Kleist dà scacco a Giove

Kleist dà scacco a Giove Successo a Genova di «Anfitrione» con l'equilibrata regia di Pagliaro Kleist dà scacco a Giove Nello spettacolo una sintesi visiva tra Grecia e Germania - L'interpretazione di Nando Gazzolo, Micol e Pagni DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE GENOVA — Nel 1806. alla soglia del trent'anni. In un momento di creatività parossistica, succeduta ad un lungo periodo di perturbamento mentale, Heinrich von Kleist traduce VAnfitrione di Molière. Ma la traduzione gli si tramuta via via in creazione originale, lo spirito (osserverà Mann) gli si «accende- dinanzi a cosi singolare materia. L'ilare favola, già. plautina, di Giove che si gode la principessa Alcmena sotto le mentite spoglie del marito, il generale Anfitrione, con l'aiuto del figlio Mercurio, resosi del tutto slmile al servo del condottiero, U vecchio Sosia, diventa per Kleist la tormentosa favola dell'identità perduta. Radicalmente inslcuro di sé, ossessionato dal mistero della propria ambiguità interiore, Kleist legge la vicenda come una metafora della drammatica scissione della personalità. Giove, che per una lunga notte ha amato con la travolgente passionalità di un uomo, si ritrae sconfitto nella Inappagata solitudine del dio; Anfitrione, che dell'amore non ha mal conosciuto gli umani abbandoni, ridiventa uomo solo in extremis, spossessato com'è stato dall'alto del suo orgoglio di marito-padrone; Alcmena, la grande \-ittima di questo prodigioso delirio di doppiezza, stenta a ritrovarsi, lei che non sa più chi ha amato né perché ed ora stenta persino a credere d'est stere. Solo Sosia, nel cinico pragmatismo dei subalterni, accetta di convivere, alla meno peggio, col proprio lo diviso. Abbiamo visto questa per turbante commedia In trage dia (a quattro anni dalla ri proposta di Gabriele Lavla a Borgio Verezzl) nella messinscena del Teatro di Genova, regia di Walter Pagliaro. E vogliamo dir subito che questo secondo allestimento klelstiano del trentunenne regista ci è parso assai più equilibrato del suo primo, un Prin¬ cipe di Homburg di eccessiva ambizione critica. C'è qui, intanto, un ambiente, del costumi, una colonna sonora consoni alla •scissione, del testo: quello spettrale palazzo-tempio di AnfitrioneGiove ideato da Pier Luigi clvea rirechdauPizzi in ostentato stile neo- di classico e riatteggiato in tre vedute (di profilo, di spaccato, a tutto piano) come un mobile rilevo (vi occhieggiano, su pareti rosso sangue, alte specchiere): quegli abiti disegnati da Alberto Verso che sono, ad un tempo, elladici e prussiani, di una grecità di continuo in- crespata da sbuffi e pennacchi; quel magma di puri suoni, eco di un'eco fonda, che Arturo Annecchlno ora attutisce ora evidenzia, con calcolata discontinuità. E c'è da parte del regista un accorto controllo del clima morale e stilistico della commedia: una «atmosfera mentale» che trascolora dalla gaiezza stranita dell'Iniziale contrappunto degli equivoci all'elegia dell'amore-doverepassione, nello stupendo secondo atto, sino allo smagato delirio della chiusa, rincorsa vana di tutti, tra timore e tremore, della propria coscienza Gli attori assecondano il regista con giustezza d'accenti, consapevoli che questa è una partitura letteraria di una finezza intellettuale e di una una intensità lirica da restarne storditi. Nando Gazzolo, tornato alla prosa dopo una marcata assenza, è un Giove pacato e malinconico, assorto anzitempo e con elegante discrezione nel suo prevedibile scacco da dio-aquila; Pino Mlcol è un ben rilevato Anfitrione, di irosa petulanza dapprima e poi di stridula, schernevole angoscia. Micaela Esdra ci offre delicati momenti di tenero trasporto, prima di soffrire, visceralmente si vorrebbe dire, del proprio tormento. Eros Pa gnl, con finezza, insiste sullo smarrimento di Sosia, testimone inquieto piuttosto che vittima ignara. E Antlta Laurenzi lo serve bene come Caride smaniosa di un marito divino. Il pubblico genovese si è divertito e ha soprattutto compreso la profondità, nella leggerezza, di questo capolavoro: donde 1 folti, caldi applausi. Guido Davico Bonino E Eros Pagni e Anita Laurenzi interpreti dell'cAnfifrione» allestito dallo Stabile di Genova

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