I crociati in campo

I crociati in campo Elezioni tedesche, un test per l'Europa I crociati in campo DAL NOSTRO CORRISPONDENTE BONN — In passato, furono i «mali oscuri» dei tedeschi a intimorire l'Europa e il mondo: oggi, sono sentimenti chiari e anche comprensibili, inquietudini e paure che sarebbe ingiusto condannare. Mai, dalla fine della guerra, la Germania si è accostata a una scelta elettorale con tanti dubbi e tante ansie, dubbi e ansie che la posizione geografica e il peso economico-politico di questa nazione innalz.ano a una sfera ben più vasta della sola Alleanza atlantica. Un'Inghilterra unilateralmente neutralista, come la vorrebbe in teoria il labour party, è pensabile, tollerabile: ma non questa Repubblica Federale, avamposto dell'Occidente. La Germania 1983 non è più quella di Adenaucr, di Erhard, di Kiesinger, di Brandt e neppure di Schmidt, quando i conflitti elettorali erano ancora smorzati e da immaturità democratica e dalla paura di interrompere il viaggio verso una prosperità sempre più diffusa. I tedeschi hanno imparato a discutere, a contestare, a ripu diare le sacre verità offerte dai partiti'nazionali e dai governi stranieri: e questo è un bene. Purtroppo, tale fervore scuote adesso rami delicatissimi, turba equilibri strategici già claudicanti, evoca il fantasma dell'instabilità intema. I tedeschi abusano del termine spannung, tensione, ma questa volta spannimi c'è e come. Che cosa è avvenuto? Per uno di quei singolari appuntamenti della storia che rendono fatue le esplorazioni dei futurologi, il tramonto di Schmidt è coinciso con un crescendo maestoso dell'animosità contro gli euromissili. Caduto Schmidt, compare Vogel, che di tali sentimenti si è fatto paladino. In parte, è calcolo elettorale nella battaglia contro Kohl, la maggioranza dei tedeschi avversa i nuovi razzi, Vogel non può lasciare ai Verdi il monopolio della popolare crociata: allo slesso tempo, però, il nuovo leader interpreta un sincero anelito del partito socialdemocratico che soltanto Schmidt aveva potuto temperare, l'anelito a una Germania meno irta di armi nucleari. Desiderio comprensibile, in uno Stato che già ospita, per chilometro quadrato, più testate atomiche di ogni altra regione del mondo. 11 guaio è che altri ingredienti, elettorali, internazionali, falsi e genuini, si sono aggiunti alla mistura, rendendola più opaca e più tossica. Vogel dichiara ora: «Non vi sarà installazione automatica degli euromissili» e fa capire che un governo da lui capeggiato valuterebbe a fondo le responsabilità di un insuccesso ai negoziati di Ginevra. Vogel batte altresì su un tasto prima negletto: bisogna agire im deutschen Interesse, nell'interesse tedesco. «Rcagan rappresenta gli interessi americani — ha detto — io, gli interessi tedeschi». Il cancelliere Kohl e i suoi alleati liberali e cristiano-sociali accusano Vogel di voler condurre la Germania al neutralismo: accusa che egli respinge, indignato. Il Kanzlerkandidat socialdemocratico afferma che Bonn dovrebbe avere maggiore indipendenza tra le due superpotenze, posizione che meglio le permetterebbe di premere (ma come?) non soltanto per arrestare gli euromissili ma per agevolare un vero disarmo: e ricorda che il suo consigliere Cari-Friedrich von WeizsScker sta elaborando un progetto che, nell'assenza di un accordo totale a Ginevra, collocherei be i razzi a gittata intermedia non sul suolo europeo bensì su vascelli nelle acque europee, Ce n'è abbastanza per far squillare ovunque campanelli d'allarme. Da Parigi giungono parole venate di panico: una Germania semineutrale cesse rebbe di essere il baluardo di fensivo della Francia e, ciò che è più grave, lascerebbe a Mosca l'ultima parola sulla sua politica interna e i suoi rapporti internazionali. Londra, cui la Manica dà ancora illusioni di un sano iso¬ lasppnStrg«natesczimdtbgsaszhn lamento, pensa che Vogel esasperi certi atteggiamenti per puri motivi elettorali, tuttavia non cela le sue preoccupazioni. Sarà possibile installare gli altri euromissili, se Bonn respingerà i propri? Quanto sarebbe «indipendente» una Germania non più ancorata saldamente all'Ovest e alla Nato? Si possono tracciare mille tempestosi scenari: e c'è il rischio di esagerare, come fanno coloro che parlano di riunificazione delle due Germanie, dimenticando che i tedeschi occidentali hanno conquistato troppa ricchezza e troppa libertà per metterle a repentaglio. Prima di tutto, bisognerà vedere che governo avrà la Germania, dopo il 6 marzo, in quanto nessuno potrebbe avere la maggioranza assoluta, neppure Kohl, il grande favorito. I Verdi appoggerebbero un'amministrazione socialdemocratica ma esigono la «rinuncia incondizionata» e agli euromissili e all'energia atomica. Vogel nicchia. Ci attende forse una sequenza di affanni. E, prima di concentrare troppo i pensieri su una Germania «neutrale», accettiamo la possibilità di una Germania politicamente instabile, quasi all'italiana. Mario Ciiiello