La lingua è una prigione chi evade e chi ci resta

La lingua è una prigione chi evade e chi ci resta CORRADO GRASSI AI «VENERDf LETTERARI» La lingua è una prigione chi evade e chi ci resta TORINO — Il «linguaggio giovanile» è nato In America negli anni del Vietnam e deUa contestazione, è arrivato in Europa nel Sessantotto. Da allora è passato dalla -eversione liberatoria' al 'Conformismo linguistico e culturale*. DI questo ha parlato Ieri al Carignano, per 1 Venerdì Letterari. Corrado Orassi, linguista di prestigio Internazionale, fino all'anno scorso all'Università di Torino, ora in cattedra a Vienna. Un linguaggio che alla sua nascita ha motivazioni ideologiche, dopo un certo tempo diventa banale, qualunquistico. Questo procedimento oggi è molto più rapido ed enfatizzato dai mezzi di comunicazione di massa. Sicché, In breve tempo, la rivolta linguistica sessantottesca è approdata a una ripetizione Imitativa, «é ormai una specie di repertorio da cui uno pesca certe parole, e queste parole sono tuttofare-, dice Orassi. OH stessi vocaboli sono usati per esprimersi allo stadio o al bar con gli amici e all'esame di maturità o in ufficio. «Afa noi siamo tanto più individui parlanti quanto più riusciamo a verbalizzare la nostra conversazione in situazioni diverse. L'uomo non deve essere monolingua. L'uomo monolingua è analfabeta e, -prima o poi, condannato allincomunlcabilità*. In questo linguaggio giovanile si tende a sostituire 11 livello alto con il livello basso, e vi abbondano parolacce. -Il problema, però, non è di contrapporre le parolacce al perl -nlsmo linguistico; il problema è di saper creare continuamente il linguaggio, porsi criticamente davanti al proprio linguaggio, soprattutto davanti ai modelli linguistici che ci vengono proposti. Non accettare quello che è ovvio, «contato, banale». Delle parolacce (un segno del peggior conformismo lin¬ guistico) l'oratore osserva che -di per sé non fanno la rivoluzione. Basti pensare che certe rivoluzioni, nel nostro costume occidentale, sono state fatte da Boccaccio e dal marchese De Sade, che hanno scritto con linguaggio immacolato. Togliersi dunque l'illusione che basta parlare in un certo modo per essere rivoluzionari-. Ricorda 11 professor Orassi che la lingua è una prigione. E due sono i casi. Ci accorgiamo di essere in questa prigione, e allora rifiutiamo quello che ci viene proposto: il banale, lo scontato, 11 prevedibile, e cerchiamo di evadere per diventare padroni di una lingua 'che ci permette di dire appropriatamente qualsiasi cosa. Secondo caso. Non ci accorgiamo di essere In questa prl glone, e allora prendiamo le parole che vi troviamo e ce ne serviamo pigramente, senza fantasia, carcerati perpetui di | una monolingue. 1, c.1

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