aires, non si ha impressione tangibile di disastro economico o di vigilia di crisi. Le banche promettono Interessi del 138,07 per cento su certificati di deposito a trenta giorni, del 163,4 per cento addirittura (che tenuto conto delle tasse diventa niente meno che il 269,81 per cento) per i depositi a 120 giorni. E si può forse avere l'illusione che il meccanismo perverso dell'inflazione sia dominato, adattato, manipolato dalla -politica di recupero finanziario* lanciata dal governo del generale Bignone. , Ma poche strade più In là (senza neppure doversi spingere nei vicoli e fra i tuguri di La Boca, dove la sera il turista sente musiche e allegria e vede soltanto colori, ma dove di giorno si respira la miseria in lotta con la tradizionale dignità dell'emigrante che si accorge di aver fallito 1 suoi obiettivi) l'Argentina mostra 11 suo aspetto più preoccupante. Sul muri ci sono le scritte del tronfio nazionalismo mill- taresco che la sconfitta delle Malvinas non ha spento: «Le Malvinas sono nostre, la Thateher se ne andrà*. Fallito 11 tentativo militare di salvare il prestigio, i militari argentini toccano le corde sensibili del sentimento, anche se l'economista Dagnino Pastore è categorico: «L'economia argentina è a uno stadio di depressione senza precedenti, ette può realmente qualificarsi di emergenza nazionale. E la sconfitta subita dalla Gran Bretagna Ita inserito un nuovo fattore di depressione nella precaria stabilità istituzionale*. I generali hanno riaperto le porte ai partiti e promesso elezioni: i muri sono ricoperti di manifesti che invitano a aderire a questa o a quella organizzazione politica. I peronistt risorgono e ripropongono la candidatura di Isabellta, seconda moglie del lider scomparso, già presidentessa della Repubblica, cacciata, arrestata, condannata e accusata di malversazioni, che vive in esilio In Spagna, pronta — sembra — a tornare. L'offa politica gettata dal generali non è che un sistema per distrarre il Paese dal problema dei •■desaparecidos*, dalle paure economiche, dal pozzo senza fine dei debiti con l'estero, che getta il Paese Inesorabilmente al fallimento. Ma come si può pensare che la gente — anche se latina, e facile a accendersi agli entusiasmi e alle passioni — non si accorga che il milione di ieri oggi vale meno, che tra sei mesi varrà la metà — e che forse tra un anno non servirà neppure per un pacchetto di sigarette? Sandro Doglio

Persone citate: Bignone, Dagnino Pastore, Edgardo Civlt Evans, Sarmiento